Nel suo primo discorso a Cagliari davanti a 20mila persone che erano ad accoglierlo
nel largo Carlo Felice, Papa Francesco ha voluto rivolgersi al mondo del lavoro rispondendo
ai problemi, alle attese ed alle speranze davanti alla crisi occupazionale che sta
attraversando la Sardegna. Lo ha fatto leggendo solo la prima parte del suo discorso,
poi visibilmente commosso per le testimonianze di un operaio disoccupato, di una imprenditrice
e di un lavoratore della campagna, ho parlato a braccio. "Con questo incontro ha esordito
il Papa - desidero soprattutto esprimervi la mia vicinanza, specialmente alle situazioni
di sofferenza: a tanti giovani disoccupati, alle persone in cassa-integrazione o precarie,
agli imprenditori e commercianti che fanno fatica ad andare avanti". "E’ una realtà
che conosco bene per l’esperienza avuta in Argentina" ha detto facendo riferimento
alla sua esperienza familiare. "Io non l'ho conosciuta, ma la mia famiglia si: mio
papà, giovane, è andato in Argentina pieno di illusioni per realizzarsi in America.
E ha sofferto la terribile crisi del anni '30. Hanno perso tutto! Non c’era lavoro!
E io ho sentito, nella mia infanzia, parlare di questo tempo a casa… Io non l'ho visto,
non ero nato ancora, ma ho sentito in casa parlare di questa sofferenza. Conosco bene
questo! Ma devo dirvi: “Coraggio!”. Ma anche sono cosciente che devo fare di tutto,
perché questa parola “coraggio” non sia una bella parola di passaggio! Non sia soltanto
un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato della Chiesa che viene e vi dice: “Coraggio!”.
No! Questo non lo voglio! Io vorrei che questo coraggio - ha affermato il Papa - venga
da dentro e mi spinga a fare di tutto come pastore, come uomo. Dobbiamo affrontare
con solidarietà fra voi - anche fra noi - tutti con solidarietà e intelligenza questa
sfida storica Per questo vi dico: coraggio! Dobbiamo affrontare con solidarietà e
intelligenza questa sfida storica. Il Papa ha poi ricordato che "questa è la seconda
città che visito in Italia. E’ curioso: tutte e due - la prima e questa - sono isole…
Nella prima ho visto la sofferenza di tanta gente che cerca, rischiando la vita, dignità,
pane, salute: il mondo dei rifugiati. E ho visto la risposta di quella città, che
- essendo isola - non ha voluto 'isolarsi' e riceve quello, lo fa suo… Ci dà un esempio
di accoglienza: sofferenza e risposta positiva". "Qui, in questa seconda città, in
questa seconda isola che visito, - ha proseguito il Papa - anche qui trovo sofferenza.
Una sofferenza che come uno di voi ha detto: 'ti indebolisce e finisce per rubarti
la speranza”. Una sofferenza - la mancanza di lavoro - che ti porta - scusate se sono
un po’ forte - ha affermato il Papa - ma dico la verità - a sentirti senza dignità!"
Un affermazione che è stata sottolineata da un lungo applauso dalle migliaia di persone
presenti, che lo hanno ascoltato visibilmente commosse. "Dove non c’è lavoro, manca
la dignità! - ha proseguito Papa Francesco. E questo non è un problema della Sardegna
soltanto - ma è forte qui! - non è un problema soltanto dell’Italia o di alcuni Paesi
di Europa, è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta
a questa tragedia; un sistema economico che ha al centro un idolo, che si chiama denaro.
Dio ha voluto - ha osservato il Pontefice - che al centro del mondo, non ci sia un
idolo, ma ci sia l’uomo, l’uomo e la donna, che portino avanti, col proprio lavoro,
il mondo. Ma adesso in questo sistema, senza etica, al centro c’è un idolo e il mondo
è diventato idolatro di questo "dio denaro". Comandano i soldi! Comanda il denaro!
