Mons. Forte: dal cardinale Martini un amore illimitato alla Chiesa e al Papa
Un anno fa, nella casa dei Gesuiti a Gallarate, in provincia di Varese, moriva il
cardinale Carlo Maria Martini. Aveva 85 anni. Entrato nella Compagnia di Gesù a soli
17 anni, è stato rettore del Pontificio Istituto Biblico e poi della Pontificia Università
Gregoriana. Quindi, Giovanni Paolo II lo aveva nominato arcivescovo di Milano nel
1979, ruolo che aveva ricoperto fino al 2002. Insigne biblista, fra le sue iniziative
più importanti ricordiamo l’introduzione in Diocesi della “Scuola della Parola” per
accostare i laici alla Sacra Scrittura con il metodo della Lectio divina. Suo amico
per oltre 30 anni, l’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte. Debora
Donnini lo ha intervistato:
R. – E’ un’amicizia
che si è svolta nel tempo, attraverso questa medesima libertà, nel desiderio che ci
univa profondamente di servire Cristo e la Chiesa con grande impegno. Dunque, un’amicizia
vera, nella quale mai c’è stato, da parte mia, un dire qualcosa al cardinale solo
per compiacerlo, perché so bene quanto egli volesse in tutto e sempre la verità. Questo
ha comportato anche, a volte, diversità di vedute ma nella comune tensione a questo
servizio d’amore a Cristo e alla Chiesa a cui accennavo. Da parte mia, posso dire
di avere ricevuto tantissimo: dalla testimonianza di fede, di conoscenza della Scrittura,
di servizio di amore alla Chiesa del cardinale Martini. E posso attestare quanto egli
amasse, venerasse il Successore di Pietro e quanto anche il suo desiderio per una
riforma non fosse ispirato da altro che da questo stesso amore alla Chiesa e dal desiderio
di collaborare al ministero di Pietro, perché esso potesse esprimersi in tutta la
sua ricchezza. Dunque, posso dire di averlo conosciuto così bene da non aver alcun
dubbio che sia stato questo straordinario uomo di Chiesa: che la Chiesa ha voluto
servire, che ha amato la Chiesa, che ha amato il Papa.
D. – Lei ha incontrato
il cardinale Martini il giorno prima della sua morte e ha pregato con lui l’ultimo
Padre Nostro. Quale ricordo ha di questi ultimi momenti di vita del cardinale Martini?
R.
– Devo premettere che avevamo frequente occasione di sentirci telefonicamente, anche
quando lui ormai faceva fatica a parlare. Ci aiutava la mediazione di don Damiano
Modena, che era il sacerdote che ha accompagnato il cardinale Martini negli ultimi
anni con dedizione totale. Fu proprio don Damiano che mi chiamò, qualche giorno prima,
dicendomi: “Se desideri ancora incontrare il cardinale, vieni subito, perché mi sembra
che sia ormai alla fine”. Fu così che io mi recai a Milano e arrivai che il cardinale
aveva da poco terminato di celebrare l’ultima Messa della sua vita. L’aveva conclusa
riuscendo ancora a dire, con un filo di voce: “La Messa è finita, andate in pace”.
Un’espressione che, letta in quel momento, veramente dà come la chiave di tutta la
vita del cardinale Martini: una vita eucaristica, una vita offerta in rendimento di
grazie e in sacrificio d’amore a Dio. Il cardinale Martini era stato sedato in parte
perché aveva una tosse che lo squassava, ciononostante era ancora vigile. Gli lessi
una lunga lettera che gli avevo scritto facendo memoria dei tanti doni che avevo ricevuto
da Dio attraverso di lui e che mi sembrava lui avesse dato alla Chiesa: basti solo
pensare all’amore alla Parola di Dio e alla Lectio divina. Ma poi, iniziai a pregare
e quanto intonai il Padre Nostro la mia commozione grande fu vedere che muoveva le
labbra pregando con me. Padre Damiano mi disse poi che era stato l’ultimo Padre Nostro
della sua vita. Per me, è stato un privilegio unico poterlo pregare con questo grande
testimone di Gesù, che è stato anche – fino in fondo – un discepolo fedele di Sant’Ignazio
di Loyola: la spiritualità di Ignazio di Loyola è fondamentalmente quella di piacere
a Dio sempre e in tutto. Una volta, il cardinale Martini me la riassunse con un’idea
che si dava negli esercizi spirituali di Ignazio e che è molto bella: l’idea della
riverenza. Riverire Dio significa stare sempre alla Sua presenza, avere coscienza
che Egli sempre ci guarda, ci custodisce.
D. – Ci sono due tratti distintivi
del cardinale Carlo Maria Martini: il suo amore per la Parola di Dio e per i lontani.
Come si coniugano questi tratti tra loro?
R. – Mi sembra sia molto semplice
coglierne la connessione, se partiamo proprio da questo atteggiamento fondamentale
della riverenza. In altre parole, il cardinale Martini ha avuto rispetto profondo
verso Dio, verso ogni creatura – ogni creatura umana in particolare – e questo rispetto
profondo si è espresso proprio nell’attenzione al contributo che ognuno può dare,
all’ascolto dell’altro. E nello stesso tempo, alla sincera, umile, convinta testimonianza
della propria identità nei confronti dell’altro.