2013-09-13 16:44:10

Siria. Rapporto Onu: il regime spara sugli ospedali


La Commissione di inchiesta Onu sulla Siria accusa il regime siriano di usare le strutture mediche a fini militari con attacchi deliberati contro ospedali, personale e trasporti medici, il diniego di accesso alle cure ed il maltrattamento dei malati e feriti. Intanto, a Ginevra si è aperto un piccolo spiraglio per un negoziato di pace sulla Siria. Il servizio è di Paolo Ondarza:RealAudioMP3

Il regime di Damasco spara sugli ospedali. La denuncia arriva dalla Commissione di inchiesta delle Nazioni Unite secondo cui gli uomini di Assad starebbero usando strutture mediche a fini militari, negando l’accesso alle cure a chi si trova nelle zone controllate dall’opposizione e maltrattando anche malati e feriti. Inoltre secondo l’opposizione il regime starebbe trasferendo parte del suo arsenale chimico verso il Libano e l'Iraq, in modo da sottrarlo al controllo della comunità internazionale. Sul piano diplomatico intanto sembra aprirsi una speranza. Il segretario di Stato Usa Kerry ha definito costruttivi i colloqui a Ginevra sulle armi chimiche con il ministro degli Esteri russo, Lavrov e con l'inviato di Onu e Lega araba, Brahimi. Ha poi anticipato che incontrerà di nuovo Lavrov il 28 settembre a New York. Si spera che in quella data possa essere annunciata la data della Conferenza 'Ginevra 2', a lungo rimandata.

Per fare il punto sulla situazione, Roberta Barbi ha contattato il prof. Paolo Branca, docente di Storia dei Paesi arabi e dell’Islam all’Università Cattolica di Milano:RealAudioMP3

R. – Possiamo essere soddisfatti: c’è stato un raffreddamento dei “venti di guerra”, come si augurava il Papa e si auguravano tutte le persone che amano la pace. La lezione che viene da questo pasticcio è che la politica, anche a livello internazionale, sta perdendo la sua credibilità.

D. – Sul controllo dell’arsenale chimico, Assad ha posto le sue condizioni e secondo la stampa americana starebbe già da tempo disseminando le armi per il Paese per renderne più complicato il reperimento…

R. – Questo è possibile, però è una questione di sottigliezze. Adesso si parla di armi chimiche come si parlava di armi di distruzione di massa in Iraq, ma in realtà quando il regime sparava sui manifestanti pacifici, disarmati, non penso fosse meno grave.

D. – Dall’altro lato, i ribelli definiscono la decisione di Assad “un chiaro tentativo per sfuggire all’azione internazionale e alle responsabilità davanti al popolo siriano”…

R. – Non mi aspettavo un discorso diverso. Hanno probabilmente anche ragione, ma anche tutte le loro milizie disseminate sul Paese contribuiscono ad aumentare la confusione. La situazione è tale sul terreno, in Siria, per cui chi interviene e bombarda non sa chi va a colpire, non sa neanche chi va ad appoggiare. Non era così all’inizio.

D. – Per lunedì prossimo, è atteso il rapporto degli ispettori Onu sul presunto attacco chimico del 21 agosto. Servirà a chiarire cosa è realmente accaduto?

R. – Temo di no, perché so che circolano relazioni diverse. Addirittura, alcuni ribelli hanno ammesso che avevano usato loro per sbaglio le armi chimiche. In effetti, non si capisce perché il governo avrebbe dovuto usarle, visto che in certe zone ha già una superiorità aerea e militare molto netta. È un gran pasticcio, dal quale paradossalmente sembrano uscire puliti personaggi che forse non se lo meritano.

D. – Washington oggi ha fatto sapere che le parole del regime siriano “non sono sufficienti a scongiurare un attacco”. Allora, si può parlare davvero di possibile sblocco della situazione?

R. – Penso che comunque Washington non possa fare marcia indietro in modo totale anche per non perdere la faccia: smantellare un arsenale chimico non è una cosa di pochi giorni, però anche l’elemento sorpresa nell’azione militare è ormai perso totalmente. L’opzione militare per adesso mi sembra archiviata. Non è detto che poi la crisi non si riacutizzi in qualche altra forma e non si tiri fuori di nuovo questa opzione che tra l’altro – come ha detto il Papa – serve molto anche al mercato delle armi da una parte, poi serve probabilmente a Israele a capire cosa può succedere se si tocca un “amico” di Teheran e come reagiranno gli Hezbollah. Tutte queste cose hanno il loro peso.







All the contents on this site are copyrighted ©.