Comandano tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo" - ha affermato. "E
cosa succede? Per difendere questo idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli
ultimi, cadono gli anziani, perché in questo mondo non c’è posto per loro! Anche alcuni
parlano di questa abitudine di eutanasia nascosta - ha proseguito - di non curarli,
di non averli in conto… “Sì, lasciamo perderli…”. E cadono i giovani che non trovano
il lavoro, la dignità. Ma pensa, in un mondo dove i giovani - due generazioni di giovani
- non hanno lavoro. Non ha futuro questo mondo. Perché? - si è chiesto il Papa -
Perché loro non hanno dignità! E’ difficile avere dignità senza lavorare. Questa è
la vostra sofferenza qui". Un'ovazione ha sottolineato questo passo del discorso a
braccio del Papa. "Questa è la preghiera che voi stavate gridando: “Lavoro”, “Lavoro”,
“Lavoro”. E’ una preghiera necessaria. Lavoro vuol dire dignità, lavoro vuol dire
portare il pane a casa, lavoro vuol dire amare!". Per difendere questo sistema economico
idolatrico si istaura la “cultura dello scarto”: si scartano i nonni e si scartano
i giovani. E noi dobbiamo dire “no” a questa “cultura dello scarto”. Noi dobbiamo
dire: “Vogliamo un sistema giusto! un sistema che ci faccia andare avanti tutti”.
Dobbiamo dire: “Noi non vogliamo questo sistema economico globalizzato, che ci fa
tanto male!”. Al centro devono esserci l’uomo e la donna come Dio vuole, e non il
denaro!" - ha detto con forza Papa Francesco. "Io avevo scritto alcune cose per voi,
ma guardandovi mi sono venute queste parole. Io consegnerò al vescovo queste parole
scritte come se fossero state dette. Ma ho preferito dirvi quello che mi viene dal
cuore, guardandovi in questo momento!" ha sottolineato il Papa. "Guardate: è facile
dire non perdere la speranza… Ma a tutti, a tutti voi, quelli che avete lavoro e quelli
che non avete lavoro, vi dico: “Non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciatevi
rubare la speranza!” ha esortato Papa Francesco. "Forse la speranza è come la brace
sotto le ceneri: aiutiamoci con la solidarietà, soffiando sulle ceneri, perché il
fuoco venga riavvivato. Ma la speranza ci porta avanti… Quello non è ottimismo, è
un’altra cosa. Ma la speranza - ha detto - non è di uno: la speranza la facciamo tutti!
La speranza dobbiamo sostenerla tutti, tutti voi e tutti noi che siamo lontani. La
speranza è una cosa vostra e nostra. E’ cosa di tutti! Per questo vi dico: “Non lasciatevi
rubare la speranza!”. Ma siamo furbi - ha osservato - perché il Signore ci dice che
gli idoli sono più furbi do noi. Il Signore ci invita ad avere la furbizia del serpente,
ma anche la bontà della colomba. Dobbiamo avere questa furbizia e chiamare le cose
col proprio nome. In questo momento, nel nostro sistema economico, nel nostro sistema
globalizzato di vita, al centro c’è un idolo e questo non si può fare! Lottiamo tutti
insieme perché al centro, almeno della nostra vita, ci siano l’uomo e la donna, la
famiglia, tutti noi, perché la speranza possa andare avanti… “Non lasciatevi rubare
la speranza!” ha concluso Papa Francesco il quale ha voluto congedarsi con i presenti
con una preghiera. "Io dirò quello che mi viene dal cuore e voi in silenzio, pregate
con me" ha detto. "Signore Dio guardaci! Guarda questa città, questa isola. Guarda
le nostre famiglie. Signore, a Te, non è mancato il lavoro, hai fatto il falegname…
Eri felice. Signore, ci manca il lavoro. Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I
sistemi ingiusti vogliono rubarci la speranza. Signore, non ci lasciare soli. Aiutaci
ad aiutarci fra noi, facendoci dimenticare un po’ l’egoismo per sentire nel cuore
il “noi”, noi, popolo, che vuole andare avanti. Signore Gesù, a Te non mancò il lavoro,
dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro e benedici tutti noi. Nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Grazie tante e pregate per me!" ha concluso. Di
seguito il resto del discorso scritto dal Papa che non ha letto e che ha consegnato
all'arcivescovo di Cagliari mons. Miglio Vorrei condividere con voi tre punti
semplici ma decisivi. Il primo: rimettere al centro la persona e il lavoro. La
crisi economica ha una dimensione europea e globale; ma la crisi non è solo economica,
è anche etica, spirituale e umana. Alla radice c’è un tradimento del bene comune,
sia da parte di singoli che di gruppi di potere. È necessario quindi togliere centralità
alla legge del profitto e della rendita e ricollocare al centro la persona e il bene
comune. E un fattore molto importante per la dignità della persona è proprio il lavoro;
perché ci sia un’autentica promozione della persona va garantito il lavoro. Questo
è un compito che appartiene alla società intera, per questo va riconosciuto un grande
merito a quegli imprenditori che, nonostante tutto, non hanno smesso di impegnarsi,
di investire e di rischiare per garantire occupazione. La cultura del lavoro, in confronto
a quella dell’assistenzialismo, implica educazione al lavoro fin da giovani, accompagnamento
al lavoro, dignità per ogni attività lavorativa, condivisione del lavoro, eliminazione
di ogni lavoro nero. In questa fase, tutta la società, in tutte le sue componenti,
faccia ogni sforzo possibile perché il lavoro, che è sorgente di dignità, sia preoccupazione
centrale! La vostra condizione insulare poi rende ancora più urgente questo impegno
da parte di tutti, soprattutto delle istanze politiche ed economiche.
