2013-09-18 14:20:56

"Teheran non avrà mai armi nucleari". Così il presidente iraniano Rohani


“L’Iran non avrà mai armi nucleari”. Il neopresidente Rohani, in un’intervista, imprime una svolta radicale alla politica della Repubblica islamica, arrivando anche a proporre un accordo con l’Occidente sul programma di arricchimento dell’uranio. La dichiarazione è stata resa a pochi giorni dal viaggio a New York del capo dello Stato, che parteciperà all’Assemblea Generale dell’Onu. Intanto il presidente americano Obama dà credito all’apertura iraniana al dialogo. Per un commento sulla nuova situazione, Giancarlo La Vella ha intervistato Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:RealAudioMP3

R. - Se c’è stata una novità, è stato proprio questo scambio di lettere, nei giorni scorsi, sulla crisi iraniana tra Obama e il nuovo presidente iraniano Rohani, seguite poi da queste dichiarazioni del capo della Casa Bianca, che parlano di un Iran disponibile al dialogo. Come si suol dire, “se son rose fioriranno”, perché - attenzione! - il contrasto tra Stati Uniti e Iran esiste in realtà dal 1979 e precisamente da quel 4 novembre, quando furono presi 52 ostaggi nell’ambasciata americana e furono rilasciati soltanto nel gennaio del 1981. Le relazioni diplomatiche tra i due Paesi sono rotte, quindi, da quasi 35 anni e questo rappresenta una delle costanti e dei fattori più condizionanti della politica estera americana in Medio Oriente e di tutti gli equilibri strategici nella regione. Se si verificasse un’apertura di dialogo concreta tra Washington e Teheran, sarebbe certamente una svolta storica!

D. - Quali le conseguenze positive per gli Stati Uniti e soprattutto per l’Iran?

R. – Innanzitutto, qui c’è un problema in primo piano, che è il dossier nucleare iraniano sul programma di arricchimento dell’uranio da parte dell’Iran. Due sono le strade, e il caso siriano rientra in questo quadro. Gli Stati Uniti, pressati dal loro maggiore alleato nella regione e cioè Israele, vogliono che l’Iran rinunci ad ogni programma di tipo nucleare, se non civile, e sia sotto il monitoraggio costante degli ispettori delle Nazioni Unite. Questa è in realtà la questione, perché sappiamo bene che Israele chiede continuamente a Washington che venga anche tenuta sempre presente l’opzione militare. Quindi, un’apertura di questo genere dovrebbe, in qualche modo, essere propedeutica a spianare la strada a un’intesa internazionale sul nucleare iraniano. Poi, naturalmente, ci sono da menzionare anche gli equilibri nel Golfo Persico, che sono un’altra delle costanti della politica estera americana. Washington, oltre a Israele, ha come alleato principale l’Arabia Saudita, cioè la petrol-monarchia sunnita più importante, che è anche quella che appoggia, per esempio, i ribelli in Siria. Quindi un’apertura nei confronti dell’Iran potrebbe anche probabilmente favorire un tentativo di accordo politico nella regione, sia per la Siria, sia per il Golfo, con quello che è l’obiettivo fondamentale dell’Iran da sempre, e che vorrebbe ottenere da Washington, cioè il riconoscimento di essere una sorta di superpotenza regionale.







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