Sono 11 milioni le persone colpite da una grave insicurezza alimentare nella regione
del Sahel, in Africa, secondo la Fao. Le riserve di cibo sono terminate e i prezzi
dei cereali continuano a salire. Una situazione preoccupante anche nelle regioni settentrionali
del Mali e del Nord della Nigeria. A rischio di malnutrizione acuta 1,3 milioni di
bambini con meno di cinque anni. Sui 113 milioni di dollari già chiesti dall’Onu per
sostenere le popolazioni del Sahel, finora la Fao ha ottenuto solo il 17% dei fondi.
Sulla situazione Federica Baioni ha intervistato Raffaello Zordàn, giornalista
della rivista comboniana Nigrizia:
R. - Forse l’opinione
pubblica è un po’ abituata a sentire in maniera ricorrente “emergenza di qua, emergenza
di là”, in particolare per quanto riguarda l’Africa. Però dobbiamo anche ricordarci
cosa è successo in Sahel in questi mesi e soprattutto dobbiamo ricordarci che le emergenze
nascono da qualcosa che avviene giorno dopo giorno. Tanto per fare l’esempio di un
Paese centrale del Sahel, quello del Mali: in Mali c’è stata una guerra e la situazione
è ancora instabile, anche se è stato eletto un presidente, Ibrahim Boubacar Keita,
che si dà il compito di stabilizzare una nazione che stabile non è mai stata! Benissimo
dare contributi, benissimo far fronte alle emergenze, ma bisognerebbe anche ricordarsi
le ragioni per cui si interviene in un posto piuttosto che in un altro e poi ci si
preoccupi della crisi alimentare.
D. - Una situazione che si ripete quella
del Sahel, tant’è che ad aprile 2012 addirittura si parlava di 20 milioni di persone
che, sempre nella stessa area, soffrivano e soffrono ancora di una situazione alimentare
grave...
R. - Le carestie sono ricorrenti: ce n’è stata una molto forte nel
2005, una nel 2010… Stiamo parlando di un Paese che ha una crisi strutturale di produzione
agricola: non riescono ad essere autosufficienti dal punto di vista alimentare; ma
è anche un posto dove il sistema agropastorale - che è quello che ha sempre nutrito
il Paese - non funziona più, perché i contadini sono indotti a vendere le terre ai
grandi commercianti o ai funzionari facoltosi e il gioco si ferma lì… Insomma, non
c’è una preoccupazione da parte di chi governa questo Paese relativa alla sicurezza
alimentare. E stiamo parlando di un Paese che negli ultimi decenni, ha avuto parecchi
colpi di Stato e l’ultimo presidente eletto Mahamadou Issoufou - eletto nel 2011 -
è il presidente della settima Repubblica del Niger. Quindi stiamo parlando sempre
di situazioni traballanti dal punto di vista della stabilità e - ahimè! - anche naturalmente
della sovranità popolare su queste realtà: sono delle nazioni ancora in via di costituzione.
D.
- Un’ultima battuta: sui 113 milioni di aiuti già chiesti dall’Onu per sostenere le
popolazioni vulnerabili del Sahel, finora la Fao ha ottenuto solo il 17 per cento
dei fondi necessari. Quali, secondo lei, le necessità più importanti di questo pezzo
d’Africa?
R. - Nel momento in cui la Fao lancia degli allarmi e la Comunità
internazionale dice “aspettiamo un attimo, perché dobbiamo preparare altri briefing
in altre parti del mondo”, è chiaro che chi sta male interessa poco! Però noi, come
redazione, tendiamo anche sempre a ragionare sul contesto locale. Nel contesto locale,
ad esempio ci riferiamo al Ciad, che è un Paese che ha una discreta dote di petrolio,
che sta sfruttando da parecchi anni, è singolare che il presidente che ha partecipato
insieme alla Francia alla guerra in Mali, non trovi le risorse per sfamare la sua
gente nel sud del Paese.