2013-09-09 20:12:22

Svolta in Siria: si tratta per mettere le armi chimiche siriane sotto tutela internazionale


Forse ad una svolta la questione siriana: Damasco saluta con favore la proposta russa di mettere sotto tutela internazionale il suo arsenale chimico. Lo ha detto il ministro degli Esteri siriano citato dalla tv di stato. Ieri mattina il segretario di Stato Usa Kerry, aveva ipotizzato lo stop ai raid in cambio di una consegna delle armi, e in serata Washington si è detta comunque disposta al dialogo. Intanto, l'Italia riabraccia Domenico Quirico, l'inviato della Stampa rilasciato dopo cinque mesi di sequestro in Siria e ieri ricevuto dal premier Letta. Il servizio di Marina Calculli:RealAudioMP3

L’iniziativa è venuta dalla Russia, l’alleato numero uno del regime di Asad. Mosca ha chiesto a Damasco di porre le armi chimiche sotto tutela internazionale. Il ministro degli Esteri siriano, Walid al-Mouallem in visita diplomatica nella capitale russa, ha salutato con favore l'iniziativa che ha definito “fondata sulle preoccupazioni dei dirigenti russi per la sicurezza del nostro paese ". Un vero e proprio coup de theatre in una saga in cui l’incertezza ha fatto da filo conduttore. E dal governo americano è arrivata prontamente una reazione positiva: il segretario di Stato John Kerry ha infatti affermato che "Assad potrebbe evitare un attacco consegnando le sue armi chimiche alla comunità internazionale entro la settimana prossima". Secondo Ban Ki Moon si tratta di un possibile punto di svolta nella crisi”. Ma i giochi non sono del tutto fatti. La Casa Bianca ribadisce che “il presidente siriano è un dittatore brutale di cui non ci si può fidare”. A gettare acqua sul fuoco dell’incertezza, inoltre, oggi è arrivata anche una dichiarazione di Pierre Piccinin, liberato ieri assieme all’inviato della Stampa, Domenico Quirico dopo 5 mesi di detenzione nelle mani dei ribelli siriani. I due giornalisti hanno origliato una conversazione dei loro rapitori, da cui scaturirebbe che l’attacco chimico è stato organizzato dai ribelli per incastrare Asad e costringere la comunità internazionale a intervenire. Domenico Quirico però ha precisato che si tratta di una testimonianza e non di una prova.

Il giornalista Quirico appena rilasciato ha anche detto di sentirsi “tradito” dalla "rivoluzione siriana", che interesse e speranze aveva suscitato ai tempi della presa di Aleppo da parte dei ribelli e che poi è stata dirottata in parte dalle frange dell'estremismo islamico. Fausta Speranza ne ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di Storia e istituzioni del mondo islamico all'Università Cattolica di Milano: RealAudioMP3

R. – E’ una presenza – ahimé – in forte aumento ed è sempre più determinante per le sorti del conflitto. Rispetto ai cosiddetti "moderati" dell’Esercito libero della Siria, i gruppi jihadisti hanno sempre più peso. Sono raggruppati in vari movimenti, il più forte è il "Jabat al Nusra", l’altro è lo Stato islamico dell’Iraq del Levante. Lo dimostrano dati statunitensi, in base tra l’altro ai morti tra i mujaheddin, cioè i combattenti che combattono in jihad arabi non siriani. Ebbene, la maggior parte di questi è morta nelle file dei gruppi jihadisti. Questo ci dice che dall’estero arrivano sempre più combattenti che sono legati ad al Qaeda e ai movimenti jihadisti, che non vogliono l’abbattimento di un dittatore sanguinario come Assad per portare la cosiddetta "democrazia", ma semplicemente per abbattere un nemico dell’islam e creare uno Stato fanatizzato e vicino al terrorismo islamico.

D. – Chiaramente, l’argomento delle armi chimiche è un argomento drammatico, ma anche questo aspetto andrebbe discusso. Secondo lei, l’attesa del voto del Congresso statunitense sull’ipotesi di un attacco armato, è un’attesa che considera anche il dibattito intorno a questo aspetto?

R. – Sì, le armi chimiche sono un’arma orribile e i morti ci hanno impressionato. Ma ci devono impressionare tutti i morti. Le armi chimiche hanno fatto probabilmente lo 0,5% dei morti che ci sono stati in Siria in questi due anni. Detto questo, in ogni caso c’è una commissione Onu, degli ispettori Onu che stanno monitorando la situazione. Bisognerebbe perlomeno lasciar lavorare gli ispettori Onu e aspettare il loro responso, perché non è del tutto chiaro chi le abbia usate: non vi è ancora la certezza che le abbiano usate forze armate siriane per ordine del governo di Damasco.

D. – Che cosa dire di questo botta e risposta mediatico tra Mosca e Washington?

R. – Questo è preoccupante: ci mostra quanto la questione non sia tanto proteggere i cittadini siriani, il popolo siriano, ma quanto ci sia un gioco di potere. Obama vuole un attacco e certi settori vogliono un attacco soprattutto perché la Siria è un alleato-chiave dell’Iran. I Paesi arabi combattono in Siria perché combattono l’espansione o comunque questo ruolo geopolitico dell’Iran e dello sciismo: questa non ha nulla a che fare con la popolazione siriana. E tanto meno Putin se ne preoccupa perché il sostegno ad Assad è un sostegno quasi secondo i vecchi schemi di guerra-fredda: la Russia sostiene la Siria perché ne ha dei ritorni geopolitici molto forti, e perché ha un importante porto in Medio Oriente. Tutto questo inquadra il conflitto siriano in uno scontro regionale e internazionale e non più legato alla liberazione di un popolo da un dittatore.

Intanto sul terreno c’è l’allarme lanciato dalla zona vicina alla diga sull'Eufrate, nel nord della Siria, colpita da bombardamenti dell'aviazione siriana fedele a Assad. Secondo gli abitanti c’è il rischio di una devastante inondazione dell'intera provincia, da mesi sotto il controllo delle truppe ribelli.

Ultimo aggiornamento: 10 settembre







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