Myanmar: nel Kachin Chiesa e Caritas in aiuto dei profughi, vittime di nuovi scontri
etnici
Il numero degli sfollati è "ancora alto" e i profughi godono di "scarsa assistenza";
persino le agenzie delle Nazioni Unite "non riescono a raggiungere le aree più critiche",
a causa delle restrizioni imposte dalle autorità. È quanto racconta all'agenzia AsiaNews
l'attivista cattolica Khon Ja Labang, già membro del movimento Kachin Peace Network,
impegnata nella pacificazione delle aree teatro di conflitti etnici. La donna conferma
la situazione di criticità nello Stato settentrionale Kachin, da due anni al centro
di una guerra fra truppe birmane e milizie etniche locali e che colpisce in particolare
la popolazione civile. Nello scorso fine settimana si sono registrati nuovi scontri
fra i due fronti, mentre continua l'impegno della Chiesa e dei volontari delle associazioni
cattoliche, che cercano di portare aiuti e conforto alle decine di migliaia di sfollati.
L'attivista cattolica conferma il lavoro intenso svolto dal Karuna Myitkyina Social
Service (sezione locale della Caritas), da Karuna Banmaw Social Service e Karuna Lashio
Social Service, in collaborazione con altre organizzazioni cristiane fra cui la Kachin
Baptist Convention. Sono decine di migliaia gli sfollati, molti dei quali ospitati
nei Centri di accoglienza e che necessitano di cibo, acqua e generi di prima necessità.
A distanza di oltre due anni dall'inizio della nuova fase del conflitto, la situazione
resta ancora drammatica in molte zone. "I dipartimenti per lo sviluppo delle diocesi
di Myitkyina, Banmaw e Lashio - aggiunge Khon Ja, da tempo attiva nel settore - operano
a stretto contatto fra loro e in collaborazione con i responsabili dei campi, oltre
che con le associazioni che forniscono assistenza umanitaria". Il lavoro della Chiesa,
racconta l'attivista cattolica, è importante non solo nel fornire riparo e confronto,
ma anche istruzione e scuola ai bambini "in coordinamento con il Karuna Myanmar Social
Service". Perché in un'ottica di ritorno alla normalità, conclude, anche garantire
un livello di scolarizzazione all'infanzia è importante. Divampato nel 2011, il nuovo
conflitto fra l'esercito governativo e le milizie ribelli del Kachin Independence
Army (Kia) - braccio armato della Kachin Independence Organization (Kio) - ha causato
sinora decine di vittime civili e almeno 100mila sfollati, in larga maggioranza civili
Kachin. I leader del movimento indipendentista e i rappresentanti del governo centrale
di Naypyidaw - con la nuova amministrazione, semi-civile, guidata dal presidente Thein
Sein - hanno dato vita a numerosi incontri di pace, senza mai raggiungere risultati
tangibili e duraturi. Si attende ancora la firma di un cessate il fuoco definitivo.
In questi giorni la battaglia ha raggiunto la divisione meridionale Kio e un settore
dello Stato settentrionale Shan, poco distante dallo Shwe Gas Pipeline, un oleodotto
dall'importanza strategica nel comparto dell'energia. Al dramma dei profughi e dei
civili in fuga, si aggiunge la condizione disperata delle decine di prigionieri politici,
catturati dai militari perché sospettati di affiliazione alle frange ribelli della
minoranza etnica del Myanmar. Dai racconti dei familiari emergono storie di violenze,
torture e abusi perpetrate nelle prigioni dello Stato Kachin da parte delle forze
di sicurezza. Sono almeno 70 i detenuti, già condannati o in attesa di giudizio, per
(presunti) legami con il Kio o affiliazione alla lotta armata. In realtà, si tratta
di poveri contadini che nulla hanno a che fare con la politica, mentre altri non appartengono
nemmeno alla minoranza Kachin; almeno 11 sono di etnia Shan, diversi altri sono Gurkha
nepalesi o di origine sino-birmana. (R.P.)