2013-09-11 15:29:23

Il card. Ravasi: lettera del Papa a Scalfari "manifesto" del Cortile dei Gentili


La lettera di Papa Francesco si sofferma in particolare sull'importanza del dialogo tra credenti e non credenti. Un tema su cui è particolarmente impegnato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e promotore del "Cortile dei Gentili". Al microfono di Fabio Colagrande, il cardinale Ravasi confida i sentimenti cui i quali ha accolto questa lettera del Papa:RealAudioMP3

R. – Certamente, l’ho accolta con particolare soddisfazione, anche perché mi sembra che questo testo possa diventare, per certi versi, una sorta di manifesto del Cortile dei Gentili, per i contenuti ma anche per il metodo del dialogo stesso. C’è una frase emblematica, che abbiamo continuato a testimoniare anche attraverso gli incontri che sono stati fatti finora: “Il credente non è arrogante, ma umile”. E, soprattutto la presentazione della fede come luce e non come tenebra misteriosa, che permette poi l’accusa di oscurantismo. Penso che, in questa luce, la lettera del Papa sia anche il più alto patrocinio all’incontro del Cortile dei Gentili che il 25 di settembre faremo nel Tempio di Adriano a Roma, con il dialogo che condurrò proprio con Eugenio Scalfari.

D. -– Il Papa parte da una constatazione: “Il dialogo con i non credenti non è un accessorio secondario nella vita di chi crede, anzi”...

R. – E questa è forse proprio la dichiarazione più forte, per cui – come ho detto – è quasi una sorta di suggello che viene dato a questa istituzione del Cortile, che ormai è tale non solamente all’interno del nostro dicastero, ma anche – se si vuole – nell’ambito del dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo. Quindi, è anche un avallo solenne e ulteriore a quel punto di partenza che era stato dato da Benedetto XVI, il quale con intensità ha sempre sostenuto con particolare passione il Cortile. Ora, Benedetto XVI “idealmente” passa anche in questo caso il testimone a Papa Francesco che ha intuito e ha centrato lo spirito fondamentale del Cortile.

D. – Un’altra precisazione che il Papa fa in apertura di questa lettera, e sulla quale si sofferma, è che senza la Chiesa non avrebbe potuto incontrare Gesù.

R. – Secondo me, ci sono un po’ come due volti interessanti. Da una parte, il volto del credente, il quale afferma la sua identità in maniera chiara. È quello che noi abbiamo sempre voluto affermare: l’identità nel dialogo deve essere la più completa possibile, la più ricca. Quindi, direi che ci sono due elementi sui quali il Papa insiste molto: da un lato la figura di Cristo, che è centrale per il credente cristiano e dall’altra parte la comunità, la Chiesa, al cui interno Cristo è presente e il credente stesso è presente. La Chiesa è necessaria proprio per quel principio fondamentale, il cuore quasi del messaggio cristiano, che è l’Incarnazione. Per cui, la fede non è semplicemente un’adesione interiore, spirituale, mistica e soggettiva. Direi che questo è l’elemento fondamentale: Cristo e Chiesa nell’identità del cristiano che si presenta a dialogare con colui che vuole conoscere questo orizzonte.

D. – Infine, un’altra affermazione forte del Papa: “Per chi crede la verità non è assoluta ma è una relazione”...

R. – Bisogna ricordare che questa componente della verità è stata ininterrottamente riproposta tutte le volte che ho condotto e ho partecipato ai Cortili dei Gentili, perché è evidentemente uno snodo capitale. E soprattutto, come nel caso delle fede che è luce, anche in questo caso l’affermazione della verità assoluta qualche volta creava una difficoltà di partenza, perché la concezione di assoluto all’interno delle cultura contemporanea è problematica e, soprattutto per molti, ciò che non è assoluto è relativo. Quindi, la relatività è la dispersione totale. Invece, questo non essere assoluto – come spiega appunto Papa Francesco – è il significato vivente della verità. La verità di sua natura ci precede e ci eccede, e noi siamo pellegrini in essa. Quindi, abbiamo bisogno di una relazione con la verità che ci circonda. Per il credente, evidentemente, è il divino, è il trascendente. Per il non credente è proprio questo immenso orizzonte nel quale si cammina. Già Platone lo affermava quando diceva che la biga dell’anima, il cocchio dell’anima, corre nella pianura della verità, cioè la verità non è una realtà fredda come una pietra preziosa che tu metti in tasca. È invece una pianura immensa, un orizzonte – o per usare un’altra immagine di uno scrittore del secolo scorso – possiamo dire che la verità è un mare nel quale si entra e si naviga. Ecco, in questa luce credo che l’espressione verità non assoluta, ma personale, interpersonale, sia molto fruttuosa per il dialogo, senza per questo perdere in sé la dimensione di oggettività, di identità in sé stessa, tipica della verità.







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