Il Papa è arrivato a Cagliari. L'aereo papale - partito dall'aeroporto di Ciampino
- è atterrato in orario alle 8.15. Ad accoglierlo l'arcivescovo del capoluogo sardo
mons. Miglio, il rappresentante del Governo italiano il ministro della Giustizia Anna
Maria Cancellieri, il Presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, l'ambasciatore
d'Italia presso la Santa Sede Francesco Maria Greco, il nunzio apostolico in Italia
mons. Adriano Bernardini, il sindaco ed il prefetto di Cagliari. Un bimbo di 7 anni,
Francesco, ha offerto al Papa un mazzo di rose bianche e gialle, i colori della Citta'
del Vaticano. Un altro bimbo, Antonio, ha donato al Papa un piatto realizzato da un
ceramista di Assemini con il disegno del Savoia Marchetti che nel 1925 era decollato
da Elmas per volare verso Buenos Aires. Almeno 500 persone lo hanno salutato all'aeroporto
cagliaritano. Con un'auto utilitaria il Papa Francesco - dopo aver salutato i presenti
- si è diretto al largo Carlo Felice di Cagliari per l'incontro con il mondo del lavoro.
Il Papa è arrivato in vettura panoramica per salutare le centinaia di migliaia di
fedeli che lo hanno acclamato lungo il percorso.
Papa Francesco ha deciso,
dunque, dopo Lampedusa, di iniziare dalla Sardegna, e in particolare dal Santuario
di Nostra Signora di Bonaria, le sue visite pastorali in Italia. Al microfono di Adriana
Masotti, l'arcivescovo di Cagliari mons. Arrigo Miglio, spiega perché il
Pontefice abbia voluto iniziare proprio da qui:
R. – Ma … il
motivo mi pare molto chiaro: cioè, il legame storico tra il Santuario di Nostra Signora
di Bonaria a Cagliari e il nome della città di Buenos Aires. Quando abbiamo invitato
il Santo Padre, avevamo inviato anche una documentazione su questo legame, e quando
però il Santo Padre ha dato l’annuncio in Piazza San Pietro, il 15 maggio scorso,
ci siamo resi conto che era molto più informato di noi, perché ha descritto minuziosamente
come sono andate le cose e come il nome “Buenos Aires” sia rimasto proprio grazie
ai marinai partiti da Cagliari con una nave spagnola. Arrivati nel territorio dell’attuale
Buenos Aires, mentre i comandanti della nave avevano dato il nome alla città della
Santissima Trinità, i marinai hanno chiesto di aggiungere “Porto di Nostra Signora
di Bonaria” (di Buenos Aires) “e – concludeva il Papa – era un nome troppo lungo:
sono rimaste le ultime due parole: Buenos Aires”. La Madonna di Bonaria, dal XIV è
la patrona di tutti i marinai che passano nel Mediterraneo e quindi adesso anche oltreoceano.
D.
– Papa Francesco insiste sul dovere dei cristiani di andare alle periferie del mondo
e dell’esistenza, e lui per primo lo sta facendo. La Sardegna, Cagliari, possono essere
considerate una sorta di periferia guardando all’Italia? Voi vi sentite così?
R.
– Noi siamo periferia a vario titolo. Siamo al centro del Mediterraneo, però questo
vuol dire che siamo circondati dal mare. Il problema dei trasporti è grande: in fondo,
siamo l’isola più disagiata da questo punto di vista. La Sardegna è stata da sempre
e ha ripreso, purtroppo, adesso ad essere terra di emigrazione: una vera e propria
emorragia di giovani. Per questo, tutta la Sardegna ha accolto subito la delicatezza
di Papa Francesco che sì, viene per la Madonna di Bonaria, ma incomincia la sua conoscenza
delle regioni italiane proprio da una periferia a vario titolo.
D. – In programma,
nella visita, c’è l’incontro con chi è nella sofferenza, come i detenuti, i poveri
assistiti dalla Caritas, ma anche con il mondo del lavoro: incontrerà operai, sindacati,
imprenditori. Che cosa dirà Cagliari al Papa su questo fronte, o che cosa il mondo
del lavoro si auspica di sentire?
R. – Bè, è chiaro che il mondo del lavoro
vuole dire al Papa la propria sofferenza, la sofferenza di chi è disoccupato, la sofferenza
della precarietà; sicuramente diranno al Papa anche la sofferenza perché qualcuno
non ce l’ha fatta: mi raccontavano in una di queste imprese ferme, dove gli operai
sono in attesa, anche lì ci sono stati casi di suicidio, come è avvenuto nel mondo
del commercio, come è avvenuto nel mondo delle piccole imprese. Ma io ho raccomandato
che si dicano al Papa anche le cose positive che ci sono: ci sono piccoli imprenditori
che ce l’hanno messa proprio tutta e cercano di andare avanti …
D. – Che cosa
si sta facendo in diocesi per prepararsi spiritualmente alla visita del Papa?
R.
– Intanto, preghiamo. Già da un paio di mesi stiamo ripetendo ad ogni celebrazione
una preghiera alla Madonna di Bonaria. I giovani hanno impostato come preparazione
a questa visita anche l’evento della Gmg a Rio: un gruppo di 40 giovani è stato a
Rio de Janeiro, gli altri hanno seguito qui, dalle loro parrocchie … E soprattutto,
per tutta la Sardegna abbiamo indetto una novena di preparazione, proprio perché la
parte organizzativa esteriore non prevalga. Poi, cerchiamo anche di tenere un tono
il più possibile sobrio ed essenziale. D. – Però, state pensando anche di fare
un dono al Papa …
R. – Un dono al Papa che non andrà al Papa: andrà a Buenos
Aires. Ci hanno segnalato che c’è un’opera che era stata iniziata dal cardinale Bergoglio,
e noi daremo il nostro povero contributo per il completamento di quest’opera. Se tutti
i sardi donassero un euro a testa, noi possiamo già dare un bell’aiuto alla Caritas
di Buenos Aires. Questo è il nostro dono al Papa. Abbiamo pensato di non fare doni
inutili o superflui: ci pareva che questo potesse essere a lui gradito e soprattutto
sarà un nuovo legame tra Bonaria e Buenos Aires.
D. – Se vuole concludere con
un suo auspicio, una sua speranza per questa visita, per la sua diocesi …
R.
– La visita di Papa Francesco ci fa sentire amati. Il sentirsi amati è la condizione
essenziale per imparare ad amare ancora di più. E allora, il mio auspicio è che tutta
la Sardegna abbia sempre presente le sue grandi ricchezze – spirituali, umane – e
possa diventare nel cammino della Chiesa italiana, un segno: un segno di amore e di
solidarietà proprio sull’esempio di Papa Francesco.