Secondo
elemento: il Vangelo della speranza. La Sardegna è una terra benedetta da Dio con
tante risorse umane e ambientali, ma come nel resto dell’Italia serve nuovo slancio
per ripartire. E i cristiani possono e debbono fare la loro parte, portando il loro
contributo specifico: la visione evangelica della vita. Ricordo le parole del Papa
Benedetto XVI nella sua visita a Cagliari del 2008: occorre «evangelizzare il mondo
del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione
di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni
di sviluppo sostenibile» (Omelia, 7 settembre 2008). I Vescovi della Sardegna sono
particolarmente sensibili a queste realtà, specialmente a quella del lavoro. Voi,
cari Vescovi, indicate la necessità di un discernimento serio, realistico, ma orientate
anche verso un cammino di speranza, come avete scritto nel Messaggio in preparazione
a questa Visita. Questo è importante, questa è la risposta giusta! Guardare in faccia
la realtà, conoscerla bene, capirla, e cercare insieme delle strade, con il metodo
della collaborazione e del dialogo, vivendo la vicinanza per portare speranza. Mai
offuscare la speranza! Non confonderla con l’ ottimismo - che dice semplicemente un
atteggiamento psicologico - o con altre cose. La speranza è creativa, è capace di
creare futuro.
Terzo: un lavoro dignitoso per tutti. Una società aperta alla
speranza non si chiude in se stessa, nella difesa degli interessi di pochi, ma guarda
avanti nella prospettiva del bene comune. E ciò richiede da parte di tutti un forte
senso di responsabilità. Non c’è speranza sociale senza un lavoro dignitoso per tutti.
Per questo occorre «perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o
del suo mantenimento per tutti» (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 32).
Ho
detto lavoro “dignitoso”, e lo sottolineo, perché purtroppo, specialmente quando c’è
crisi e il bisogno è forte, aumenta il lavoro disumano, il lavoro-schiavo, il lavoro
senza la giusta sicurezza, oppure senza il rispetto del creato, o senza rispetto del
riposo, della festa e della famiglia, il lavorare di domenica quando non è necessario.
Il lavoro dev’essere coniugato con la custodia del creato, perché questo venga preservato
con responsabilità per le generazioni future. Il creato non è merce da sfruttare,
ma dono da custodire. L’impegno ecologico stesso è occasione di nuova occupazione
nei settori ad esso collegati, come l’energia, la prevenzione e l’abbattimento delle
diverse forme di inquinamento, la vigilanza sugli incendi del patrimonio boschivo,
e così via. Custodire il creato, custodire l’uomo con un lavoro dignitoso sia impegno
di tutti! Ecologia… e anche “ecologia umana”!
Cari amici, vi sono particolarmente
vicino, mettendo nelle mani del Signore e di Nostra Signora di Bonaria tutte le vostre
ansie e preoccupazioni. Il Beato Giovanni Paolo II sottolineava che Gesù «ha lavorato
con le proprie mani. Anzi, il suo lavoro, che è stato un vero lavoro fisico, ha occupato
la maggior parte della sua vita su questa terra, ed è così entrato nell’opera della
redenzione dell’uomo e del mondo» (Discorso ai lavoratori, Terni, 19 marzo 1981).
E’ importante dedicarsi al proprio lavoro con assiduità, dedizione e competenza, è
importante avere l’abitudine al lavoro. Auspico che, nella logica della gratuità
e della solidarietà, si possa uscire insieme da questa fase negativa, affinché sia
assicurato un lavoro sicuro, dignitoso e stabile. Portate il mio saluto alle vostre
famiglie, ai bambini, ai giovani, agli anziani. Anch’io vi porto con me, specialmente
nella mia preghiera. E imparto di cuore la Benedizione su di voi, sul vostro lavoro
e sul vostro impegno sociale.