2013-09-21 08:17:00

Ancora attriti tra Nord e Sud Sudan, nonostante i negoziati


Continuano gli attriti tra Nord e Sud Sudan, mentre sono in corso i negoziati di pace tra i due Paesi, che si sono divisi nel 2011 dopo gli accordi che hanno portato all’indipendenza della parte meridionale. Le zone di confine tra i due Stati restano teatro di scontri tra Khartoum e Juba, così come la gestione delle risorse petrolifere. Elvira Ragosta ne ha parlato con Gian Paolo Calchi Novati, ordinario di Storia e Istituzioni Africane all’università di Pavia:RealAudioMP3

R. - Il Sud Sudan - è stato detto - è fallito prima ancora di nascere! E il prezzo lo si sta pagando adesso. Persino il confine non è stato deciso, il che significa che oggi c’è un confine in contestazione, dove ci sono anche sacche di resistenza - per così dire - speculari: nel Nord combattenti che tengono per il Sud e nel Sud possibili secessionisti che vorrebbero rientrare nel nord. E poi c’è il problema del petrolio.

D. - Dall’inizio di settembre il Sud Sudan avrebbe guadagnato quasi 970 milioni di dollari dalla vendita del petrolio, senza però versare la percentuale dovuta al Sudan. Risorse e infrastrutture sembrano essere fonti vitali sia per Khartoum che per Giuba…

R. - Il Sudan, come Stato, interviene nella questione petrolifera soprattutto perché passa per il suo territorio il petrolio che viene esportato. Naturalmente, il Sudan ha cominciato a chiedere delle royalties che sono state giudicate troppo alte dal governo di Giuba e forse il governo del Sud Sudan non ottempera neanche a questa condizione. Mi sembra molto pericoloso per il Sud Sudan, perché questo potrebbe veramente diventare un casus belli.

D. - Il presidente sudanese ha recentemente chiesto il visto di ingresso per gli Stati Uniti per partecipare ai lavori dell’Assemblea generale dell’Onu. Ma al-Bashir non può lasciare il Sudan, perché su di lui pende un mandato di cattura internazionale per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità nel Darfur. Secondo lei, si è trattato di una provocazione?

R. - No! Al-Bashir ha già partecipato a molte conferenze internazionali e ha avuto anche la possibilità di essere ricevuto da Paesi o che non riconoscono lo Statuto della Corte Penale Internazionale oppure che non ritengono giustificate le accuse della Corte stessa. In teoria ci sono delle condizioni speciali che potrebbero essere fatte valere per consentire l’accesso al Palazzo di Vetro di al-Bashir. Fra l’altro gli Stati Uniti, a rigore, non hanno firmato il Trattato della Corte Penale e quindi non sarebbero - dal punto di vista strettamente giuridico - tenuti all’arresto di al-Bashir. Al-Bashir può anche voler riprendere un ruolo e utilizzare l’Onu per lanciare qualche messaggio o per dimostrare di essere attivo nella politica internazionale e vuole - forse - confermare la sua prassi che lo ha portato in parecchie assise internazionali, anche fuori dell’Africa.

D. - Queste tensioni tra i due Sudan rappresentano un fallimento del processo che - dal 2005 al 2011 - ha portato all’indipendenza del Sud Sudan, anche con l’appoggio statunitense. Secondo lei, sono anche il fallimento della diplomazia africana?

R. - L’Africa non ha brindato alla separazione, sapendo che potrebbe diventare un precedente molto pericoloso, specialmente in questa fascia sahelliana, dove tutti gli Stati, più o meno, vedono una condivisione o un condominio fra un Nord arabo-islamico e un Sud nero. In questo caso, i secessionisti sono state le province nere del Sud in parte cristianizzate; altrove potrebbero essere, invece, il Nord - come è avvenuto o stava per avvenire in Mali - a nutrire intenzioni secessionistiche. Direi che più che il fallimento della diplomazia africana, che è tendenzialmente contro la secessione e la frammentazione degli Stati, è il concetto di Stato periferico che viene accettato, se non promosso, dal sistema globale nei suoi centri decisionali, che non sono in Africa come è ben noto. Non si fa tanta attenzione al fatto che questo Stato futuro sia - diciamo una parola un po’ difficile - esistibile: avrà mai la possibilità di essere veramente sovrano? Quello che conta è che svolga delle funzioni di good governance al suo interno e probabilmente funzioni securitarie a favore degli interessi altrui.







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