Centrafrica: ribelli Seleka evacuati da Bangui ma nel resto del Paese è caos
“Vi chiedo di riprendere il vostro lavoro per garantire la sicurezza delle persone
e dei beni. Nel contesto attuale la sicurezza è una priorità per il nostro governo”:
lo ha detto il primo ministro Nicolas Tiangaye mentre da alcuni giorni sono in corso
operazioni di evacuazione dei combattenti della Seleka dalle caserme e posti di polizia
di Bangui occupati dai ribelli che, a cinque mesi dal colpo di stato, continuano a
commettere violenze e saccheggi su vasta scala ai danni dei civili. Se nella capitale
si potrebbe arrivare a un progressivo ritorno alla normalità, anche grazie alla presenza
della Forza africana in Centrafrica (Misca) e al ridispiegamento di poliziotti e gendarmi
- riferisce l'agenzia Misna - la situazione rimane precaria nelle regioni nord-occidentali
e nord-orientali, confinanti con Camerun e Ciad. “Ogni volta che arrivano in sella
a motociclette la gente va a nascondersi e mette il bestiame al riparo. Accade da
luglio, quando vengono da queste parti per portarci via tutto. I ribelli hanno già
portato via centinaia di capi di bestiame. Quando uno cerca di bloccarli mette a rischio
la propria vita. Se intervieni muori per niente” hanno denunciato alcuni abitanti
della regione di Markounda (nord-est). Fatti simili vengono commessi in totale impunità
anche nelle zone di Bozoum, Paoua, Bossangoa e Kabo, come denunciato dalla Rete dei
giornalisti per i diritti umani in Centrafrica (Rjdh), che auspica “un intervento
delle autorità e delle forze di sicurezza anche nelle zone più remote e dimenticate
per liberare la gente dalla Seleka che continua a dettare legge”. Dall’offensiva,
cominciata nel dicembre 2012, al colpo di stato dello scorso 24 marzo, la ribellione
– in partenza circa 2000 uomini – ha reclutato migliaia e migliaia di combattenti
tra i gruppi più marginalizzati della società centrafricana che oggi vivono alle spalle
della gente, saccheggiando e uccidendo senza scrupoli. A questi si aggiungono numerose
truppe originarie dalla regione sudanese del Darfur e dal Ciad, anch’esse con responsabilità
dirette nell’attuale caos. Al problema del disarmo della Seleka e della riorganizzazione
delle forze di sicurezza centrafricane, si somma quello del vecchio esercito del presidente
destituito François Bozizé. Temendo una possibile invasione di circa 800 soldati,
l’esercito del confinante Camerun ha rafforzato il suo dispositivo di sicurezza a
Borongo, per bloccare i militari allo sbando che cercano di raggiungere Bertoua, capoluogo
della regione orientale. Pochi giorni fa le autorità di Yaoundé hanno chiuso le frontiere
con il Centrafrica dopo l’uccisione di un ufficiale di polizia da parte di un soldato
ribelle. Anche i trasportatori camerunesi denunciano abusi, racket e attacchi subiti
lungo la strada tra Douala e Bangui, in presenza di esponenti della Seleka che hanno
eretto posti di blocco. (R.P.)