Conferenza a Cracovia, mons. Paglia: riportare la famiglia al centro della politica
e dell'economia
Si è aperta a Cracovia, in Polonia, la 13.ma Conferenza internazionale sul ruolo della
Chiesa cattolica nel processo d’integrazione europea. Il tema dell’incontro di quest’anno
è “La famiglia nell’Europa contemporanea”. L’evento è organizzato dalla Pontificia
Università Giovanni Paolo II di Cracovia, in collaborazione, tra gli altri, con la
Commissione degli episcopati europei (Comece). Nel suo intervento, il cardinale arcivescovo
di Cracovia, Stanislaw Dziwisz, ha sottolineato i rischi che derivano dalla promozione
del matrimonio tra persone dello stesso sesso e dalla teoria del gender. Il presidente
della Repubblica polacca, Bronislaw Komorowski, ha sottolineato che è necessario aiutare
le famiglie ma anche i genitori “single” che vivono da soli con i figli, perché questa
è una situazione sempre più frequente. Da parte sua, mons. Celestino Migliore, nunzio
apostolico in Polonia, ha detto che è necessario sostenere le famiglie in ogni contesto
politico e sociale. Ai partecipanti ha inviato un messaggio mons. Vincenzo Paglia,
presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Isabella Piro lo ha intervistato:
R. - Certamente
in Europa, ma sicuramente anche nelle altre parti del mondo, noi ci troviamo di fronte,
per un verso, ad un desiderio diffuso di famiglia; dall’altro, noi abbiamo una sorta
di cultura destabilizzante, cioè una sorta di “picconatura” della famiglia, come se
quel desiderio profondo di famiglia che – faccio un solo esempio – nella laica Francia
raccoglie almeno il 78 per cento dei giovani in età da matrimonio, venisse per così
dire stroncato dal clima gelido di una cultura che non respira più con una dimensione
ampia. Comunque, io vorrei sottolineare un dato di fatto e cioè che ancora oggi la
gran parte delle famiglie resiste alla sfida della storia. Se nei nostri Paesi non
ci fossero queste famiglie che, talora in maniera eroica vivono, ma dove andrebbero
gli anziani? Dove starebbero i giovani che non hanno lavoro o che lo hanno perso?
E dove andrebbero i tanti divorziati che non sanno dove andare? In Italia li vediamo
spesso tra i senza-tetto. Ecco perché io vorrei che apparisse chiaro questo orizzonte
paradossale, con una grande speranza: che la famiglia davvero ancora resiste ed è
indispensabile riportarla al centro della politica, dell’economia, della cultura e
della pastorale.
D. - Tra i focus su cui si sofferma la conferenza di Cracovia,
ce n’è anche uno dedicato alla “ideologia del genere”. A che punto è il dibattito
su questo fronte?
R. - Credo che il dibattito su questo fronte debba essere
portato avanti con decisione, anche in maniera scientifica, perché tante battaglie
che cercano di dimostrare che la cultura può fare a meno della natura non fanno cultura,
ma sono una sciocchezza. Basterebbe interrogare gli antropologi, i quali chiedono:
“Le centinaia di milioni di anni che la natura ha speso per creare l’uomo e la donna,
possiamo forse noi annullarle con un tratto di legislazione?”. Se noi poi guardiamo
al bisogno dei figli, capiamo che ciascuno ha bisogno di un papà e di una mamma. Che
tristezza la definizione “genitore A e genitore B”! Non è assolutamente vero quello
che tanti dicono, cioè che ormai il genere è indifferente. Credo che sia davvero responsabile,
anche da parte di chi non crede, riflettere ancora e ancora su questo tema, perché
oggi quello di cui abbiamo bisogno è il pensiero, che spesso manca.
D. - A
suo parere, l’Unione Europea come sta affrontando le politiche familiari e cosa occorre
per rilanciare tali politiche?
R. - Io credo che l’Europa stia affrontando
questo tema fiaccamente. C’è bisogno di uno scatto in avanti. Questa Europa che sta
invecchiando ha già deciso, così, di non avere futuro; questa Europa che non aiuta
la famiglia ha già deciso di chiudere con la generazione che stiamo vivendo. C’è bisogno
di audacia, quindi. Questo Vecchio Continente che ha guidato con grande sapienza la
cultura del mondo – penso, ad esempio, alla scrittura dei diritti umani e dei diritti
dei bambini – credo che oggi stia andando un po’ indietro, come una sorta di gambero,
non avendo più audacia e dimenticando la sostanza per soffermarsi, talora, attorno
a qualche singolo dettaglio.
D. - Nell’Enciclica Lumen Fidei il Papa sottolinea
l’importanza della famiglia anche nella trasmissione e nella maturazione della fede.
C’è sensibilità, su questo punto, nelle famiglie cristiane, secondo Lei?
R.
- Credo che anche questo debba essere rafforzato. Non a caso la famiglia deve tornare
ad essere al centro anche della pastorale della Chiesa. Noi un po’ più anziani ricordiamo
le nonne, i genitori che ci insegnavano la fede; oggi, troviamo bambini che vengono
a chiedere la Prima Comunione senza neppure saper fare il segno della Croce. E troviamo
genitori, giovani adulti “analfabeti” nella fede. Cosa trasmettono? Quello che non
hanno? Si trasmette la fede se le mamme danno “il latte dell’Ave Maria” ai loro figli,
ancor prima di andare in Chiesa.