2013-08-30 14:49:08

Siria: gli Usa alla ricerca di alleati dopo il passo indietro di Londra. Francia pronta a intervenire


Dopo il no del Parlamento britannico all’intervento militare in Siria, gli Stati Uniti sono rimasti soli e alla ricerca di una coalizione internazionale per rispondere al presunto attacco con armi chimiche del regime di Damasco contro i civili. Intanto ancora orrore nel Paese: una scuola sarebbe stata colpita con una bomba al Napalm. Il servizio è di Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

Londra dice no ad un intervento militare in Siria, ma ad affiancare Washington ci potrebbe essere la Francia; il presidente Hollande questa mattina ha ribadito che Parigi è pronta a partecipare ad un'eventuale azione armata, precisando tuttavia che non si muoverà senza un'adeguata base giuridica che giustifichi l'intervento. Resta, invece, il no netto della Russia, con l’annuncio che la questione siriana sarà discussa anche a margine del G20, in programma a San Pietroburgo la prossima settimana. La Germania, infine, non prenderà parte a un attacco militare contro la Siria. Lo ha ribadito questa mattina il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle. Intanto sulla Siria aleggia lo spettro di altre armi non convenzionali. Negli ultimi giorni sarebbero stati condotti bombardamenti con il Napalm. La BBC ha mostrato le immagini di alcuni bambini con ferite simili a quelle provocate da questa sostanza altamente infiammabile in Vietnam.

La Camera dei Comuni di Londra ''ha parlato per il popolo britannico''. A sostenerlo è il leader laburista Ed Miliband che ha di fatto guidato l'opposizione alla mozione di governo su un intervento in Siria, bocciata in aula.”La gente è profondamente preoccupata per l'uso di armi chimiche in Siria – ha aggiunto – ma vuole che si impari la lezione dell'Iraq; non vuole entrare precipitosamente in una guerra”. Salvatore Sabatino ha chiesto a Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, quali sono i reali motivi che hanno portato Londra ad un cambio di rotta così repentino:RealAudioMP3

R. – Innanzitutto, direi motivazioni interne: nel senso che il primo ministro Cameron, evidentemente ancora non aveva fatto bene i conti con il proprio Parlamento. In Gran Bretagna qualsiasi azione militare, come in altri Paesi, deve passare per l’approvazione del Parlamento e la votazione contro la proposta di Cameron ha sicuramente costituito un freno per Londra.

D. – La Francia, invece, ha assunto una posizione piuttosto ambigua: prima interventista, poi attendista, ora di nuovo in accelerata con l’annuncio di Hollande di un intervento entro mercoledì. Quali sono gli interessi di Parigi, nell’area?

R. – Per la Francia vale, in realtà, in parte lo stesso discorso della Gran Bretagna: forse, più che interessi di breve termine – interessi materiali – nell’area, c’è una volontà di ristabilire una sorta di status, comunque di influenza sull’area mediorientale, nel momento in cui gli Stati Uniti sembrano avere una strategia più di disimpegno, nel lungo termine.

D. – Washington, invece, a questo punto dovrà fronteggiare il ‘no’ di Russia e Cina pronti a dare battaglia in Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Una situazione, dunque, tesissima anche per le relazioni economiche tra queste tre superpotenze …

R. – Sì … diciamo che sul caso Siria, più che quella della Cina, pesa soprattutto la posizione della Russia e questo va ad aggiungere tensioni, o comunque attriti, al rapporto bilaterale Stati Uniti – Russia, dopo che già nelle settimane scorse il caso Snowden aveva acceso nuove divergenze tra le due potenze. Questo ennesimo scontro tra Washington e Mosca sulla questione della Siria rischia di allontanare ancora di più le posizioni dei due Paesi.

D. – Sempre sul fronte russo, in molti ritengono che Mosca abbia in qualche modo “scaricato” Assad: è davvero così?

R. – No. In realtà, non sembrerebbe. Non vi sono, in realtà, segnali che lascino intendere un abbandono di Assad da parte di Mosca. Alcune fonti di intelligence hanno riportato che durante un incontro con ufficiali dell’Arabia Saudita, questi avrebbero tentato di negoziare con la Russia in cambio di interessi petroliferi, un eventuale abbandono di Assad. Ma per il momento, Putin sembra aver rifiutato questa opzione.

D. – In linea generale, però, si ha l’impressione che nessuno voglia far cadere il regime siriano ma che questa pressione internazionale sia finalizzata ad un suo indebolimento. Insomma, i ribelli fanno più paura di Bashar al-Assad?

R. – Sì: sicuramente, più che i ribelli, tutto ciò che non è noto; quindi, la paura di ciò che potrebbe venire dopo sicuramente è un fattore che frena l’intervento militare in Siria. Se guardiamo anche alla reazione dello stesso Israele, che è sulla carta uno dei nemici storici della Siria, ecco, tutto sommato lo stesso governo israeliano ha di fatto ammesso – anche ufficialmente – che è meglio convivere con un presidente come Assad che, per quanto nemico, comunque è un nemico conosciuto, piuttosto che aprire quel vaso di Pandora che non si sa cosa potrebbe portare.







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