Mali: il neo-presidente Keïta si insedierà il 19 settembre, i tuareg per l'indipendenza
Passaggio del testimone, in Mali, tra il presidente ad interim Dioncounda Traoré e
il nuovo presidente, eletto l’11 agosto scorso, Ibrahim Boubacar Keïta, la cui cerimonia
d’insediamento è prevista per il 19 settembre prossimo. In questo contesto, i ribelli
tuareg del nord sono tornati a chiedere l’indipendenza dell’Azawad. Alla vigilia della
fine del suo mandato, Traoré ha tracciato un bilancio positivo di questi 18 mesi di
transizione. Roberta Barbi ha fatto il punto della situazione con Enrico
Casale, africanista della rivista dei Gesuiti “Popoli”:
R. - Il fatto
che si siano tenute delle elezioni giuste, libere è stato il grande successo di questo
periodo di transizione. Le elezioni sono state organizzate abbastanza velocemente
in una situazione molto difficile, perché una parte della nazione, cioè le regioni
del nord, erano state appena liberate dalle milizie fondamentaliste islamiche e da
quelle indipendentiste. Il Mali è comunque un Paese in cui c’è una tradizione democratica,
anche se abbastanza recente. Negli ultimi 20 anni, si sono tenute elezioni e c’è stato
un ricambio della classe politica.
D. - Traoré fu investito presidente meno
di un mese dopo il colpo di stato militare nel Paese e, tra le sue priorità, c’era
la restaurazione dell’integrità territoriale del Mali. Ma il nord, sappiamo, resta
nella mani dei gruppi jihadisti…
R. - Alcune zone del Nord rimangono ancora
in mano ai gruppi jihadisti, ma le grandi città del nord sono state liberate. Ora
qual è il rischio? Che dalle loro basi, i fondamentalisti creino instabilità compiendo
attentati nei grandi centri o inibendo il passaggio grandi arterie che portano verso
il nord.
D. - Un altro obiettivo che ci si poneva era l’organizzazione di elezioni
politiche trasparenti e credibili. In effetti - dicevamo - le elezioni del mese scorso,
vinte da Keïta, si sono svolte senza incidenti. Un altro segno che la situazione si
sta normalizzando?
R. - Il Mali ha una sua tradizione democratica. Di fronte
alla crisi, il fatto di avere organizzato delle elezioni che si sono rivelate libere
e senza brogli è un grandissimo successo. Lo stesso riconoscimento, da parte dello
sfidante, della vittoria del presidente Keïta ne è un’ulteriore conferma. Keïta è
una personalità importante per il Mali, perché ha una grandissima esperienza politica.
D.
- Negli ultimi giorni del suo mandato, Traoré ha ringraziato tutte le presenze straniere
che hanno contribuito a sciogliere la situazione in Mali, come la Costa d’Avorio che
schierò diverse truppe nel Paese nell’ambito dell’intervento internazionale guidato
dalla Francia. Quanto ha pesato questa operazione nella stabilizzazione?
R.
- Ha pesato molto. La Francia sia per motivi interni, si per motivi legati alla tradizionale
influenza nei Paesi dell’Africa occidentale, ha deciso di intervenire in Mali. Questo
intervento è stato determinante per schiacciare i movimenti fondamentalisti a nord,
riportando la pace e la stabilità, togliendo influenza a questi gruppi estremisti.
D.
- Il conflitto, però, ha provocato anche l’esodo di massa della popolazione: si parla
di circa 500 mila tra sfollati interni e rifugiati. Può essere questo il primo problema
che la nuova presidenza dovrà affrontare?
R. - Non so se sarà il primo nell’agenda,
ma certamente sarà uno dei primi. I maliani si sono rifugiati in tutti i Paesi che
confinano soprattutto con il nord del Paese. Sarà necessario farli ritornare, garantendo
loro una certa sicurezza e stabilità.