in Egitto passi verso lo scioglimento dei Fratelli musulmani
In Egitto anche ieri manifestazioni in sostegno all’ex presidente Morsi, destituito
il 3 luglio scorso e detenuto in un luogo segreto. L’ex leader secondo fonti di stampa
rifiuta le accuse di aver ordinato l'uccisione degli oppositori. E mentre un dipartimento
del Consiglio di Stato egiziano, in un parere non vincolante, apre allo scioglimento
dei Fratelli Musulmani, alcuni elicotteri da combattimento hanno attaccato, ieri mattina,
alcuni militanti nella Penisola del Sinai. Della situazione in Egitto Massimiliano
Menichetti ha parlato con Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi
islamici all’Università di Trento e autore del libro edito da Il Mulino, “Le rivolte
arabe e l’islam”:
R. - Il problema
è che i militari, che stanno controllando la situazione, vogliono eliminare quella
che potenzialmente è un’opposizione islamista che potrebbe riorganizzarsi: quindi
tutti i mezzi sono leciti per far sì che le correnti islamiste non abbiano più voce
in Egitto. Questo non significa tanto lasciare spazio alle organizzazioni laiche di
sinistra secolari o liberali, quanto - secondo me - lasciare spazio a una nuova presa
militare su un potere, che fa arretrare l’Egitto di parecchi decenni.
D. -
Intanto, una commissione del Consiglio di Stato egiziano ha espresso un parere favorevole
allo scioglimento dei Fratelli Musulmani. Un po’ si torna indietro nel tempo, al 1954,
quando fu Nasser a scioglierli…
R. - Lo scioglimento dei Fratelli Musulmani
è sempre stato foriero di radicalizzazione. Una prima volta i Fratelli Musulmani sono
stati sciolti alla fine del 1948, quando era primo ministro Mahmūd Fahmī al-Nuqrāshī
Pascià, in epoca ancora monarchica: è stato poi assassinato e questo ha portato, a
sua volta, all’assassinio di al-Hasan al-Banna, che era l’allora guida suprema dei
Fratelli Musulmani; poi le "purghe nasseriane" contro i Fratelli Musulmani nel ’54,
ma anche nel ’66, hanno provocato la radicalizzazione jihadista. Il problema è che
i Fratelli Musulmani hanno scelto negli ultimi decenni una linea politica di legittimazione
che cercava di inserirli all’interno di un quadro democratico. Imporre a questa organizzazione
uno scioglimento di forza, potrebbe essere estremamente pericoloso: anche perché se
è vero che parte consistente dell’opinione pubblica egiziana si era espressa contro
i Fratelli Musulmani, è anche vero che i Fratelli Musulmani godono ancora di una parte
dell’appoggio popolare.
D. - Professore, cosa può determinare una scelta in
un senso o in un altro?
R. - Ci dovrebbero essere due scelte democratiche preliminari
da fare: la prima, il ritorno dei militari nelle caserme e l’avvio di un governo autenticamente
civile, che sia svincolato dai militari; e - la seconda - la celebrazione di nuove
elezioni, che consentano al popolo egiziano di esprimersi definitivamente su quelli
che sono gli equilibri politici.
D. - In piena crisi siriana, l’esecutivo egiziano
ribadisce che la decisione di interrompere i rapporti diplomatici con Damasco è stata
frettolosa e sostanzialmente inutile: anche questa è una deriva pericolosa?
R.
- Il regime militare - non tanto il regime laico e civile, quanto l’esercito, che
è ritornato al potere in Egitto - potrebbe vedere nella caduta di Bashar al Assad
un pericoloso precedente di contestazione ai regimi militari autocratici. Non credo
che il mantenimento al potere di Bashar al Assad costituisca un elemento di destabilizzazione
del Medio Oriente maggiore della sua caduta. Quindi, da questo punto di vista, non
sono tanto le conseguenze e le ricadute pericolose, quanto una scelta tattica del
regime egiziano attualmente al potere, che va nella direzione di mantenere uno status
quo nei rapporti e negli equilibri geopolitici della regione.