2013-09-18 14:54:18

Comune Bologna censura parole “madre“ e “padre“. Belletti: attacco a famiglia e identità persone


Polemiche accese per il provvedimento annunciato dall’assessore alla Scuola di Bologna, Marilena Pilati del Pd di voler sostituire nella dicitura per l’iscrizione ai servizi educativi le parole “madre” e “padre” con quelle di “genitore richiedente” o “altro genitore”, dopo la proposta avanzata dall’esponente del partito Sel, Cathy La Torre, di introdurre le espressione “genitore 1” e “genitore 2”. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni familiari:RealAudioMP3

D. – Prof. Belletti, c’è incredulità e inquietudine da parte di molti, di fronte a questo annuncio. Che cosa sta accadendo? Perché si vuole occultare il valore della paternità e maternità?

R. – Ma, guardi, quando i pubblici poteri vogliono cambiare il valore delle parole, vuol dire che la democrazia è a rischio. Quando la parola “padre” e “madre” viene giudicata incomprensibile e la si vuole sostituire con “genitore A” e “genitore B” – è successo anche Venezia, non soltanto a Bologna – dobbiamo davvero preoccuparci. La soluzione “genitore richiedente” e “altro genitore” è meno drammatica, ma rimane comunque il grave segnale culturale. E’ in atto un attacco alla famiglia, all’identità stessa delle persone che deve far preoccupare. Tra l’altro, una montagna di tempo buttato via di fronte a problemi ben più ampi!

D. – Qualcuno ha commentato che dietro a questo provvedimento ci sia il desiderio di ‘contentare’ gli omosessuali, visto che l’Arcigay ha invitato gli altri Comuni a seguire l’esempio di Bologna. Ma è questa la strada per lottare contro le discriminazioni verso gli omosessuali?

R. – Il tema della tolleranza, dell’accoglienza, del rispetto verso le persone omosessuali è una battaglia di civiltà sacrosanta, ma questo è l’obiettivo apparente. Di fatto, qui si mette in discussione l’idea stessa di famiglia naturale, l’idea stessa di identità sessuale come dato biologico, come dato fondativo dell’umano; e invece, l’esperienza di tutte le società, in tutta la storia, anche dal punto di vista laico, è che l’umano si costruisce proprio dalla differenza sessuale e dal riconoscimento del maschile e del femminile come diversi. E questo ha costruito tantissimo in letteratura, cultura, politica, diritto. Oggi, questa ideologia del gender sta veramente scardinando – con battaglie di élite – i fondamenti del sociale. Anche il dibattito alla Camera sulla legge sull’omofobia è un ulteriore esempio in cui l’obiettivo buono del proteggere dalle discriminazioni diventa un attacco diretto alla famiglia naturale, alla stessa nostra Costituzione. Quindi, la situazione culturale del Paese sta diventando grave, su questo tema. Tra l’altro, sono tutti interventi a costo zero, che non impegnano, che non rispondono ai bisogni reali delle famiglie italiane ma che fanno vincere un’ideologia.

D. – Ecco: lei ha usato l’espressione “sono battaglie di élite”: infatti, non c’è nessuna prova certificata che questa sia la volontà popolare …

R. – No! Tra l’altro, secondo me, è un’operazione che danneggia anche i reali diritti delle persone omosessuali, perché è rivendicare un riconoscimento formale con strumenti sbagliati. Qui si tratta, invece, di recuperare il dato di naturalità e anche il senso comune del nostro Paese. Io credo che sia molto ideologico dire che non si possa usare la parola “padre” e “madre”, che appartiene all’esperienza elementare di ciascuno di noi.

D. – Ma, a questo punto, però, i cittadini dovrebbero far sentire maggiormente la loro voce …

R. – Io credo che siamo chiamati, a questo punto, a farci sentire e a contestare, probabilmente anche eventualmente l’impostazione di questi moduli, se e quando potranno essere adottati, e soprattutto a farci sentire ed abbiamo tante possibilità: mandare delle mail, fare telefonate di protesta, scrivere lettere ai giornali … Forse è tempo che il popolo delle famiglie si faccia sentire nuovamente a chi fa comunicazione, a chi fa politica, agli amministratori … Il rischio è che gli amministratori, chiusi nelle loro stanze, non vedano più dove sta il Paese reale.







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