I "saggi" presentano tre ipotesi di riforme costituzionali per l'Italia: intervista
con Piero Craveri
E’ a disposizione del governo e del Parlamento italiani, da martedì, la relazione
sulle possibili riforme costituzionali. Si tratta del testo preparato dalla Commissione
di "saggi" nominata appositamente nel giugno scorso dal presidente Napolitano, e guidata
dal ministro per le Riforme istituzionali, Quagliariello. Tre in sintesi le possibili
formule che verranno valutate: semipresidenzialismo, parlamentarismo o una sorta di
via intermedia. Ma soprattutto vengono fissati dei principi: riduzione del numero
di parlamentari, rafforzamento del ruolo di Camera e Senato, superando il bicameralismo
perfetto. E poi c’è un invito preciso: i cittadini devono tornare a scegliere chi
li rappresenta. Fausta Speranza ne ha parlato con lo storico Piero Craveri,
esperto di diritto e istituzioni politiche:
R. – Soprattutto,
viene regolato il rapporto tra Parlamento e Governo. E viene rafforzato anche il governo
nella figura del primo ministro: questo è il punto capitale, perché il vulnus
che noi abbiamo nella Costituzione è questa sostanziale debolezza del capo del Governo.
Questa cosa rafforza, in realtà, la dialettica tra Parlamento e Governo.
D.
– Parliamo di Parlamento...
R. – Bè, la riduzione dei parlamentari rientra
nella logica delle polemiche che abbiamo avuto, soprattutto nel corso di questi ultimi
mesi dell’ultimo anno. E’ una razionalizzazione che va incontro a una domanda pubblica,
comunque dà un risultato funzionale. Per quel che riguarda la seconda Camera, il problema
fondamentale che ci si trascina da moltissimo tempo è quello di uscire dal bicameralismo
perfetto, il quale determina – e ha sempre determinato – un iter del processo legislativo
estremamente lungo e faticoso. E quindi qui – perché questo è il punto di confluenza
dei vari progetti – si prevede che la fiducia al governo viene data soltanto in una
delle Camere, che la seconda Camera ha una composizione del tutto diversa e non è
più espressa con suffragio universale. E poi è ipotizzato che non rappresenta più
il corpo elettorale nella sua totalità, ma è mediata attraverso gli enti locali, ma
su questo si deve precisare se diventa la Camera delle Regioni e degli enti locali,
con probabilmente eletti di secondo grado. Il potere del Senato si riduce; si accresceranno
probabilmente i poteri di controllo sull’attività di governo; il potere che gli si
dà sul procedimento legislativo è quello di richiamare a sé alcune deliberazioni,
alcune leggi che vengono votate dalla Camera: di richiamarle a sé ed eventualmente
di proporre una modifica sulla quale, poi, il giudizio finale è quello della Camera.
Quindi, si esce dal bicameralismo perfetto e entriamo invece in un mix di rapporti
che è molto simile a quello – sebbene regolato in modo diverso – che si ha da una
parte in Germania e, in misura diversa, in Francia.
D. – Parliamo della raccomandazione
sui cittadini: tornino a scegliere chi li rappresenta. E’ chiaro il messaggio …
R.
– E’ la parte relativa alla legge elettorale. Certamente, i quattro possibili modelli
di legge elettorale restituiscono ai cittadini la scelta dei rappresentanti, che è
un dato fondamentale. Del resto, su questo c’è anche una pronuncia della Corte Costituzionale:
abolito il preferenziale, non essendo l’attuale legge, il Porcellum, una legge uninominale,
praticamente non c’è scelta del rappresentante. Il rappresentante è scelto sulla base
dell’ordine che stabiliscono i vari partiti nel formulare le liste e questo è contrario
al principio costituzionale elementare. Credo che l’incostituzionalità di questo punto
sia stata sottolineata anche dalla Corte Costituzionale. Quindi si restituisce questo
potere all’elettore.
D. – A questo punto, il lavoro dei saggi è fatto, è a
disposizione di Parlamento e Governo. Quali tempi ipotizzare per avere riforme concrete?
R.
– Siccome in quel modello ci sono dei passaggi fondamentali che riguardano il rafforzamento
dell’esecutivo, o comunque la regolazione del rapporto tra Governo e Parlamento -
cosa che manca nella nostra Costituzione - l’iter che secondo l’articolo 138 deve
fare eventualmente questo progetto di riforma costituzionale richiede almeno un anno
e mezzo. Ma tutto questo dipende dalla durata del Governo. Devo dire che il punto
di partenza è stato rapido, perché la relazione dei Saggi è stata anticipata di un
mese, adesso va alla Camera e la Camera, che a questo punto ha già un indirizzo, deve
fare delle scelte e trarne dei progetti di legge. Tutto dipende dal tempo in cui la
Camera formula il progetto di legge su cui lavorare. Io mi auguro che si faccia nei
tempi, perché questa riforma è assolutamente necessaria.