I vescovi del Kenya: l’aborto provoca nelle donne profonde sofferenze fisiche e
psicologiche
L’aborto non è una panacea per “la salute, la felicità e la prosperità della donna”.
Anzi: l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) provoca nelle donne “profonde
sofferenze fisiche, psicologiche e spirituali”. È quanto scrive la Conferenza episcopale
del Kenya (Kccb) in una nota diffusa in questi giorni, in seguito alla pubblicazione
di un rapporto, a cura del Ministero nazionale della Salute e del Centro di ricerca
sanitario, sulle conseguenze dell’aborto non sicuro nel Paese. Secondo tale rapporto,
nel 2012 in Kenya sono stati praticati 465 mila aborti, il che significa che la nazione
ha il tasso di Ivg più alto nella regione africana. Inoltre, circa la metà delle pazienti
che ha richiesto cure mediche dopo un aborto non sicuro risultava essere minore di
25 anni, con un 17% di ragazze tra i 10 ed i 19 anni. Statistiche discutibili, ribattono
al contrario i vescovi di Nairobi, che mirano “deliberatamente a spaventare i cittadini
al solo scopo di introdurre la legalizzazione dell’Ivg nella Costituzione del Paese”.
Quindi, i presuli denunciano “ogni forma di pratica abortiva” e ribadiscono che “la
vita è sacra dal momento in cui viene concepita e fino alla morte naturale”. “Strappare
via un’esistenza umana, nata o ancora non nata – scrive ancora la Kccb - è sempre
un crimine”, perché “essa è un dono di Dio che garantisce il futuro dell’umanità”.
Di qui, l’appello della Chiesa di Nairobi ai medici affinché “non prescrivano mai
l’aborto come una soluzione ai problemi economici, sociali e familiari; al contrario,
i dottori devono sempre dire ai pazienti la verità, ovvero che l’aborto uccide un
bambino innocente, distrugge l’essenza della maternità, acceca la coscienza dei padri
e devasta la famiglia”. In questo senso, continua la nota, “ogni tentativo di legalizzare
l’Ivg uccide la coscienza dell’intera nazione”. Esortando, poi, i genitori ad insegnare
ai propri figli “la verità fondamentale della vita umana”, i vescovi del Kenya puntano
il dito contro coloro che chiedono più fondi per l’aborto e le cure post-aborto, sottolineando
che, al contrario, “la promozione e la tutela di una buona etica nella società eliminerebbe
la necessità di ricorre allIivg in prima istanza”. Un ulteriore appello viene rivolto
al governo, affinché “tuteli la dignità di ogni vita, inclusa quella dei bambini non
ancora nati, nello spirito del diritto di ciascuno a vivere”. Infine, tutti i cittadini
vengono incoraggiati a “proteggere sempre la vita e la dignità umana, resistendo ad
ogni tentativo di promuovere uno sviluppo prettamente materialistico, a scapito di
uno sviluppo umano integrale e duraturo”. (I.P.)