Oggi all'Onu il rapporto sulle armi chimiche siriane
E’ il giorno del rapporto Onu sull’utilizzo di armi chimiche in Siria. Gli ispettori
del Palazzo di Vetro consegneranno, infatti, in giornata il loro resoconto al Consiglio
di Sicurezza. L’Organo delle Nazioni Unite, dopo mille divisioni, sembra ricompattarsi
intorno al piano siglato da Russia e Stati Uniti. E intanto Damasco si dice pronta
ad applicare le direttive delle Nazioni unite e plaude all'accordo Usa-Russia come
ad una propria vittoria, mentre Mosca - secondo i media russi - è pronta a partecipare
alle spese per lo smantellamento dell'arsenale chimico ma non nel proprio territorio.
Come definire questa identità di vedute in sede Onu? Salvatore Sabatino lo
ha chiesto a Luigi Bonanate, docente di Relazioni Internazionali presso l’Università
di Torino:
R. - Si tratta
di un’identità ritrovata al più basso dei livelli possibili. Oggi stare a discutere
ancora di quale sia lo status dei gas in Siria, è una situazione grottesca! Credo
che si configuri, in questo modo, una straordinaria vittoria diplomatica della Russia
di fronte ad un’assoluta incapacità statunitense di gestire questa vicenda.
D.
- C’è chi sostiene che dietro questa unione ci siano grossi interessi delle potenze
rappresentate in Consiglio di sicurezza. E’ davvero così?
R. - Le grandi potenze,
posto che esistano ancora - io ho la sensazione che non esistano più! - hanno sempre
naturalmente delle preferenze, degli interessi; si tratta in certi casi tra l’altro
- non dimentichiamolo - di vendere armi o vendere consulenze: quindi tutto questo
è vero, ma non c’è nulla di diverso da questo punto di vista. Abbiamo concentrato
tutto sulla questione dei gas, dimenticandoci che in Siria si continua a combattere
e a morire!
D. - Il Consiglio di sicurezza Onu ha rischiato, a causa degli
annunciati veti incrociati, così come in altri casi, di essere bypassato da un intervento
internazionale in Siria guidato da Washington. Si può dire che, con questo accordo
tra Stati Uniti e Russia, è stata salvata la reputazione diplomatica di questo organo?
R.
- No! L’Onu ha funzionato questa volta nel senso che l’accordo è stato trovato, rinunciando
però a quello che la maggior parte dell’opinione politica occidentale riteneva fosse
una cosa necessaria da fare e cioè l’intervento; vuoi per disarmare Assad, vuoi per
far finire la guerra. Comunque l’Onu se l’è scampata, ma solo perché in fondo non
servirà granché, perché poi non dimentichiamo che stiamo aspettando una lista di gas
posseduti, non una soluzione del problema.
D. - Tante volte l’Onu, anche ultimamente,
è rimasto incagliato nel Consiglio di sicurezza, che poi è specchio di un equilibrio
diplomatico frutto della II Guerra Mondiale e non più attuale. Non sarebbe il caso,
dopo tutte queste difficoltà che si sono ripetute negli ultimi anni, di pensare ad
una reale riforma delle Nazioni Unite?
R. - E’ naturale. Ma di riforma delle
Nazioni Unite, in realtà, se ne parla dal giorno dopo della sua costituzione. Non
possiamo dimenticare che così com’è nata, l’Onu è ciò che gli Stati vogliono che essa
sia. Chi parla all’Onu sono sempre e solo dei rappresentanti diplomatici formali degli
Stati. E’ evidente che - e dunque le cose che abbiamo detto fino a un attimo fa -
si riverberano nell’Assemblea o nel Consiglio di sicurezza nel senso che lì non può
succedere nulla che non sia ciò che gli Stati più potenti, come dicevano, abbiano
già voluto. Il problema non è la riforma dell’Onu, il problema è la riforma dei membri
dell’Onu!