Sei mesi con Papa Francesco. Gianni Valente: sta portando al mondo la tenerezza
di Dio
Sono passati sei mesi dall’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio alla Cattedra
di Pietro, avvenuta il 13 marzo scorso. Un periodo breve eppure intensissimo tanto
che, per sentire comune, sembra che Papa Francesco sia con noi da un tempo molto più
lungo e sia ormai una figura familiare. E’ questa un’opinione condivisa anche da Gianni
Valente, collega dell’agenzia “Fides” legato a Jorge Mario Bergoglio da una lunga
amicizia. Alessandro Gisotti lo ha intervistato:
R. - La cosa
che balza agli occhi è che in questi sei mesi sentiamo Papa Francesco quasi come uno
di casa; è diventato familiare per tanti di noi, per milioni di persone in questo
breve periodo. Io penso che, al di là dei momenti eclatanti, importanti - anche pubblici
- che scandiscono giorno per giorno questo Pontificato, l’asse di tutto, la sorgente
di tutto siano le omelie di Santa Marta. Il punto di incontro tra questo Pastore e
la moltitudine dei fedeli, anche di chi non crede, è proprio l’orizzonte della quotidianità,
questo flusso continuo di vita e di stupore che, in qualche modo, ha la sua immagine
più nitida nell’avere la possibilità giorno per giorno di ascoltare la sua parola,
quella di un pastore che legge il Vangelo e lo commenta per tutti.
D. - Tu
hai utilizzato anche una formula particolare riguardo a questo, un Magistero day
by day, proprio per descrivere questa dimensione del "flusso continuo" della Parola
di Dio che viene spezzata ogni giorno dal vescovo di Roma per tutto il mondo …
R.
- Sì, è proprio questa sua immanenza ai doni che il Signore gli fa, la percezione
dell’essere sostenuto dalla Misericordia di Dio, che - secondo me - rende lucidi,
lungimiranti e realisti nel guardare le cose che accadono, agli avvenimenti; pensiamo
a quello che è successo con i suoi interventi sulla guerra in Siria, all’evento -
secondo me incredibile - della Veglia di sabato scorso, una giornata così intensa
di preghiera in cui era evidente che l’azione più realista che può fare l’uomo davanti
ad una situazione simile è quella di pregare.
D. - C’è un’immagine, tra le
tante, che vuoi ricordare che ti ha particolarmente colpito in questi mesi e che ti
sembra racchiudere, in qualche modo, anche il significato più profondo del suo servizio
come Vescovo di Roma, il modo in cui lo sta sviluppando ogni giorno ...
R.
- Mi ricordo una delle prime udienze, dove abbracciava i genitori dei ragazzi disabili.
Era una giornata in cui pioveva. C’era proprio l’immagine di una madre che, guardando
il Papa che guardava il figlio, piangeva. Questa immagine mi ha toccato perché ho
avuto presente in quel momento la percezione che chiunque abbia in famiglia situazioni
di difficoltà, vedendo quell’immagine, si sia sentito confortato. Il Papa, abbracciando
e baciando quel bambino, ha abbracciato tutti i bambini che hanno difficoltà e tutte
le famiglie che vivono queste situazioni.
D. - Tu conosci il pastore Jorge
Mario Bergoglio da molti anni. Cosa ti colpisce nell’uomo in questo passaggio tra
prima e dopo il 13 marzo scorso?
R. - Sicuramente lo sguardo che ha sulle cose
è rimasto lo stesso. Però, come ha detto anche il mio amico "padre Pepe", l’ho trovato
ringiovanito. Questo sicuramente è evidente, c’è in lui un’energia, una forza che
è proprio quella che fa parte dello stupore che provoca in tutti noi. Ed è evidente
soprattutto che questa energia non è frutto di uno sforzo o di un entusiasmo per il
ruolo che ha ricevuto, ma è quasi il frutto che sgorga da una pace, dalla pace del
cuore. Questa è la cosa che comunica subito. È proprio evidente che il suo cuore è
abbracciato ed è portato in braccio dalla tenerezza di Gesù, e lui al mondo non vuole
dire altro che questo.