Il ministro Giovannini presenta piano contro la povertà: aiuti, ma non reddito di
cittadinanza
Creare un istituto nazionale di contrasto alla povertà: è questo l’obiettivo indicato
nella relazione curata da un gruppo di studio promosso dal Ministero del Lavoro e
presentata ieri al Senato. Sempre ieri, il ministro Enrico Giovannini ha reso noto
che dai 794 milioni di incentivi, stanziati martedì dal governo, “potrebbero arrivare
fino a 100 mila nuove assunzioni a tempo indeterminato di giovani under 30”. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
In un Paese
come l’Italia, dove sono 5 milioni le persone in povertà assoluta, mancano ancora
efficaci misure di contrasto all’indigenza. Ricordando questa lacuna, il Ministero
del Lavoro suggerisce un piano denominato "Sia" (Sostegno per l'inclusione attiva),
che prevede un aiuto economico, ma non un reddito di cittadinanza. Il ministro
Enrico Giovannini:
“Il reddito di cittadinanza è un qualcosa che va
a tutti, indipendentemente dalla loro condizione di reddito, indipendentemente dalla
loro condizione patrimoniale. Questo non solo è inattuabile sul piano finanziario,
ma non necessariamente sarebbe una scelta equa. Quello che invece si può e si deve
fare è assicurare a chi è in difficoltà i mezzi non solo economici, ma anche – come
abbiamo detto – di inclusione attiva, il che vuol dire chiedergli di mandare i figli
a scuola, far fare loro le visite mediche e così via. E quindi, non è soltanto un
tema di reddito, ma è veramente un tema di inclusione sociale che la crisi ha naturalmente
messo a rischio”.
Il ministro Giovannini ha poi esortato i mezzi di informazione
a non focalizzare l’attenzione sulla questione del reperimento delle risorse necessarie
per rendere finalmente efficaci le misure di contrasto alla povertà:
“Una
preghiera ai media: se il messaggio è che ‘servono 7 miliardi e non ci sono’, questo
è il modo per mettere una pietra tombale su una discussione seria su questo argomento.
La relazione non ci dice questo. Non è che viviamo nel Paese delle meraviglie: ci
rendiamo perfettamente conto che serve un percorso. Ma attenzione: se passa l’idea
che l’unico vincolo è quello finanziario, di nuovo non discutiamo seriamente del problema!
Bisogna lavorare intensamente per costruire una rete istituzionale, organizzativa
ed anche di informazione che non trasformi questa operazione in un boomerang, così
che qualcuno possa dire: ‘Io l’avevo detto che non eravamo pronti, che la presa in
carico è una fantasia, eccetera, eccetera”.
La condivisione delle informazioni,
a livello di istituzioni, è una condizione necessaria – ha aggiunto il ministro Giovannini
– nella lotta contro la povertà:
“Il sistema informativo delle politiche
sociali è una condizione necessaria, perché non è che poi i Comuni, magari, ricevono
i finanziamenti e non condividono le informazioni su quello che fanno di altro su
quell’individuo – o le Regioni, o qualcun altro. Altrimenti rischiamo veramente di
esporci alle critiche di chi dice: ‘State regalando i soldi’. Un sistema monitorabile,
valutabile richiede la condivisione delle informazioni. Chi non condivide le informazioni,
è fuori dal sistema!”.
Nel documento presentato oggi si ricorda che l’Italia,
attualmente, spende per la lotta contro la povertà in modo poco efficace e, soprattutto,
in misura sensibilmente inferiore alla media dei Paesi dell’Unione Europea. Il vicedirettore
di Caritas italiana, Francesco Marsico:
“E’ evidente che, rispetto
al modello europeo, la situazione italiana è abbondantemente al di sotto degli standard
dell’Unione Europea. Questa situazione si è aggravata rispetto ad una crisi economica
che ha fatto aumentare gli indicatori di povertà in maniera drammatica. Da parte di
Caritas italiana, c’è una grande attenzione ad un’ipotesi legislativa di riforma che
vada a colmare un buco normativo che riguarda, nei Paesi dell’Unione Europea, soltanto
Grecia e Italia. E’ evidente che auspichiamo che vi sia già un’assunzione di responsabilità
rispetto al tema della legge di stabilità 2014, perché evidentemente c’è un’urgenza
che non si può in nessun modo non sottolineare”.
Il piano di contrasto
alla povertà prevede un patto reciproco: l’amministrazione deve offrire adeguati servizi
di sostegno, gli individui beneficiari devono intraprendere percorsi virtuosi, come
la partecipazione a corsi formativi e di riqualificazione. Ancora Francesco Marsico:
“E’
un patto di cittadinanza ma io aggiungo: servizi pubblici locali, ma anche il mondo
della sussidiarietà territoriale che deve essere accanto ai soggetti in difficoltà,
alle famiglie, alle persone, per costruire insieme una rete di sostegno, di sollievo,
di fuoriuscita dalla condizione di povertà. Quindi, è un patto sussidiario che vede
la persona al centro, vede i soggetti istituzionali ma vede anche il terzo settore
e i soggetti della società civile”.
Il sostegno al reddito di chi si trova
in povertà – si precisa nel documento - deve essere garantito a tutti con le medesime
modalità, indipendentemente dalla dislocazione nel territorio nazionale:
“Il
problema delle differenze territoriali, soprattutto al Sud, è drammatica, e quindi
chiaramente tanto più in questo contesto c’è la necessità che i servizi territoriali
vengano aiutati da quel terzo settore della società civile che esiste nei diversi
territori per dare le risposte possibili ed oggi. Questo, non immaginando grandi riforme
che poi, soprattutto se passano solo attraverso la pubblica amministrazione, rischiano
di avere tempi lunghissimi rispetto alle condizioni di bisogno delle persone. Condizioni
di bisogno che sono, ovviamente, urgenti e immediate”.
Il programma di
contrasto alla povertà è indirizzato a chi risiede stabilmente sul territorio nazionale,
inclusi gli immigrati legalmente residenti.