Mali: prospettive di pace per il Nord, ma nel Paese continuano gli scontri
A Bamako, in Mali, si è svolta questo giovedì la cerimonia di insediamento del nuovo
presidente Boubacar Keità, mentre si sono concluse, con dichiarazioni molto positive,
le trattative del governo con i ribelli e le tribù tuareg della regione dell’Azawad.
Prosegue intanto, nel Nord del Paese, l’azione congiunta di Onu e Francia per combattere
i ribelli ancora attivi: un drone francese ha ucciso sei miliziani nel Nord-Est. Sui
risultati dei colloqui e le prospettive per il Paese, Davide Pagnanelli ha
intervistato Luigi Serra, esperto di questioni della zona del Magreb:
R. - Porterà
come risultato sicuro, certo e praticabile una sorta di rallentamento delle tensioni.
Ma, ho il grande sospetto che questa fase interlocutoria porterà più ad una riorganizzazione
da parte dei ribelli, della loro azione, della loro politica di destabilizzazione
del governo, piuttosto che a risultati definitivi. Quindi credo che il nuovo contesto
degli accordi sia da guardare come un momento di grande attenzione per prepararsi
a governare i sussulti, i rigurgiti che sicuramente i ribelli avranno.
D. -
A che novità dobbiamo abituarci con il nuovo presidente Keita?
R. - Ad una
maggiore disponibilità di apertura a colloqui con “gli occidentali”.
D. - In
questo momento in Mali c’è una missione congiunta composta dall’Onu e dai francesi...
R.
- Esattamente. Anche all’interno di questo binomio - che pare coeso - l’Europa dovrebbe
essere guardinga per un verso e per l’altro disponibile a dare risposte che guardino
ad essere più meritoriamente presenti con il sostegno alle popolazioni locali. Comunque
va fatta una distinzione tra l’Onu, che probabilmente può avere una visualizzazione
del problema in termini più generalmente multinazionali, e la presenza della Francia,
che tiene a tutelare i suoi interessi storici.
D. - Che prospettive di collaborazione
ci sono tra Francia e Mali?
R. - Ci sono buone prospettive in teoria. Dal punto
di vista pratico, dei risultati, si attende trasparenza della volontà di intervento
francese. È tempo di uscire dagli equivoci! Il Mali potrebbe diventare una "palestra"
dove le forze terroristiche potrebbero trovare lo spazio sia per punire il governo
maliano che per scompaginare le forze internazionali e gli spiragli di una pacificazione
in quelle aree, una pace a tutto vantaggio delle relazioni internazionali e del rispetto
della dignità umana.
D. - Quali interessi hanno i terroristi nel disorganizzare
proprio la regione del Mali?
R. - La regione del Mali è nevralgica, perché
centrale, sulla quale innanzitutto si scaricano le attenzioni delle realtà statuali
africane: dal Marocco, all’Algeria, alla Libia, che sono Paesi maggiormente organizzati,
più forti economicamente e da tutti i punti di vista. È un Punto di convergenza con
gli altri Paesi del Sahel che si ritrovano in una situazione di forza, senza eccessiva
differenza rispetto al Mali: se in Mali il terrorismo riuscirà a passare si troverà
davanti una diga che non lo conterrà, come una slavina violentissima che si abbatterà
sulle altre aree africane.