Un anno fa la morte del card. Martini. Il card. Ravasi: eredità di dialogo in sintonia
con Papa Francesco
L’udienza ai Gesuiti italiani e le parole pronunciate nell’occasione da Papa Francesco
avevano acceso fin da ieri l’attenzione sulla figura del cardinale Carlo Maria Martini,
del quale si ricorda oggi un anno dalla sua scomprsa. Nel pomeriggio, alle 17.30,
il cardinale arcivescovo Angelo Scola presiederà nel Duomo di Milano una solenne celebrazione
eucaristica di suffragio. A ricordarne la caratura di vescovo e di studioso è anche
il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio della Cultura, che
a Milano è stato per lunghi anni prefetto della Biblioteca Ambrosiana. L’intervista
è di Fabio Colagrande:
R. – A distanza
di un anno, si può già incominciare a misurare che cosa abbia significato la presenza
di questa figura nell’interno non soltanto dell’orizzonte ecclesiale, ma anche di
quello culturale e civile in genere. E ci sono molti elementi che sono già stati messi
in luce, che bisognerà comunque, sempre in qualche modo riattualizzare come sua testimonianza.
D.
– C’è, in particolare, un elemento dell'eredità lasciata dal cardinale Martini che
le sembra particolarmente attuale nella vita della Chiesa?
R. – A dire il vero,
io ne ricorderei almeno quattro. Da una parte, la memoria nei confronti della Bibbia,
il rimando costante alla Bibbia. Se noi guardiamo la sua bibliografia, sostanzialmente
c’è questa specie di piccolo oceano testuale che è composto di commenti spirituali
alla Bibbia. Il secondo tema sicuramente rilevante è quello del dialogo, del confronto
con le diversità, con la complessità dell’umano: questa è una componente che è stata
esaltata anche – dobbiamo dire – dallo stesso Papa Francesco, perché comunque fa parte
della necessità che la Chiesa ha, oggi, nel suo confrontarsi con la cultura e con
il mondo contemporaneo. Il terzo elemento è proprio quello del suo respiro universalistico.
Papa Francesco parla delle periferie: ecco, io direi che il cristianesimo di sua natura
è irradiazione che percorre non soltanto le grandi strade della civiltà e anche –
se si vuole – della stessa Chiesa, ma percorre anche i bassifondi. C’è un sottobosco,
anche, che attende forse delle scintille di luce. E da ultimo, sicuramente, il genere
della misericordia, tanto per stare ancora in sintonia con Papa Francesco, che io
però declinerei anche come inquietudine dello spirito nei confronti dell’umanità che
domanda, che interroga, che spesso si trova desolata e isolata… E in questa luce,
certamente, gli ultimi anni del cardinale Martini sono stati significativi, quando
si vedeva chiaramente il suo tormento nei confronti del fatto che la Chiesa non sapesse
rispondere a tante di queste domande e se rispondeva, non rispondeva con quella necessaria
sintonia e, appunto, misericordia.
D. – Quindi, lei è d’accordo sul fatto che
la Chiesa del dialogo e della misericordia, così centrale nel magistero di Papa Francesco,
abbia delle affinità con l’idea di Chiesa che aveva il cardinal Martini?
R.
– Sì, sicuramente, io credo. Anche se ci sono diversità di percorso, perché evidentemente
la formazione del cardinale Martini era tendenzialmente una formazione di tipo intellettuale,
che però era stata ininterrottamente confrontata con le istanze pastorali. In questa
luce, direi che esiste una sorta di sintonia tra i due, attorno a questi temi. Ma
c’è anche, poi, nel cardinale Martini questa sua originalità che era affidata anche
ad una matrice particolare.
Sul profilo pastorale e intelletuale del cardinale
Martini, Fabio Colagrande ha sentito il gesuita padre Giacomo Costa,
vicepresidente della Fondazione intitolata al porporato scomparso, presentata ieri
a Papa Francesco:
R. – Penso che
la figura di Carlo Maria Martini sia stata un dono per tutta la Chiesa e sia importante
che questo dono continui a fruttare. Allora, la Fondazione è un po’ in questa prospettiva.
Bisogna dire che il cardinale Martini aveva nominato la Provincia dei Gesuiti italiani
sua erede e in particolare erede di tutti i suoi scritti, dei suoi diritti di autore.
Questo ci ha fatto riflettere: per assumere questa bellissima e molto impegnativa
eredità, abbiamo pensato che il metodo migliore fosse una Fondazione. L’idea è quella
di raccogliere i suoi scritti, costituire un archivio con tutti i materiali che lo
riguardano – un importantissimo patrimonio intellettuale e spirituale – e metterlo
a disposizione perché possa essere letto, studiato e quindi fruttificare. Però, qualcosa
che non soltanto si limiti a portare avanti il ricordo della persona, ma che continui
anche a far vivere lo spirito che ha animato il cardinale: questa attenzione alla
Sacra Scrittura, questa cura del dialogo con altri credenti, con persone non credenti…
Quindi, la Fondazione porta avanti quello che è lo spirito di Chiesa che ha caratterizzato
il cardinale Martini.
D. – Voi avete annunciato la creazione di questa Fondazione
intitolata al cardinale Martini, presentandola a Papa Francesco…
R. – Certo.
Ci sembra veramente importante, perché non si tratta soltanto dell’iniziativa di qualche
gesuita e neanche soltanto della Provincia di Italia, ma è una Fondazione che si vuole
proprio al servizio proprio di tutta la Chiesa, tanto locale quanto nazionale e universale.
Per cui, l'andare da Papa Francesco ha voluto sottolineare questa dimensione di servizio
e disponibilità di un qualcosa che non è autoreferenziale, ma che veramente vuole
portare un messaggio e uno stile per il servizio di tutte le persone. Penso proprio
che l’eredità di Martini possa ancora fare molto per portare avanti anche il progetto
di Chiesa di Papa Francesco.