Tokyo reagisce ai nuovi allarmi dalla centrale di Fukushima con un piano da 47 miliardi
di yen e sfiduciando la Tepco, ente gestore dell’impianto
Allarme nucleare a Fukushima: il governo giapponese ha deciso di intraprendere un'azione
più decisa e diretta per affrontare la crescente minaccia di un’estesa contaminazione
del suolo e del mare prospiciente l’impianto. Il servizio di Stefano Vecchia
Durante
una riunione ministeriale, l'esecutivo ha messo a punto un piano del valore di 47
miliardi di yen (circa 350 milioni di euro) per contenere la massiccia fuoriuscita
di liquido radioattiva dai serbatoi costruiti per contenere l'acqua di raffreddamento
delle barre di combustibile nucleare a rischio di fusione all'interno dei reattori
in avaria. In realtà, quasi metà della somma andrebbe a coprire le necessità dell'emergenza
per quest'anno, ma il resto andrebbe a concretizzare i provvedimenti allo studio,
tra cui la possibilità di congelare il terreno della centrale. Questo dovrebbe impedire
che 300-400 tonnellate di acqua radioattiva si versino nel mare, ma anche che altra
acqua proveniente dalle alture vicine si aggiunga a quella già presente nella centrale.
A spingere il premier Abe a un'azione più decisa è stato non solo l'allarme di questi
giorni per valori registrati superiori anche ai mille millisievert/ora, letali per
un essere umano dopo poche ore di esposizione, ma anche i timori legati alla candidatura
del Giappone a ospitare le Olimpiadi estive del 2020. Confermata ufficialmente la
sfiducia verso il gestore dell'impianto, Tokyo Electric Company, Tepco, che mettendo
a rischio immediato circa 2000 dipendenti e esponendo il Paese a un pericolo radioattivo
non ancora definito nella sua gravità complessiva, ha cercato in ogni modo di coprire
i danni ambientali e di alleggerire le preoccupazioni dell'opinione pubblica. Proprio
oggi tre cittadini, in legale rappresentanza di altre migliaia, hanno presentato alla
polizia della prefettura di Fukushima una denuncia contro l'azienda e 32 dei suoi
manager in carica o non più attivi per avere mancato di prevenire che l'acqua contaminata
defluisse nell'oceano.
Ma quali problemi tecnici si pongono per contenere la
contaminazione nucelare a Fukushima Davide Pagnanelli ha intervistato Massimo
Sepielli, responsabile dell'Unità tecnologie e impianti per la fissione e la gestione
del materiale nucleare presso l’Enea:
R. – Le difficoltà
più stringenti sono il contenimento dei liquidi radioattivi all’interno delle strutture
dell’impianto, la decontaminazione dei liquidi contenenti plutonio e uranio; la terza
necessità è quella della bonifica da elementi radioattivi, tipo il cesio 137 che ha
30 anni di emivita, lo iodio 129 e il trizio, che ha una emivita di 12 anni. Quindi,
lì si sta provvedendo con l’asportazione degli strati superficiali di terreno. E invece,
per quanto riguarda appunto i rifiuti liquidi, la problematica è diversa …
D.
– Esiste la tecnologia per purificare l’acqua usata per raffreddare i reattori di
Fukushima?
R. – Esistono dei processi classici, che sono quelli che vengono
impiegati nel trattamento del combustibile irraggiato. Però, in questo caso siamo
di fronte – di fatto – a 300 tonnellate molto radioattive; addirittura, gli ultimi
livelli ci segnalano una dose di 1.800 millisievert, la massa da trattare e il livello
di radiazione sono tali per cui il Giappone stesso e la Tepco hanno chiesto aiuto
a Paesi che hanno una buona esperienza, una grande esperienza nel settore, tra cui
so anche la nostra Sogin, insieme – ovviamente – all’Enea.
D. – La gestione
della crisi è al centro di contrasti tra Tepco e governo nipponico. E’ possibile per
un’agenzia privata gestire situazioni come quella di Fukushima?
R. – C’è stata
una riforma quasi complessiva, quasi una rivoluzione all’interno del sistema giapponese,
in particolare per quanto riguarda l’autorità di sicurezza. Però, sta di fatto che
poi sull’impianto in pratica agiscono essenzialmente i tecnici e gli operatori della
utility, quindi della Tepco. Sono soli, nel senso che operano loro direttamente
sull’impianto, ma non sono soli perché tutti questi enti di sicurezza di tipo pubblico
sono comunque lì, al loro fianco.
D. – Esiste la possibilità di un reattore
nucleare sicuro?
R. – Il reattore sicuro è quello che si sta cercando di progettare,
come ad esempio il reattore di quarta generazione, raffreddato al piombo, che permette
di lavorare con un tempo di grazia, cioè un tempo di intervento eventualmente dovesse
accadere un incidente, di settimane. Devo aggiungere che, comunque, i reattori di
terza generazione, refrigerati ad acqua, sono sicuramente reattori molti più sicuri
rispetto a quelli della generazione precedente di cui fa parte, appunto, il reattore
della Centrale di Fukushima.