Beatificato p. Brochero, il prete gaucho. Il Papa: Gesù vuole gente che esca in strada
a portare l’amore di Dio
Padre José Gabriel Brochero, conosciuto come il Cura Brochero, è stato un pioniere
nell’uscire verso “le periferie geografiche e esistenziali per portare a tutti l’amore,
la misericordia di Dio”. Lo scrive Papa Francesco nella Lettera per la Beatificazione,
sabato scorso in Argentina, del sacerdote chiamato anche "prete gaucho" e vissuto
tra la metà dell’Ottocento e i primi del Novecento. La missiva è indirizzata all’arcivescovo
di Santa Fe e presidente della Conferenza episcopale argentina, mons. José Maria Arancedo.
Il servizio di Debora Donnini:
In sella alla
sua mula “malacara”, il Cura Brochero percorse i cammini desolati dei 200 chilometri
quadrati della sua parrocchia, per cercare, casa per casa, i bisnonni e gli avi degli
argentini di oggi, “chiedere loro se avevano bisogno di qualcosa e invitarli a fare
gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola”. Così Papa Francesco tratteggia
la figura di padre José Gabriel Brochero, un pastore con l’odore delle pecore, “che
si fece povero fra i poveri”, che fu come una “carezza di Dio” per il nostro popolo.
“Non è rimasto nella sacrestia a pettinare le pecore”, scrive il Papa. Girava con
la Parola di Dio e quando lo invitavano a bere del mate e chiacchieravano, Brochero
parlava in un modo in cui tutti lo capivano perché quello che diceva sgorgava dall’amore
che aveva per Gesù.
Al centro della sua azione pastorale c’era la preghiera.
Quando arrivò nella sua parrocchia, cominciò a portare le persone a Cordoba per fare
gli esercizi spirituali con i gesuiti. Papa Francesco ricorda quanto lavoro occorse
per fare la Casa di esercizi spirituali nella sede parrocchiale, ricorda la preghiera,
lì, davanti al Crocifisso, e come tutto culminasse con la confessione con un sacerdote
pieno di misericordia: “moltissima misericordia”, sottolinea. “Guai che il diavolo
mi rubi un’anima”, lo faceva esclamare il suo zelo missionario e questo coraggio che
scaturiva dal suo cuore compassionevole come quello di Gesù lo mosse a conquistare
per Dio anche malviventi e persone difficili. Migliaia di uomini e donne grazie a
lui lasciarono il vizio e le lotte. Tutti ricevevano i sacramenti durante gli esercizi
spirituali e con quelli “la luce della fede per essere buoni figli di Dio, buoni fratelli,
buoni padri e madri di famiglia”, nella grande comunità aiutandosi l’un l’altro.
Il
discorso di Papa Francesco punta, poi, sull’attualità pastorale del Cura Brochero
che è quella di essere stato un pioniere nell’uscire verso le periferie geografiche
e esistenziali per portare a tutti l’amore di Dio. “Non rimase - sottolinea il Pontefice
– nell’ufficio parrocchiale”, ma si spese sulla sua mula e terminò la sua vita malato
di lebbra a forza di cercare la gente come un sacerdote che percorre le strade per
la fede. “Questo – dice il Papa – è quello che Gesù vuole oggi, discepoli missionari”,
gente che va per strada per la fede! E Papa Francesco sottolinea che Brochero era
un uomo “normale, fragile”, come ciascuno di noi ma che si lascio lavorare il cuore
dalla misericordia di Dio. Ha saputo uscire dalla caverna “dell’egoismo meschino che
tutti abbiamo” e ha superato con l’aiuto di Dio quelle forze interiori delle quali
il demonio si serve per “incatenarci” alla comodità, a cercare di divertirci in ogni
momento, a scansare il lavoro. Brochero fu fedele fino alla fine: continuò a pregare
e celebrare la Messa anche quando fu cieco e lebbroso. “Lasciamo che il Cura Brochero
entri oggi, con la mula e tutto, nella casa del nostro cuore” per portarci all’incontro
con Gesù che - dice il Papa - “ci libera dai legami per uscire in strada a cercare
il fratello, a toccare la carne di Cristo in chi soffre e ha bisogno dell’amore di
Dio”. E il Papa fa notare che solo così si può gustare l’allegria del Cura Brochero,
un “anticipo della felicità che gode ora come beato nel cielo”.
E' stato
il cardinale Angelo Amato, prefetto delle Cause dei Santi, a presiedere il rito, in
rappresentanza del Pontefice, nella città che porta adesso il nome del nuovo Beato,
Villa Cura Brochero, nella provincia di Cordoba. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La santità dei
semplici, quella che dopo la morte ti porta all’onore non cercato, quello degli altari,
perché hai ricercato nella vita il servizio del massimo onore: fare il bene nel nome
di Gesù. È quello che si potrebbe dire di padre José Gabriel Brochero, “el cura gaucho”,
il sacerdote gaucho, come veniva familiarmente chiamato da coloro che lo vedevano
arrivare a cavallo a svolgere il suo ministero di sacerdote e soprattutto di uomo
di Dio con un grande cuore per chi viveva nella miseria o nella sofferenza fisica.
Un amore generoso e gratuito, come ricorda il cardinale Angelo Amato:
“Era
un sacerdote totalmente dedito al bene e alla santificazione dei fedeli, soprattutto
dei più bisognosi. Pur avendo concluso l'università di Córdoba con il titolo di Maestro
in Filosofia, il suo linguaggio era semplice, non ricercato, detto con parole ed espressioni
locali, appartenenti al lessico popolare e facilmente comprensibili
da tutti. La sua predicazione toccava i cuori, convertendo anche i peccatori più incalliti”. Nel
1867, Cordoba viene infestata dal colera. Padre Brochero è sulla prima linea, la più
pericolosa, quella che chiede di inginocchiarsi accanto a malati e moribondi. Due
anni dopo, viene nominato parroco a Villa del Tránsito, città che oggi porta il suo
nome. Il cavallo del prete gaucho arriva ovunque vi sia qualcuno che abbia bisogno
di aiuto, per l’anima e il corpo. Con le sue mani e con l’aiuto della sua gente costruisce
chiese, cappelle, scuole, apre strade attraverso le montagne, promuovendo il progresso
della regione. Ma soprattutto promuove la fede, trasmettendola con lo stile di Sant’Ignazio
di Loyola:
“Lo stile dell'evangelizzazione brocheriana è caratterizzato
dagli Esercizi Spirituali, bagno dell'anima, scuola delle virtù
e morte dei vizi. Brochero era convinto dell'efficacia degli esercizi spirituali per
comunicare la luce della verità di Dio alle intelligenze e per far trionfare la grazia
nei cuori più ribelli. Una parola speciale il Brochero la rivolge ai suoi fratelli
nel sacerdozio, ai quali ricorda tre impegni: essere perseveranti nel ministero della
Sacra Dottrina, dispensando con generosità la parola di Dio; non stancarsi mai di
essere misericordiosi, pregando, celebrando, adorando e perdonando; esercitare in
letizia il ministero sacerdotale: è nella gioia che fiorisce la carità e la santità".
In
vecchiaia arriva la grande prova. Padre Brochero si ammala di lebbra e per il resto
dei suoi anni – morirà nel 1914 – il prete gaucho non più in sella condividerà in
tutto la vita delle persone colpite dal terribile morbo, che lo priverà dell’udito
e della vista. Ma non del suo dinamismo di carità, che gli fa dire in ultimo: “Ora
ho tutto pronto per il viaggio”.