2013-09-04 14:51:45

Alla vigilia del G20, Mosca chiede prove certe e l’avallo Onu per intervento in Siria


Il presidente degli Stati Uniti torna a parlare dell’intervento militare in Siria. La comunità internazionale "non può rimanere silente" dopo l'uso delle armi chimiche da parte del regime siriano contro il suo popolo, ha detto da Stoccolma, in Svezia, tappa nel suo viaggio verso San Pietroburgo per il G20. Ma Damasco avverte: "La nostra posizione non cambierà neanche se ci fosse una terza Guerra mondiale". Il servizio di Debora Donnini: RealAudioMP3
Il regime siriano ha preso ogni misura e ha allertato i Paesi alleati per rispondere ad un attacco armato. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri siriano, Faisal Muqdad subito dopo le parole del presidente degli Usa Obama che oggi è tornato a evidenziare la necessità di rispondere efficacemente all’attacco chimico del 21 agosto, attribuito al governo di Assad. Obama chiede alla comunità internazionale di non rimanere in silenzio dicendosi fiducioso che il Congresso voterà sì e auspicando che il presidente russo possa cambiare la sua posizione per quel che riguarda il sostegno ad Assad. Putin ha però affermato che senza l’avallo dell’Onu, il Senato usa sta legittimando un’aggressione. Non esclude comunque l'appoggio della Russia a un'operazione militare in Siria, ma a due condizioni: la prova della responsabilità di Damasco nell'uso di armi chimiche e l'approvazione dell'intervento da parte dell'Onu. Intanto ieri Obama ha incassato il sì di diversi esponenti repubblicani all’intervento, ma oggi l’ex-candidato repubblicano John McCain ha annunciato che voterà contro la bozza sul via libera ai raid in Siria. La commissione esteri del senato americano ha trovato un accordo sulla bozza: niente truppe di terra, intervento limitato a 60 giorni, prorogabile un’unica volta per altri 30.


Delle dichiarazioni della Russia alla vigilia dell’apertura del G20 e dei possibili sviluppi, Fausta Speranza ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:RealAudioMP3

R. – In un primo momento, stamattina, sembrava che Putin avesse quasi abbandonato l’alleato siriano. Invece poi, andando a leggere con attenzione le sue dichiarazioni – una versione registrata e un’altra scritta – Putin non ha fatto un passo indietro, anzi lancia degli avvertimenti ben precisi: chiede chiaramente agli Stati Uniti di stare fermi e parla di un attacco soltanto in caso ci fossero prove assolutamente certe, fornite dagli ispettori delle Nazioni Unite.

D. – In questo momento, è possibile aspettarsi decisioni al G20?

R. – Al G20 credo di no. Sul tavolo ci sono alcune notizie da aspettare: la richiesta di Obama al Congresso di esprimersi anche se, attenzione, Obama si può muovere anche a prescindere dalla decisione del Congresso, e questo vuol dire che forse anche lui è abbastanza indeciso ed è anche un suo tentativo di prendere tempo e vedere cosa succede anche all’incontro del G20, dove sicuramente la questione siriana sarà al centro dell’agenda. Questo mi fa pensare che – a prescindere da tutte le dichiarazioni fatte precedentemente sull’annullamento dell’incontro tra Putin e Obama – probabilmente in qualche modo la questione i due dovranno affrontarla da soli.

D. – Proprio in vista di questo cruciale bilaterale, pesa la dichiarazione di Putin sulla fornitura di missili a Damasco. Il presidente russo ha detto che è stata congelata ma non interrotta e soprattutto ha detto che sarà possibile una fornitura di missili anche ad altri Paesi del mondo, se sulla Siria verrà violato il diritto internazionale. Che dire di questo?

R. – Sì, è un chiaro avvertimento. Putin sottolinea il fatto che è stata congelata la fornitura degli S300 a Damasco, ma dall’altra parte è pronto a rifornire Damasco, a rifornire i Paesi nell’area. In più, aggiungerei quello che è successo ieri, cioè la prova, il test missilistico di Israele che è stato fatto. E’ vero che rientrava nelle operazioni del sistema di difesa nazionale israeliano, ma certo è stato scelto un momento particolarmente delicato. Stamattina, sul quotidiano Haaretz un analista diceva che Israele era stato un po’ "naif" nel dare il via ieri al lancio dei missili. Probabilmente, avrebbe potuto aspettare un momento diverso. Tutte queste cose, quindi, messe insieme – l’esperimento missilistico ieri di Israele, l’affermazione successiva di Putin – fanno capire che c’è, sì, un gioco delle parti, ma in cui si cerca anche di chiarire cosa faranno le parti.

D. – Parliamo anche di Onu. In questo momento, Ban Ki-moon ha lanciato un accorato appello al diritto internazionale e a muoversi sotto l’egida dell’Onu, ma sembra che nessuno se ne preoccupi: né del risultato degli ispettori né del pronunciamento dell’Onu...

R. – Purtroppo, non è la prima volta che accade. Tutti, in un primo momento, si dicono pronti ad aspettare il lavoro e ci si lamenta quando gli ispettori non possono fare il loro lavoro. Ma una volta che il lavoro è stato fatto, non si aspettano i risultati. Oppure, si fa riferimento ad analisi o a dichiarazioni che vengono da altre fonti e, a quel punto, sembra che l’Onu diventi sempre di più una scusa o per prendere tempo o per sottolineare la totale debolezza di questa organizzazione.







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