A Riccione mostra fotografica “ I bambini e la guerra” con gli scatti di Raffaele
Ciriello
Allestita a Riccione, in occasione del Premio Ilaria Alpi, la mostra fotografica “
I bambini e la guerra”. Si tratta degli scatti di Raffaele Ciriello, il fotoreporter
ucciso 11 anni fa da una raffica di proiettili a Ramallah. Elvira Ragosta ne
ha parlato con il curatore della mostra, Adolfo Morganti, dell’Associazione
"Identità Europea":
D. - Il sottotitolo
della mostra è “Cartoline dall’inferno”: perché avete scelto un’espressione così forte?
R.
– L’inferno, ovviamente, è l’inferno della guerra, del conflitto. E’ il titolo del
blog su cui Raffaele Ciriello, primo fra i fotografi di guerra italiani, cominciò
a postare – rendendoli gratuitamente disponibili a tutti – i suoi scatti nei vari
scenari, e lo abbiamo conservato anche in questa mostra.
D. – I bambini sono
in assoluto le vittime più deboli di tutte le guerre: quali sono i pericoli maggiori
che corrono durante e dopo un conflitto?
R. – Da questo punto di vista, i bambini
soffrono di una sorte a volte addirittura peggiore di quella che ha tratteggiato,
perché i bambini - in numerosi contesti - sono semplicemente arruolati in massa: gli
mettono un’arma in mano, li ubriacano, li drogano e li mandano avanti a farsi ammazzare.
Quindi, il bambino è vittima della guerra in prima persona: nelle sue relazioni familiari,
nel suo tessuto comunitario e, infine, nella sua possibilità di sviluppo. Tant’è che
la riabilitazione di questi bambini soldato nelle guerre africane è oggi un problema
drammatico che coinvolge decine di migliaia di minori. Le forme in cui l’inferno coinvolge
i bambini sono veramente molte.
D. – Dalla guerra in Somalia alla strage di
Srebrenica, fino al genocidio in Rwanda: in quali altre guerre Raffaele Ciriello ha
fotografo le piccole vittime?
R. – Aggiungiamoci anche l’Afghanistan e abbiamo
una mappa completa dei grandi conflitti e delle grandi ipocrisie della fine della
modernità. Ciriello ha avuto il fegato, ha avuto il coraggio e ha avuto il cuore di
non perdersene una… Ed essendo un freelance, essendo un medico che aveva scelto
di cambiare vita, di cambiare mestiere e di dedicarsi a questa forma di testimonianza,
l’ha fatto fino in fondo e con tutta la sincerità di chi sapeva quale fosse il senso
della sua missione e i rischi che questa missione potesse comportare. Di fatto, ci
ha perso la vita. Ci ha lasciato degli scatti che non sono solo delle foto, perché
sono testimonianze di una realtà rimossa.
D. – Sui minori vittime di guerra
non ci sono mai cifre attendibili: secondo lei, in questo particolare momento di crisi
siriana, come si può capire quanti siano i bambini in pericolo all’interno del Paese
e nei campi profughi?
R. – Lei ha toccato un punto cruciale che è l’attendibilità
delle fonti. Credo che questi grandi reporter di guerra – e tanti ne sono morti sul
terreno – avessero invece in mente l’idea che la verità esiste e esistendo la si possa
fotografare, la si possa trovare e se ne possa parlare. In concreto, la difficoltà
di definire quanti bambini, ma anche quante donne e quanti uomini, sono coinvolti,
sono stati uccisi o sono stati feriti durante un episodio bellico è enorme. Basti
pensare al caso siriano, dove le cifre si rincorrono, i balletti si fanno veramente
incomprensibili tra le esigenze di chi gonfia i dati delle vittime e chi invece li
assorbe…
D. – L’Associazione "Identità Europea" ha aderito all’appello di
Papa Francesco per la giornata di preghiera e di digiuno?
R. – Ovviamente sì.
Così come abbiamo prima aderito a tutte le altre iniziative che i Pontefici hanno
fatto per la pace in Terra Santa e per il disinnesco di tutti gli scenari di tensioni,
soprattutto interreligiosi: sto pensando alla questione dei Balcani. Il nostro lavoro
fin dall’inizio è stato questo. La nostra è una Associazione europeista cattolica.
E' stata ricevuta in udienza dal Santo Padre Benedetto XVI nel 2006, e da allora abbiamo
ricevuto questo lascito da parte del Santo Padre: “Continuate a lottare per la difesa
delle radici cristiane dell’Europa”.