2013-09-17 15:10:32

Strage a Washington: si riapre il dibattito sulla vendita delle armi


Negli Stati Uniti ancora una strage dovuta al possesso di armi da parte di privati cittadini. Un killer ieri è entrato sparando nel Navy Yard, un quartier generale della Marina americana a Washington, uccidendo 12 persone e ferendone una decina. Al vaglio delle indagini i motivi che hanno spinto l’uomo, a sua volta ucciso dalla polizia, a commettere il folle gesto. Si tratta di un contrattista afroamericano del Texas, che aveva lavorato nella Marina Militare dal 2007 al 2011, di cui era rimasto consulente informatico. Il massacro riapre drammaticamente il dibattito sul controllo delle armi negli Stati Uniti, che già il presidente Obama aveva cercato di limitare con una legge rimasta bloccata in Parlamento. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Fernando Fasce, docente di Storia americana all’Università di Genova:RealAudioMP3

R. - Questa è una delle principali contraddizioni di un grande Paese come gli Stati Uniti: una liberaldemocrazia con grande tradizione, che si porta dietro però questa macchia molto pesante, che è la diffusione delle armi, che è la convinzione diffusa - da alcuni settori economici, politici e culturali del Paese - che continua ad esserci sull’assoluto diritto e, per certi versi, bisogno di portare delle armi. Il che vuol dire, poi, spesso drammaticamente, usarle.

D. - Più motivazioni economiche o politiche dietro questa situazione?

R. - Io direi che ci sono equamente distribuiti interessi economici, la produzione di armi; ci sono interessi politici, ci sono segmenti della destra che alimentano l’attenzione e l’interesse delle armi; e poi ci sono interessi culturali, in qualche modo legati a quelli politici: strati cioè della popolazione che sono fortemente legati al principio della caccia, al principio del fatto di avere diritto ad usare le proprie armi come autodifesa del cittadino. Quindi è un intreccio di questi tre elementi.

D. - Secondo lei, il presidente Obama riuscirà a ritornare sull’argomento e in qualche modo a modificare la norma che prevede, appunto, il libero utilizzo delle armi?

R. - E’ difficile a dirsi, perché - come sappiamo - il presidente Obama è in tutt’altre faccende affaccendato, prima di tutto in questioni internazionali. Quindi non sarà facile. Credo però che sia un passaggio assolutamente necessario, perché anche il fatto che questa vicenda sia scoppiata in una base della Marina dice che c’è un ethos, che c’è un modo di intendere le cose - che sta fra il civile e il militare - che va riformato gli Stati Uniti e probabilmente non solo là.







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