2013-09-06 15:07:53

Mons. Mamberti: non c’è soluzione militare al conflitto in Siria, con la violenza nessun vincitore, ma solo sconfitti


La diplomazia vaticana al lavoro per fermare la guerra in Siria ed evitare un intervento armato dall’estero, che allargherebbe il conflitto ed aggraverebbe le sofferenze della popolazione coinvolta. Per questo giovedì scorso sono stati convocati in Vaticano tutti gli ambasciatori presso la Santa Sede residenti a Roma per un colloquio con il segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Dominique Mamberti. Roberta Gisotti lo ha intervistato sugli esiti dell’incontro, alla vigilia della Giornata di preghiera e digiuno per la pace indetta dal Papa: RealAudioMP3

R. – Questo incontro è stato un’altra espressione della sollecitudine del Santo Padre e della Santa Sede per la pace nel mondo e, in particolare naturalmente, circa la situazione in Siria, sulla scia del commovente intervento del Papa all’Angelus di domenica scorsa. Il lungo conflitto siriano ha già provocato troppe vittime e sofferenze e la situazione umanitaria ha acquisito dimensioni veramente intollerabili. Ed è per questo che si è resa quantomai necessaria la Giornata di digiuno e di preghiera indetta da Francesco, anche per ricordare a tutti che la pace, prima di tutto, è un dono di Dio che va perciò chiesto ed accolto con cuore umile ed aperto. Oltre alla preghiera, insieme alla preghiera, si rivela necessario un rinnovato sforzo diplomatico, anche conformemente al posto che la Santa Sede occupa nella comunità internazionale. E in questo incontro con gli ambasciatori ho ribadito quanto affermato dal Santo Padre, e cioè l’appello alle parti a non chiudersi nei propri interessi ma di fermare la violenza e di intraprendere con coraggio la via dell’incontro e del negoziato. Abbiamo chiesto alla comunità internazionale di fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriori indugi, iniziative chiare per la pace, basate sempre sul dialogo e sul negoziato. E’ ovvio che non c’è una soluzione militare al conflitto: se la violenza continua, non si avranno vincitori, ma solo sconfitti, come diceva Papa Benedetto XVI nel discorso di gennaio al Corpo diplomatico.

D. – C’è molta apprensione per la popolazione civile coinvolta nel conflitto: in quest’ambito, qual è la situazione dei cristiani in Siria?

R. – Ovviamente, la situazione è molto difficile per tutte le comunità in Siria, nel senso che la violenza non risparmia nessuno. Tuttavia, essendo la comunità cristiana una minoranza nel Paese, è particolarmente vulnerabile e sono numerosi i cristiani che hanno dovuto abbandonare le loro case. Molti di loro hanno lasciato pure il Paese. I cristiani sono vittime della violenza cieca: vorrei ricordare l’assassinio di padre François Mourad e il rapimento di numerosi cristiani, tra cui due vescovi ortodossi e alcuni sacerdoti cattolici, di cui non si hanno notizie da tempo. Inoltre, molte chiese e istituzioni cristiane hanno sofferto distruzioni e grandi danni. Però, i cristiani non possono e non devono perdere la speranza: loro sono presenti in Siria sin dall’inizio della diffusione del cristianesimo e vogliono continuare a far parte dell’insieme sociale, politico e culturale del Paese e contribuire al bene comune delle comunità di cui fanno pienamente parte, essendo artefici di pace e riconciliazione e portando con loro quei valori che possono fare evolvere la società verso un più grande rispetto per i diritti e la dignità della persone. La Chiesa cattolica, inoltre, vorrei sottolinearlo, così come le altre Chiese e comunità cristiane, è impegnata in prima linea con tutti i mezzi a disposizione nell’assistenza umanitaria alla popolazione cristiana o non cristiana.

D. – In questo quadro così denso di incognite, quali prospettive lei vede per il futuro?

R. – Attualmente, la situazione è molto delicata e preoccupante, e penso che tutti concordino in tale giudizio. Ad ogni modo, bisogna avere speranza, anzi: molta speranza, nei frutti della preghiera e del digiuno di domani, non solo dei cattolici ma anche di altri cristiani e di appartenenti ad altre religioni. Come ha detto il Santo Padre, “la pace è un bene che supera ogni barriera, perché è un bene di tutta l’umanità”. In questo contesto, rileviamo che l’opinione pubblica è generalmente ovunque nel mondo a favore della pace, e quindi auspico che alla fine prevalga la cultura dell’incontro e del dialogo su quella dello scontro. L’umanità oggi come sempre, ma oggi più che mai, forse, ha bisogno di gesti di pace e di parole di speranza. In un momento così cruciale, bisogna inoltre appellarsi alla coscienza e alla saggezza dei leader politici e di quanti hanno peso nelle decisioni che possono portare ad orientare il conflitto siriano verso una soluzione giusta o verso un cammino divergente: è quanto ha fatto il Santo Padre, rivolgendosi al presidente Putin in quanto presidente del G20, che si svolge a San Pietroburgo, esortando tutti i leader ad un nuovo impegno per perseguire con coraggio e determinazione una soluzione pacifica al conflitto siriano e a favorire ogni iniziativa volta a promuovere l’assistenza umanitaria a coloro che ne hanno bisogno, dentro e fuori dal Paese.

D. – Dunque, non c’è che da auspicare che la voce delle pubbliche opinioni nel mondo una volta tanto sia ascoltata dai leader politici?

R. – Effettivamente. In questo anche confidiamo molto sulla preghiera che si eleverà corale da Piazza San Pietro e da ogni angolo del mondo, domani sera.

Ultimo aggiornamento: 7 settembre







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