Obama: ancora indecisione sull'intervento in Siria
Intanto l’attenzione internazionale resta puntata sulla Casa Bianca dove il presidente
Obama non ha ancora deciso sull’eventuale azione militare in Siria. Il servizioè di Eugenio Bonanata:
Attendere
o meno il rapporto degli ispettori Onu sull’attacco chimico avvenuto a fine agosto
a Damasco. Obama riflette su questo punto e si riserva di adottare tutte le opzioni
possibili. Ad affermarlo è il segretario di Stato Kerry precisando che sono almeno
una decina i paesi pronti ad intervenire. Mentre per la prossima settimana è atteso
il voto del congresso, ma non è ancora chiaro se il presidente lo considererà vincolante.
E da Parigi il capo di stato Francese Hollande poco fa ha affermato che il report
degli ispettori ONU arriverà con tutta probabilità alla fine della prossima settimana.
E poi il capo dell’Eliseo si ha in programma di rivolgersi alla nazione. Oggi lo ha
fatto anche Obama, spiegando agli americani i motivi dell’intervento militare. E in
giornata da Vilinius i ministri degli esteri dell’Ue hanno chiesto – in modo unanime
- una risposta forte e chiara all’uso di armi chimiche in siria, sebbene sotto l’egida
delle nazioni unite. Infine dal terreno arrivano notizie drammatiche che parlando
di almeno 10 mila i bambini uccisi dalle forze di assad dall’inizio del conflitto.
A denunciarlo la rete siriana dei diritti umani, ong con sede a Londra e vicino all’opposizione.
E
sulle divisioni e la situazione che hanno preso corpo dopo il G20 di San Pietroburgo
sentiamo Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali:
R. - Uno scenario
politico molto netto: la Russia non vuole assolutamente abdicare al proprio ruolo
di superpotenza globale e la presenza in Siria le consente di rimanere nel Mediterraneo
e per questa ragione – non tanto per la Siria, ma soprattutto per gli interessi russi
in tutta l’area – Mosca non potrà fare passi indietro.
D. – Queste posizioni
come si rifletteranno sul terreno? Chi ne trarrà più vantaggio: i ribelli o il regime
di Damasco?
R. – I ribelli sicuramente trarranno vantaggio da un’eventuale
operazione di supporto, fatta da una coalizione più o meno ancora da definire. D’altra
parte, Damasco – da quanto dichiarato da Putin – continuerà a ricevere armamenti convenzionali
per poter arginare e contenere l’offensiva dei gruppi che si oppongono al regime di
Damasco.
D. – In Libia i bombardamenti Nato consentirono alle milizie ribelli
di avere la meglio sulle truppe di Gheddafi: si spera di ottenere lo stesso risultato
contro le truppe lealiste di Assad?
R. – Prima di tutto c’era un mandato internazionale
profondamente diverso. Contestualmente la campagna aerea e missilistica in Libia tese
al rovesciamento di un regime: qua, in questa fase, si parla ancora di un ridefinire
gli scenari operativi sul terreno, ponendo in essere una serie di azioni che dovrebbero
diminuire la forza militare di Assad. Non si parla ancora di un’operazione militare
che, invece, dovrebbe rovesciarlo.
D. – Quindi, in realtà, non si vuole rovesciare
Assad, ma si vuole limitarlo per colpire anche l’Iran e Hezbollah…
R. – Questa
mi pare l’ipotesi – in questo momento – più forte, anche perché se gli americani parlano
di un’operazione estremamente limitata nel tempo di pochissimi giorni, è difficile
immaginare come il regime di Assad possa implodere.
D. – L’Europa sembra stare
in finestra a guardare; ma dobbiamo aspettarci che dopo l’intervento degli Usa, alcuni
si uniranno alla cosiddetta “coalizione di volenterosi”?
R. – E’ possibile,
ma è anche l’ennesima dimostrazione della pochezza politica dell’Europa. Di fronte
a scelte di politica internazionale molto forti, ogni nazione si muove in ordine sparso
secondo quello che è il proprio interesse. Siamo lontani, lontanissimi da un’Europa
politica!