Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
Nella 25.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui
Gesù racconta la parabola dell’amministratore che, agendo con scaltrezza, si procura
amici con la “disonesta ricchezza” e per questo viene lodato dal padrone. Il Signore
conclude:
“I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei
figli della luce”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione
di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario
“Redemptoris Mater” di Roma:
Il Vangelo di
oggi, pur nella sua complessità, viene a noi con un messaggio decisivo: i figli di
questo mondo sanno muoversi con la ricchezza in modo molto più scaltro dei figli della
luce. La parabola dell’amministratore disonesto, che sa rinunciare alla sua parte
di interessi per garantirsi il futuro, è lodato per aver agito scaltramente. I figli
di questo mondo prestano culto a quel niente che è la ricchezza, la servono, e in
questa idolatria sanno muoversi con audacia, con una capacità di rischio altissima.
È tale il valore che ha per essi il denaro che sono pronti a tutto, anche a rischiare
la vita. E qui viene il contrasto con i figli della luce che invece non sanno agire
con discernimento, né nei confronti della ricchezza – usandola per fare elemosina
ed essere accolti nelle dimore eterne –, e ancor meno nei confronti della vera ricchezza
che il Battesimo ha dato loro: la dignità di figli di Dio, il dono dello Spirito Santo.
Questa parola è per noi oggi: nei confronti del denaro, poco o molto che sia, dov’è
il nostro cuore? L’attaccamento al denaro è idolatria, cioè separazione da Dio. Per
questo la parola finale di Gesù è tagliente e non ammette riduzioni: “Non potete servire
Dio e la ricchezza” (il dio “mammona”). Forse non crediamo davvero al dono che abbiamo.
Forse siamo sempre pronti a fare compromessi, con i piedi in due staffe, a seconda
di quello che ci fa comodo: come il popolo di Israele nella sfida che Elia ha con
i profeti di Baal sul Monte Carmelo andiamo barcollando tra Dio e Baal (cf 1 Re 18,21).
Dio non è contro i beni, che Lui stesso ha creato, ma non vuole che ne siamo schiavi.
È una parola di liberazione, non di oppressione.