La sofferenza dei civili in Centrafrica per i raid delle milizie Seleka
In Repubblica Centrafricana, dopo l’ascesa al potere del presidente Djotodja, la situazione
non è affatto pacificata e i miliziani golpisti del gruppo Selèka, ormai sciolto,
commettono razzie di ogni genere ai danni della popolazione civile. Fa eco a questa
situazione l’allarme lanciato dal presidente chadiano, Deby, secondo il quale tutta
la regione centrafricana sta diventando l’epicentro del terrorismo jiadista. In mancanza
di un potere centrale forte, la gente cerca di reagire, mentre la situazione umanitaria
è sempre più grave. Giancarlo La Vella ha intervistato Enrico Casale,
africanista della rivista dei Gesuiti, “Popoli”:
R. – La coalizione
Seleka, che ha portato al potere il presidente Djotodia, è formata anche da miliziani
provenienti da Paesi confinanti con la Repubblica Centrafricana. Questi, una volta
invasa la Repubblica Centrafricana e abbattuto il regime di Bozizé, si sono spartiti
il Paese con l’intento di saccheggiarlo. Tutto ciò ha portato a una crescente insoddisfazione
e paura da parte della popolazione civile che, dopo mesi di vessazioni, ha iniziato
a reagire creando delle milizie di autodifesa sul territorio.
D. – La creazione
di queste milizie è una cosa illegale, che si aggiunge ad una situazione che già è
di illegalità?
R. – Se la vediamo con occhi occidentali, forse sì. Dobbiamo
pensare però ad un Paese che è stato distrutto, nel quale non esistono più forze di
polizia e forze armate organizzate. Di conseguenza, la popolazione civile è in totale
balia di questi miliziani e quindi certamente le milizie di autodifesa, pur non rientrando
in un assetto istituzionale classico, in questo momento sono l’unico mezzo che la
gente ha per reagire alle violenze.
D. – Ci vorrebbe, secondo te, un ampliamento
dell’intervento internazionale a cominciare da quello dell’Unione Africana?
R.
– In realtà, sul territorio esiste già una missione dell’Unione Africana che conta
3.600 effettivi; però sino ad ora non ha ancora operato sul territorio in maniera
efficace. Teniamo presente poi che, sempre nella Repubblica Centrafricana, esiste
una guarnigione con 600 militari francesi: anche questi, per il momento, non sono
intervenuti negli affari interni del Paese. Però, la Francia - che, lo ricordiamo,
è ex-potenza coloniale - e l’Unione Africana potrebbero intervenire per stabilizzare
la situazione politica dello Stato.
D. – A margine di tutto questo, una situazione
umanitaria sempre più difficile …
R. – Certamente. La situazione umanitaria
è terribile. La gente spesso e volentieri torna nei villaggi di giorno per portare
avanti le proprie occupazioni, ma di notte si reca nelle foreste per sfuggire alle
violenze e alle vessazioni dei miliziani.
D. – Dietro a questa situazione ci
sono interessi particolari?
R. – La Repubblica Centrafricana è un Paese abbastanza
ricco: innanzitutto di risorse naturali. Penso soprattutto al legno pregiato, ma anche
oro e uranio, che fanno gola a molti Paesi occidentali, ma anche ad alcuni Paesi africani.
Quindi è uno Stato il cui controllo può garantire grandi entrate, grazie a queste
risorse naturali, che sono preziosissime.