Egitto: operazioni delle forze di sicurezza per stabilizzare il Paese
Nuovo blitz delle forze della sicurezza egiziana ieri contro una roccaforte di islamici
a Kerdasa, nei pressi delle Piramidi di Giza, alla periferia del Cairo. Tensione,
poi, anche al Cairo dove nella mattinata di ieri è scattato l'allarme bomba su una
linea della metropolitana che è stata bloccata fino a quando gli artificieri non hanno
stabilito che si era trattato di due falsi ordigni piazzati sui binari. Sulla situazione
nel Paese, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Gabriele Iacovino,
responsabile analisti del Centro studi internazionali:
R. - La stabilizzazione
del Paese è ancora lontana. Le autorità del Cairo stanno portando avanti una sorta
di repulisti, in questo momento, della Fratellanza musulmana, che è ancora vista come
il maggior nemico della stabilizzazione. Questo divide la popolazione in due schieramenti
e, in questo momento, le grandi città dove la Fratellanza ha meno proseliti sono abbastanza
tranquille e anche se vanno avanti le manifestazioni, hanno perso l’intensità rispetto
ai mesi passati. Invece nelle zone più rurali, lontane dalla città o anche - per esempio
- nell’Alto Nilo, le manifestazioni proseguono, perché è lì che la Fratellanza ha
il proprio bacino di sostegno non solo politico, ma soprattutto sociale.
D.
- E’ stato concesso all’ex presidente Morsi di telefonare ai suoi familiari…
R.
- Il regime ha dato sicuramente un segno di apertura rispetto alla Fratellanza, ma
da entrambe le parti ancora non vi sono segnali della possibilità di un dialogo. Lo
stesso Morsi ancora non ha fatto aperture nei confronti delle autorità militari e
nei confronti della possibilità di un negoziato con le autorità militari. Questo fa
sì che la situazione sia ancora molto tesa e che, appunto, i due schieramenti ancora
si contrastino e fa sì anche che il Paese sia ancora bloccato in questo limbo del
post-Mubarak: le elezioni dello scorso anno sembravano un passo importante verso la
stabilizzazione, ma sono risultate un’ulteriore difficoltà nel processo di novità
istituzionale. Tutto questo accade in uno scenario economico sempre più drammatico
per il Paese, dove le forze dello Stato sono ormai allo stremo.
D. - In questo
scenario sono stati di fatto approvati degli stanziamenti, 28 milioni di Euro, da
parte dell’Unione Europea nei confronti dell’Egitto. Una boccata d’ossigeno?
R.
- Assolutamente sì! In un momento in cui i maggiori sostenitori delle istituzioni,
i maggiori sostenitori economici delle istituzioni egiziane provenivano dal Golfo.
La strategia delle monarchie del Golfo era soprattutto portata ad un sostegno - se
vogliamo - alla Fratellanza musulmana. Quindi questa politica di apertura economica
dell’Unione Europea dà ulteriore respiro alle casse egiziane, ma è anche un segnale
politico per far sì che l’Egitto riprenda la propria strada da protagonista, nell’area
mediorientale e non sia un processo, del post-Mubarak, soffocato politicamente all’interno
delle dinamiche regionali con le monarchie del Golfo che prendono il sopravvento rispetto
all’Egitto.
D. - Ma c’è il rischio - secondo lei - di una possibile deflagrazione
della situazione egiziana oppure si ha l’idea di un cammino verso una stabilizzazione,
anche se lontana?
R. - Indubbiamente in Egitto l’istituzione delle Forze Armate
è un’istituzione che tiene il Paese in piedi non solo politicamente, ma anche economicamente:
fin quando l’esercito riesce a mantenere insieme il Paese, non vi è ancora il rischio
di deflagrazione. Purtroppo però, più si va avanti e più non si cerca e non si trova
un dialogo tra le Forze Armate e la Fratellanza musulmana, più il rischio di uno scontro
aperto, di uno scontro violento tra queste due anime del Paese è più forte.