Italia: ad Assisi Giornata del Creato. Intervista a mons. Sorrentino
Si è tenuta quest’anno in Umbria l’ottava Giornata nazionale per la salvaguardia del
Creato promossa domenica scorsa dalla Conferenza episcopale italiana. Domenica mattina
la Messa ad Assisi nella chiesa di Santa Maria Maggiore, preceduta da storie e testimonianze
nel luogo della “spoliazione“ di Francesco. Il tema della Giornata è stata: “La famiglia
educa alla custodia del Creato”. Ma come e perché può svolgere questo compito? Gabriella
Ceraso lo ha chiesto al vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino che
ha celebrato la Messa:
R. - Perché
la cultura della custodia del creato è una cultura del dono, una cultura del grazie,
del riconoscimento della realtà. Niente come la famiglia può dare questi valori fondamentali:
in famiglia si fa l’esperienza dell’essere amati, voluti, accolti. C’è, dunque, l’atmosfera
giusta perché si possa vedere l’Universo con questi occhi.
D. – Nel termine
“creatura” e “creato” c’è già un valore profondo, qual è?
R. – Questa è la
visione cristiana della vita: un mondo che esiste soltanto perché Dio lo fa essere.
E’ tutto quanto un dono di amore. Dire, dunque, creato è far riferimento a questa
realtà che ci lega a Dio, con una percezione dell’armonia universale all’insegna dell’amore
che Dio ci porta e che noi dobbiamo portare a noi stessi, agli altri, ad ogni essere.
D.
– Anche Papa Francesco, addirittura sin dal suo primo discorso, ha parlato della custodia
del creato, intendendola come prendersi cura del mondo, ma anche gli uni degli altri.
Un tratto, dunque, fondamentale anche di questo Pontificato?
R. – Uno dei motivi
che il Papa ha dato per aver scelto il nome Francesco: ha colto nel nostro Francesco
d’Assisi questa dimensione come fondamentale, mettendola in rapporto ad una esigenza
ed una sfida che oggi ci vede tutti quanti impegnati. Quello che ci viene richiesto
è uno stile di vita che sappia riconoscere la realtà per quello che essa è, dono di
Dio, che ha le sue leggi, e farla sviluppare nella sua stessa direzione. Tutto questo
esige uno stile di vita, un modo di guardare il mondo, una sobrietà. Quando tutto
si fa all’insegna della voglia di possedere, di accumulare in funzione di politiche
di dominio, c’è poco di buono da sperare. Quando invece si instaura un clima di sobrietà,
di povertà, intesa come capacità di accoglienza, generosa solidarietà con gli altri,
allora si cominciano a mettere le premesse di un mondo bello.