I vescovi del Québec: laicità dello Stato implica libertà di coscienza e di religione
Il principio della laicità dello Stato implica il diritto fondamentale alla libertà
di religione e di coscienza: così, in sintesi, i vescovi del Québec, in una nota diffusa
a conclusione della loro Assemblea generale. Nel documento, a firma di mons. Pierre-André
Fournier, presidente dei vescovi, si fa riferimento alla così detta “Carta dei valori”.
Proposta del Partito del Québec circa un anno fa, tale documento mira ad interdire
l’esposizione di tutti i simboli religiosi, compresa la croce cristiana, in tutti
gli uffici pubblici: ministeri, caserme, tribunali, scuole ed ospedali. Restano escluse
le scuole private, mentre il divieto riguarderebbe anche i cittadini: in pratica,
chi volesse usufruire di un servizio statale, non dovrebbe, ad esempio, indossare
il burqa, ma presentarsi a viso scoperto. Tutto questo - nelle intenzioni del Partito
promotore – in nome della salvaguardia della laicità dello Stato. Contraria, invece,
la Chiesa locale: “Sul piano spirituale e religioso – si legge nella nota – le persone
sono libere di credere o di non credere; nessuna religione ufficiale, quindi, ma neanche
ateismo ufficiale”. Questa è “la vera neutralità”, continuano i vescovi, ossia quella
in cui “lo Stato rispetta ciò che le persone vivono ed esprimono”. Se vuole essere
“davvero neutrale”, infatti, “lo Stato deve prendere misure adeguate che permettano
alla popolazione di vivere e di esprimere liberamente il proprio credo o il proprio
non-credo”. Di qui, il richiamo che i vescovi del Québec fanno ad una “neutralità
e laicità” che non sia “limitazione dello sviluppo delle religioni”, bensì “creazione
di un ambiente in cui ogni persona gode effettivamente della libertà di coscienza
e di religione”. In quest’ottica, mons. Fournier ribadisce la contrarietà della Chiesa
alla “Carta dei valori” e sottolinea che “ciò che importa, per gli impiegati pubblici,
è la competenza, la capacità di accoglienza, il rispetto”. Altro punto affrontato
dai vescovi del Québec è il progetto di legge n. 52 che mira ad introdurre, nell’ordinamento
giuridico nazionale, l’eutanasia in caso di morte imminente o inevitabile. Una proposta
normativa osteggiata, naturalmente dalla Chiesa locale: esprimendo vicinanza, solidarietà
e compassione nei confronti dei malati, i vescovi ricordando che “Gesù non è mai indifferente
davanti alla sofferenza” e insistono sulla necessità di incrementare le cure palliative.
“Bisogna veramente investire risorse ed energie in tali cure – scrivono i vescovi
– È inaccettabile che un’iniezione letale o altri mezzi che pongono fine alla vita
di un paziente siano considerati come una soluzione”. Medici ed infermieri, afferma
la Chiesa del Québec, accudiscono i malati “per guarirli, mai per dare loro la morte”.
Ed è per questo che “un vero aiuto per i sofferenti è l’accompagnamento non solo dei
malati stessi, ma anche delle loro famiglie che vivono il grande dolore di vedere
spegnersi la vita di una persona amata”. Infine, i presuli auspicano che, in futuro,
la società dibatta su questi temi in modo “fiducioso e sereno”, in nome di uno “sviluppo
collettivo” del Paese. (A cura di Isabella Piro)