Rd Congo. Mons. Kaboy: la gente è stremata dal conflitto, vogliamo pace
Una sospensione dei combattimenti per fare chiarezza. È quanto hanno annunciato ieri
i vertici dei ribelli M23 che da giorni combattono contro le forze governative della
Repubblica Democratica del Congo. Contro l’M23 si levano le accuse del Rwanda, che
denuncia continui bombardamenti sul proprio territorio. La nuova ed ennesima ondata
di violenza nel nord Kivu ha ormai finito per stremare la popolazione dopo due decenni
di conflitti ricorrenti. Maxime Bapsères ne parla con il vescovo di Goma, mons.
Théophile Kaboy:
R. - Il y a
une semaine où des bombes sont larguées sur la ville de Goma… Da una settimana,
praticamente ogni giorno cadono bombe su Goma. Anche adesso (ieri – ndr), mentre parlo,
sento il rumore delle esplosioni intorno alla città. Ci sono feriti e morti. Questo
crea una grande psicosi in città. La gente è come paralizzata, non ha più il coraggio
di parlare normalmente, è nervosa. Credo allora sia giunto il momento di alzare la
voce e chiedere: “In nome di Dio, lasciateci vivere!”.
D. - L’Onu ha inviato
una missione nel Paese: in che modo è intervenuta?
R. - La force est là, c’est
vrai… È vero, la missione c’è e c’è già da oltre due mesi, ma non è ancora intervenuta.
La popolazione però è esasperata e così ha iniziato anche a lanciare sassi contro
la stessa forza della Monusco. La popolazione soffre molto mentre i caschi blu sono,
per così dire, “immobili”. E per questo c’è grande tensione tra le due parti.
D.
- Si ha l’impressione che la popolazione manifesti la sua esasperazione nei riguardi
di tutti…
R. - La mort est partout présente… La morte è presente ovunque.
E quindi, in una situazione come questa, la popolazione chiede una sola cosa: pace.
A questo sentimento di disperazione, come Chiesa cerchiamo di rispondere dando sostegno
e ripetendo loro: “Dio non vi ha abbandonati”. Nelle nostre catechesi preghiamo, organizziamo
Messe per la pace e l’adorazione. Siamo lì e facciamo il possibile per incoraggiarli
a rimanere saldi nella fede e soprattutto per infondere la speranza che tutto questo
finirà e tornerà la calma. Lo speriamo.
D. - Vuole lanciare un appello a tutte
queste persone, ai ribelli in modo particolare?
R. - L’appel que nous faisons
à tout le monde… L’appello che rivolgiamo a tutti ancora una volta è questo: siamo
tutti figli di Dio. Dio non capisce perché ci combattiamo, quando su questa terra
siamo tutti di passaggio. Dobbiamo continuare a pregare per la pace. Mi rivolgo ai
ribelli e a tutti: la violenza porta violenza. Deponiamo le armi e dialoghiamo per
individuare le cose che non vanno. Questa guerra fratricida non ci porta a nulla.
Al contrario, è un’offesa a Dio Creatore che ci ha creato tutti.