2013-09-05 15:32:38

A Venezia il film di Wajda "Walesa", l'uomo della speranza che diede la libertà alla Polonia


L’ottantasettenne regista polacco Andrzej Wajda porta fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia il suo ultimo film “Wałęsa. Uomo della speranza”, con il quale affronta un periodo cruciale nella vita di un popolo, una nazione e un uomo, un capitolo fondamentale nella storia del Novecento. Un’opera diretta con grande tensione e passione, con ottimi attori tra cui Maria Rosaria Omaggio nei panni della giornalista Oriana Fallaci, dalla cui intervista il noto Premio Nobel comincia a raccontarsi. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3

Sono tempi della storia ancora attuali, perché ne viviamo l’eredità politica, sociale e anche spirituale. In cui la parola chiave è stata e resta: libertà. Parola semplice, ma per realizzarla sono state sacrificate vite, sono stati compiuti orrori. Per ogni polacco e per ogni europeo i fatti di Danzica, Solidarność, e tutto ciò che riguarda la figura di Wałęsa, fanno parte del patrimonio e della memoria. Andrzej Wajda, decano e maestro del cinema, era consapevole che questo suo film sarebbe stato il soggetto più difficile e delicato della sua lunga carriera. Ma importante perché si rivolge a tutti, e ci mette a contatto con la realtà drammatica che visse il suo Paese nel ventennio che inizia con il massacro di Danzica nel 1970 e termina con la caduta del Muro di Berlino nel 1989. Ed è un Wałęsa diverso quello che sullo schermo interpreta Robert Więckiewicz: irruento, pragmatico, decisionista, caparbio, devoto, legatissimo alla famiglia, al suo ambiente operaio, impermeabile a qualsiasi richiamo o offerta che non fosse il bene del popolo e della sua Polonia. Abbiamo chiesto al regista se il vero Wałęsa è stato soddisfatto del film.

R. – Ha visto il film – lo abbiamo guardato insieme – e lo ha guardato con occhio indulgente. Credo, comunque, che chiunque si veda sullo schermo, vorrebbe essere chiaramente nella luce più favorevole possibile. Robert Więckiewicz fa la parte di un personaggio molto caratteristico, anche molto divertente. Forse, Wałęsa si voleva vedere com’è oggi, ma all’epoca era così.

D. – Giovanni Paolo II e la Chiesa polacca sono quasi tenuti al margine: se ne sente la forza spirituale e morale, ma si vedono pochissimo. C’è una ragione?

R. – Non volevo mescolare tutto insieme. Sono stati fatti già tre film sul Papa, che hanno mostrato il suo ruolo in quella situazione. Io ho pensato di mostrare maggiormente il segno della Croce fatto dai Servizi di sicurezza, in una scena del film, quando si vede il Papa alla televisione inginocchiato, piuttosto che mostrarlo in maniera esplicita.

D. – “Non c’è libertà senza solidarietà”: è ancora attuale e sentito tra i giovani questo motto che contraddistinse il Sindacato e le lotte del popolo contro la dittatura comunista?

R. – Ho fatto apposta questo film: perché durasse questa memoria.







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