Alla vigilia del G20, Mosca chiede prove certe e l’avallo Onu per intervento in Siria
Il presidente degli Stati Uniti torna a parlare dell’intervento militare in Siria.
La comunità internazionale "non può rimanere silente" dopo l'uso delle armi chimiche
da parte del regime siriano contro il suo popolo, ha detto da Stoccolma, in Svezia,
tappa nel suo viaggio verso San Pietroburgo per il G20. Ma Damasco avverte: "La nostra
posizione non cambierà neanche se ci fosse una terza Guerra mondiale". Il servizio
di Debora Donnini: Il regime siriano
ha preso ogni misura e ha allertato i Paesi alleati per rispondere ad un attacco armato.
Lo ha annunciato il ministro degli Esteri siriano, Faisal Muqdad subito dopo le parole
del presidente degli Usa Obama che oggi è tornato a evidenziare la necessità di rispondere
efficacemente all’attacco chimico del 21 agosto, attribuito al governo di Assad. Obama
chiede alla comunità internazionale di non rimanere in silenzio dicendosi fiducioso
che il Congresso voterà sì e auspicando che il presidente russo possa cambiare la
sua posizione per quel che riguarda il sostegno ad Assad. Putin ha però affermato
che senza l’avallo dell’Onu, il Senato usa sta legittimando un’aggressione. Non esclude
comunque l'appoggio della Russia a un'operazione militare in Siria, ma a due condizioni:
la prova della responsabilità di Damasco nell'uso di armi chimiche e l'approvazione
dell'intervento da parte dell'Onu. Intanto ieri Obama ha incassato il sì di diversi
esponenti repubblicani all’intervento, ma oggi l’ex-candidato repubblicano John McCain
ha annunciato che voterà contro la bozza sul via libera ai raid in Siria. La commissione
esteri del senato americano ha trovato un accordo sulla bozza: niente truppe di terra,
intervento limitato a 60 giorni, prorogabile un’unica volta per altri 30.
Delle
dichiarazioni della Russia alla vigilia dell’apertura del G20 e dei possibili sviluppi,
Fausta Speranza ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle
relazioni internazionali all’Università del Salento:
R. – In un primo
momento, stamattina, sembrava che Putin avesse quasi abbandonato l’alleato siriano.
Invece poi, andando a leggere con attenzione le sue dichiarazioni – una versione registrata
e un’altra scritta – Putin non ha fatto un passo indietro, anzi lancia degli avvertimenti
ben precisi: chiede chiaramente agli Stati Uniti di stare fermi e parla di un attacco
soltanto in caso ci fossero prove assolutamente certe, fornite dagli ispettori delle
Nazioni Unite.
D. – In questo momento, è possibile aspettarsi decisioni al
G20?
R. – Al G20 credo di no. Sul tavolo ci sono alcune notizie da aspettare:
la richiesta di Obama al Congresso di esprimersi anche se, attenzione, Obama si può
muovere anche a prescindere dalla decisione del Congresso, e questo vuol dire che
forse anche lui è abbastanza indeciso ed è anche un suo tentativo di prendere tempo
e vedere cosa succede anche all’incontro del G20, dove sicuramente la questione siriana
sarà al centro dell’agenda. Questo mi fa pensare che – a prescindere da tutte le dichiarazioni
fatte precedentemente sull’annullamento dell’incontro tra Putin e Obama – probabilmente
in qualche modo la questione i due dovranno affrontarla da soli.
D. – Proprio
in vista di questo cruciale bilaterale, pesa la dichiarazione di Putin sulla fornitura
di missili a Damasco. Il presidente russo ha detto che è stata congelata ma non interrotta
e soprattutto ha detto che sarà possibile una fornitura di missili anche ad altri
Paesi del mondo, se sulla Siria verrà violato il diritto internazionale. Che dire
di questo?
R. – Sì, è un chiaro avvertimento. Putin sottolinea il fatto che
è stata congelata la fornitura degli S300 a Damasco, ma dall’altra parte è pronto
a rifornire Damasco, a rifornire i Paesi nell’area. In più, aggiungerei quello che
è successo ieri, cioè la prova, il test missilistico di Israele che è stato fatto.
E’ vero che rientrava nelle operazioni del sistema di difesa nazionale israeliano,
ma certo è stato scelto un momento particolarmente delicato. Stamattina, sul quotidiano
Haaretz un analista diceva che Israele era stato un po’ "naif" nel dare il via ieri
al lancio dei missili. Probabilmente, avrebbe potuto aspettare un momento diverso.
Tutte queste cose, quindi, messe insieme – l’esperimento missilistico ieri di Israele,
l’affermazione successiva di Putin – fanno capire che c’è, sì, un gioco delle parti,
ma in cui si cerca anche di chiarire cosa faranno le parti.
D. – Parliamo anche
di Onu. In questo momento, Ban Ki-moon ha lanciato un accorato appello al diritto
internazionale e a muoversi sotto l’egida dell’Onu, ma sembra che nessuno se ne preoccupi:
né del risultato degli ispettori né del pronunciamento dell’Onu...
R. – Purtroppo,
non è la prima volta che accade. Tutti, in un primo momento, si dicono pronti ad aspettare
il lavoro e ci si lamenta quando gli ispettori non possono fare il loro lavoro. Ma
una volta che il lavoro è stato fatto, non si aspettano i risultati. Oppure, si fa
riferimento ad analisi o a dichiarazioni che vengono da altre fonti e, a quel punto,
sembra che l’Onu diventi sempre di più una scusa o per prendere tempo o per sottolineare
la totale debolezza di questa organizzazione.