Movimento dei Focolari in Medio Oriente e Nord Africa conferma impegno per la pace
Sta per concludersi la visita in Giordania della presidente del Movimento dei Focolari,
Maria Voce, e del copresidente, Giancarlo Faletti, per incontrare delegazioni del
Movimento del Medioriente e del Nord Africa. Ad Amman, sono arrivati membri delle
comunità di Turchia, Cipro, Libano, Iraq, Egitto, Algeria, Marocco, Tunisia e Terra
Santa, oltre che dalla stessa Giordania. Presenti anche alcuni siriani. Durante gli
incontri, si è parlato della situazione nei rispettivi Paesi, del rapporto tra le
diverse chiese cristiane e con le persone di altre religioni e poi ancora del futuro
delle loro famiglie e comunità, in un momento in cui tanti cercano di emigrare. In
particolare, cosa hanno raccontato le persone provenienti dalla Siria? Adriana
Masotti lo ha chiesto a Roberto Catalano, responsabile del Centro per il
dialogo interreligioso dei Focolari, in questo momento in Giordania:
R. – Dalla Siria,
chi è arrivato è arrivato o da Damasco o da zone molto vicine al confine. Chi si trova
ad Aleppo, infatti, non può uscire in questo momento: praticamente, Aleppo è circondata,
di fatto è sotto assedio per via della presenza dei ribelli. Bisogna dire che la situazione
è tragica e in generale in questo momento non si vede una via d’uscita a una situazione
che è ulteriormente aggravata dalla minaccia di questo attacco dall’esterno. A parte
quello che loro stanno vivendo – per esempio, il prezzo del pane ormai è a livelli
parossistici, e quindi veramente in alcune zone sono ridotti alla fame – sentono che
l’Occidente percepisce tutto il problema in un modo completamente diverso rispetto
a ciò che loro vivono, e questo di fatto li fa sentire abbandonati a se stessi. Loro
hanno scritto una lettera a Maria Voce e a tutti i presenti, che è stata letta all’inizio
dell’incontro, e in questa lettera dicono che nonostante tutto quello che sta succedendo,
continuano a vivere per la pace e per la fratellanza universale, nonostante che rischino
la vita momento dopo momento. Ovviamente, per loro incontrare membri di un Movimento
ecclesiale con il quale condividono una spiritualità è stato un momento per riuscire
a respirare nuovamente e a trovare la forza per tornare da dove sono venuti e continuare
questa vera Via Crucis.
D. – Vorrei capire meglio questo aspetto: la percezione
che l’Occidente non capisce o legge in maniera diversa ciò che sta succedendo: che
cosa vuol dire?
R. – Questa è una percezione che hanno un po’ tutti i Paesi
dell’area mediorientale. Si avverte una fortissima manipolazione dei media, vedendo
il mondo da questo punto. E’ la stessa percezione che si è avuta qui, di questo potenziale
attacco militare che potrà esserci, qui si è avuta l’impressione che ci siano delle
lobby della stampa e dei media che hanno esercitato una pressione molto forte nei
confronti di Stati Uniti e di altri Paesi europei, perché in effetti questo attacco
ci sia. Mentre invece sul posto le persone sono assolutamente, tutte, contrarie a
questo attacco.
D. – Incontrarsi tra le comunità dei diversi Paesi dell’area
mediorientale è stato importante. Sono nate anche iniziative di solidarietà, di comunione,
tra loro?
R. – Sì, per esempio, la Caritas giordana, dove il Movimento dei
Focolari è presente a livello del direttore, poi di molti degli impiegati e ancora
di più dei volontari, sta lavorando moltissimo con i rifugiati che arrivano dalla
Siria. Si calcola che in questo momento stiano assistendo circa 120 mila rifugiati.
Ed è un’opera capillare, perché non è a livello di campi profughi: è piuttosto una
ricerca che si fa palmo a palmo sul territorio per rintracciare queste persone che
sono arrivate in Giordania, che magari vivono in condizioni precarie, ma non nei campi
profughi.
D. – In Siria è cambiato il rapporto, lo stile di convivenza tra
cristiani e musulmani da quando è iniziato questo conflitto?
R. – A noi raccontavano
questo: che prima del conflitto vivevano nello stesso quartiere, andavano a scuola
insieme, erano vicini di casa che si scambiavano la vita quotidiana senza nessun problema.
La guerra ha messo in moto dei meccanismi per cui non c’è più la fiducia reciproca.
Alcuni hanno scoperto che i vicini di casa erano armati, ci sono stati atti di violenza
nei confronti di vicini di casa cristiani, ci sono stati atti di violenza anche tra
musulmani. Ecco: non c’è più quella fiducia reciproca, e mancando la fiducia non è
più possibile stabilire rapporti di vicinanza. E sottolineo: questo non è soltanto
tra cristiani e musulmani, ma anche all’interno della comunità musulmana sono stati
messi in moto meccanismi di questo tipo. Senz’altro è in atto – come ben sappiamo
– un grosso processo di evoluzione, di sviluppo all’interno dell’Islam, che non è
assolutamente indolore, e di questo fanno le spese anche i cristiani. D’altra parte,
le situazioni nei Paesi dell’area sono molto diverse, anche se poi possono essere
legate tra di loro. La gente, qui, ha l’impressione che ci sia una strategia globale
che cerca di destabilizzare la situazione del Vicino Oriente. Però, è molto difficile
– come tante volte siamo tentati di fare in Europa, e lo facciamo – tirare conclusioni
immediate. E’ un mondo che sta evolvendosi anche a costo di vite umane. L’islam probabilmente
sta vivendo un momento di svolta fondamentale. Forse, ci vorrebbe un po’ più di silenzio
da parte nostra, in Occidente, e di capacità di osservazione e di ascolto di ciò che
sta veramente succedendo in questi Paesi. Sono sviluppi storici, che senz’altro andranno
avanti ancora per lungo tempo, non possono essere risolti in tempi brevi.