Ancora attriti tra Nord e Sud Sudan, nonostante i negoziati
Continuano gli attriti tra Nord e Sud Sudan, mentre sono in corso i negoziati di pace
tra i due Paesi, che si sono divisi nel 2011 dopo gli accordi che hanno portato all’indipendenza
della parte meridionale. Le zone di confine tra i due Stati restano teatro di scontri
tra Khartoum e Juba, così come la gestione delle risorse petrolifere. Elvira Ragosta
ne ha parlato con Gian Paolo Calchi Novati, ordinario di Storia e Istituzioni
Africane all’università di Pavia:
R. - Il Sud
Sudan - è stato detto - è fallito prima ancora di nascere! E il prezzo lo si sta pagando
adesso. Persino il confine non è stato deciso, il che significa che oggi c’è un confine
in contestazione, dove ci sono anche sacche di resistenza - per così dire - speculari:
nel Nord combattenti che tengono per il Sud e nel Sud possibili secessionisti che
vorrebbero rientrare nel nord. E poi c’è il problema del petrolio.
D. - Dall’inizio
di settembre il Sud Sudan avrebbe guadagnato quasi 970 milioni di dollari dalla vendita
del petrolio, senza però versare la percentuale dovuta al Sudan. Risorse e infrastrutture
sembrano essere fonti vitali sia per Khartoum che per Giuba…
R. - Il Sudan,
come Stato, interviene nella questione petrolifera soprattutto perché passa per il
suo territorio il petrolio che viene esportato. Naturalmente, il Sudan ha cominciato
a chiedere delle royalties che sono state giudicate troppo alte dal governo
di Giuba e forse il governo del Sud Sudan non ottempera neanche a questa condizione.
Mi sembra molto pericoloso per il Sud Sudan, perché questo potrebbe veramente diventare
un casus belli.
D. - Il presidente sudanese ha recentemente chiesto
il visto di ingresso per gli Stati Uniti per partecipare ai lavori dell’Assemblea
generale dell’Onu. Ma al-Bashir non può lasciare il Sudan, perché su di lui pende
un mandato di cattura internazionale per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità
nel Darfur. Secondo lei, si è trattato di una provocazione?
R. - No! Al-Bashir
ha già partecipato a molte conferenze internazionali e ha avuto anche la possibilità
di essere ricevuto da Paesi o che non riconoscono lo Statuto della Corte Penale Internazionale
oppure che non ritengono giustificate le accuse della Corte stessa. In teoria ci sono
delle condizioni speciali che potrebbero essere fatte valere per consentire l’accesso
al Palazzo di Vetro di al-Bashir. Fra l’altro gli Stati Uniti, a rigore, non hanno
firmato il Trattato della Corte Penale e quindi non sarebbero - dal punto di vista
strettamente giuridico - tenuti all’arresto di al-Bashir. Al-Bashir può anche voler
riprendere un ruolo e utilizzare l’Onu per lanciare qualche messaggio o per dimostrare
di essere attivo nella politica internazionale e vuole - forse - confermare la sua
prassi che lo ha portato in parecchie assise internazionali, anche fuori dell’Africa.
D.
- Queste tensioni tra i due Sudan rappresentano un fallimento del processo che - dal
2005 al 2011 - ha portato all’indipendenza del Sud Sudan, anche con l’appoggio statunitense.
Secondo lei, sono anche il fallimento della diplomazia africana?
R. - L’Africa
non ha brindato alla separazione, sapendo che potrebbe diventare un precedente molto
pericoloso, specialmente in questa fascia sahelliana, dove tutti gli Stati, più o
meno, vedono una condivisione o un condominio fra un Nord arabo-islamico e un Sud
nero. In questo caso, i secessionisti sono state le province nere del Sud in parte
cristianizzate; altrove potrebbero essere, invece, il Nord - come è avvenuto o stava
per avvenire in Mali - a nutrire intenzioni secessionistiche. Direi che più che il
fallimento della diplomazia africana, che è tendenzialmente contro la secessione e
la frammentazione degli Stati, è il concetto di Stato periferico che viene accettato,
se non promosso, dal sistema globale nei suoi centri decisionali, che non sono in
Africa come è ben noto. Non si fa tanta attenzione al fatto che questo Stato futuro
sia - diciamo una parola un po’ difficile - esistibile: avrà mai la possibilità
di essere veramente sovrano? Quello che conta è che svolga delle funzioni di good
governance al suo interno e probabilmente funzioni securitarie a favore degli
interessi altrui.