Attesa per la visita del Papa domani a Cagliari: interviste con don Lai e padre Teani
Domani Papa Francesco arriverà in Sardegna, per il suo primo viaggio in una regione
italiana dopo la visita a Lampedusa. A Cagliari, dove si fermerà per circa 10 ore,
potrà conoscere le varie realtà dell’isola a cominciare da quella difficile del lavoro.
Incontrerà i poveri sempre più numerosi, i malati e un gruppo di detenuti. E poi il
mondo della cultura e i giovani. Al centro della giornata, alle 10.30, la messa nel
Santuario di Nostra Signora di Bonaria con i fedeli che arriveranno da tutta la Sardegna.
Il servizio della nostra inviata a Cagliari, Adriana Masotti:
Esiste un
antico legame tra il Santuario di Nostra Signora di Bonaria a Cagliari e la città
di Buenos Aires. Ed è questo legame che porterà qui, domani, Papa Francesco che sa
bene come siano stati i marinai arrivati dalla Sardegna a voler intitolare alla loro
protettrice la città argentina. Ma c’è un altro elemento forte che motiva questa visita
e che dice molto del pensiero e dell’azione del Papa: il dovere per la Chiesa di guardare
alle periferie del mondo e dell’umanità per portare lì l’amore di Dio. E quest’isola
si sente una sorta di periferia oggi, per la scelta del Papa, particolarmente amata.
In tutti è grande l’attesa di parole di incoraggiamento, “incontro, speranza, tenerezza”
sono le parole più ricorrenti su manifesti e striscioni. Il presidente della regione,
Ugo Cappellacci auspica che questa visita “sia di conforto ad un popolo che non
si rassegna, ma affronta con grande dignità” una fase difficile della propria storia.
Per l’arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio la volontà del Papa di venire
in Sardegna è già un messaggio che, si augura, vada oltre e “venga colto soprattutto
da coloro che hanno responsabilità a livello nazionale”.
Una giornata ricca
di appuntamenti, quella del Papa a Cagliari, che inizierà dunque con l’incontro con
il mondo del lavoro e quindi con le difficoltà economiche che sta vivendo la Sardegna.
Ascoltiamo in proposito don Marco Lai direttore della Caritas di Cagliari,
al microfono della nostra inviata, Antonella Palermo:
R. - Noi come
Sardegna viviamo “l’insularità” e viviamo anche gravi problemi di carattere economico;
la povertà incombe ed invade anche le famiglie. Queste assonanze con fiducia ci permettono
di accogliere il Santo Padre, sicuri di essere da lui ascoltati e di essere capiti.
Siamo anche certi che le parole che ci rivolgerà ci aiuteranno a ripensare un po’
a noi stessi e sicuramente anche al nostro modo di essere Chiesa, al nostro modo di
pensare Dio. Ascolterà le voci che vengono dal disagio del mondo del lavoro, dei cassintegrati,
la difficoltà delle Partite Ive; quindi dei pastori, delle ditte individuali… Qui
in Sardegna l’impresa si basa al 93% sullo sviluppo a livello individuale e familiare.
Il Papa ascolterà quindi tutti questi disagi.
D. - Perché è importante che
il Papa incontri i poveri?
R. - Non perché dobbiamo quasi stigmatizzare una
categoria, bensì perché si incontra veramente una comunità partendo dagli ultimi.
Papa Francesco non escluderà nessuno ma ci aprirà al mondo, perché sicuramente quando
oggi si parla di povertà non si può ragionare in maniera chiusa per venirne fuori.
D.
- A questo proposito, proprio dalla Caritas Sarda arriva un’iniziativa per non dimenticare
gli ultimi di Buenos Aires…
R. - Certamente. I nostri vescovi hanno lanciato
due iniziative. La prima sarà realizzata a Buenos Aires: una casa di accoglienza per
i disabili di strada; questa iniziativa la collochiamo nell’accordo di collaborazione,
di amicizia che esiste tra la regione Sardegna e lo Stato di Buenos Aires. In un certo
senso, viene data in tal modo continuità a questo “ponte”, legato alla presenza di
immigrati sardi a Buenos Aires - oltre i 15 mila - nei sette circoli di sardi che
si trovano proprio in Argentina. Per quanto riguarda l’altra iniziativa, dedicheremo
a Papa Francesco un centro di accoglienza per i poveri di Cagliari, che stiamo già
predisponendo con grandi sacrifici.
Nel pomeriggio di domenica il Papa incontrerà
il mondo della cultura nell’Aula Magna della Pontificia Facoltà teologica della Sardegna.
Antonella Palermo ha intervistato il preside, il padre gesuita Maurizio Teani,
chiedendogli innanzitutto in quali direzioni si stia muovendo l’istituto:
R. - La nostra
Facoltà teologica, insieme agli istituti superiori di scienze religiose ad essa collegati,
cerca di muoversi in due direzioni: da una parte favorire la formazione seria a livello
teologico, a livello di approfondimento della fede non soltanto di coloro che si preparano
al sacerdozio ma anche di tutta la comunità ecclesiale sarda; e favorire un confronto
con la cultura laica in modo tale da poter testimoniare la fecondità dell’Evangelo
anche al di fuori della comunità ecclesiale. La facoltà teologica è stata fondata
nel 1927 e da subito è stata affidata alla compagnia di Gesù. Dopo il Concilio, nel
’71, con l’arrivo della facoltà a Cagliari l’alta direzione è passata sotto la responsabilità
della Conferenza episcopale sarda; mentre alla Compagnia è stata affidata la direzione
accademica. Alcuni anni fa abbiamo addirittura ricordato i 450 anni della presenza
della Compagnia in Sardegna.
D. - Vogliamo tentare un bilancio?
R.
- La facoltà ha operato molto nel campo della cultura ma non solo della cultura “alta”-
l’università di Sassari è stata fondata proprio dai gesuiti - ma anche nel campo della
formazione della gente “semplice”. Ci sono diversi collegi che sono stati fondati
dalla Compagnia in varie parti dell’isola, poi anche tutte le missioni popolari che
svolgevano i padri soprattutto in passato che avevano proprio lo scopo di trasmettere
esperienza cristiana, la formazione cristiana anche a gente che aveva meno strumenti
a livello culturale, intellettuale.
D. - A proposito di dialogo con la cultura
laica: nella lettera ad Eugenio Scalfari, il Papa ha scritto che la verità è una “relazione”…
R.
- … se una persona ascolta la coscienza - come ha ricordato il Papa - e cerca, è disponibile
ad un confronto; ed insieme a questa persona si può percorrere un pezzo di strada,
cercando insieme naturalmente quello che aiuta la concordia e la fraternità. Quello
che possiamo riconoscere attraverso diversi segnali è questo atteggiamento di umile
consapevolezza che il Papa trasmette: Cristo non è estraneo alla libertà dell’uomo
e alla sua verità. Questo colpisce, interroga ed apre spazi di confronto: la gente
invece di sentirsi giudicata, o di pensare che la controparte abbia già tutte le risposte
ai problemi, avverte invece un desiderio di capire e di ascoltare.