I vescovi argentini: dolore per la mancata applicazione della legge sui diritti degli
indigeni alle terre
La Chiesa argentina ha denunciato la mancata trasparenza nell’applicazione della legge
sul riconoscimento della proprietà terriera alle comunità indigene, messa in evidenza
dal contrasto tra il basso livello di esecuzione della norma e l’elevato uso delle
risorse assegnate per i progetti di sviluppo. In conferenza stampa, mons. Jorge Eduardo
Lozano, vescovo di Gualeguaychú, presidente della Commissione episcopale della Pastorale
Sociale, insieme a mons. Fernando Maletti, vescovo di Merlo-Moreno e membro della
Commissione episcopale per la Pastorale Aborigena, ha presentato un rapporto di verifica
dell’attuazione della legge 26.160, sancita nel 2006, sulle assegnazioni dei titoli
di proprietà terriera alle comunità indigene. Nel suo intervento mons. Lozano ha sottolineato
che i popoli originari dell’Argentina sperano da molto tempo che giustizia sia fatta
e possano vedere i loro diritti riconosciuti. La norma in questione prevedeva che,
indipendentemente dalle persone o dalle figure giuridiche che apparivano nei titoli
di proprietà iscritte nel Registro statale, i popoli aborigeni potessero avere il
riconoscimento della proprietà terriere da loro tradizionalmente occupate. Inoltre,
la legge stabiliva la sospensione degli sfratti e l’assegnazione di 60 milioni di
pesos (circa 8 milioni di euro) all’Istituto Nazionale di Affari Indigeni (INAI) per
l’attuazione delle norme in collaborazione con i governi provinciali. Lo studio presentato
dall’episcopato denuncia che dal 2009 l’INAI non ha presentato alcun rapporto sull’esito
dei programmi e l’uso delle risorse stabilite dalla legge, e smentisce che il programma
di riconoscimento delle terre sia stato compiuto per un 40 per cento. Secondo lo studio
della Commissione pastorale, a sei anni della promulgazione della legge, è stato fatto
solo un 12, 48 per cento, il che significa, secondo il documento, che ci “vorrebbero
circa 40 anni per concludere il lavoro”. I ritardi più gravi si sono presentati nelle
province di Salta, Jujuy, Formosa, Chaco e Neuquén, dove risiede il 65% delle comunità
indigene del Paese, perché il programma di rilevamento delle proprietà arriva solo
a un 4,11 %. Nonostante ciò, secondo l’ente pubblico sono stati impiegati circa il
76 % cento delle risorse assegnate dallo Stato. “Siamo perplessi per la freddezza
con la quale lo Stato ha assunto questo impegno nei confronti dei diritti universalmente
riconosciuti dei nostri fratelli indigeni” ha detto mons. Maletti nell’esprimere anche
dolore perché a pagare sono sempre i più poveri e deboli. “Le terre indigene non possono
continuare a essere terre di sfratto, di repressione e di morte” hanno affermato i
membri delle Commissioni episcopali di Pastorale sociale e aborigene che hanno chiesto
rapidità nelle pratiche di assegnazione delle proprietà e trasparenza nell’utilizzo
delle risorse. (A cura di Alina Tufani)