2013-08-30 20:24:17

Gli Usa: Assad è un criminale, ha usato le armi chimiche. Kerry, l'attacco sarà limitato


Per gli Stati Uniti nessun dubbio: le armi chimiche le ha utilizzate il regime di Assad, “un delinquente e un assassino”. Il segretario di stato Kerry ha parlato ieri sera, attribuendo ai lealisti l’attacco del 21 agosto, nonostante la cautela dell’Onu che chiede di aspettare l’esito del rapporto degli ispettori che ieri hanno terminato il loro incarico. Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

Tre giorni prima dell’attacco chimico, il regime siriano si stava preparando all’uso delle armi. Il Segretario di Stato americano John Kerry relaziona sulla Siria e avverte subito: agiremo secondo i nostri tempi e interessi. Damasco si sarebbe macchiata di un “crimine contro l’umanità”. Kerry parla subito dopo l’intervento del portavoce Onu, Nezirsky, chiarissimo già sulle possibili rivelazioni degli ispettori che oggi lasceranno Damasco alla volta dell’Aja. Si potrà sì sapere se sono state utilizzate armi chimiche sui civili, ma non da chi, in ogni caso fino al momento del rapporto non si potrà trarre alcuna conclusione. Ma Kerry affonda con certezza: non c’è nulla che gli Usa già non sappiano di quanto gli ispettori Onu possano rendere noto, il gas nervino è stato usato dai lealisti che avrebbero ucciso, il 21 agosto scorso alla periferia est della capitale, almeno 1.429 persone, tra cui come minimo 426 bambini, una stima fatta dall’intelligence statunitense che presenta un numero di morti superiore anche a quello fornito dagli stessi ribelli e dalle fonti di opposizione. Il regime, inoltre, avrebbe più volte cercato di distruggere le prove dell’utilizzo delle armi chimiche. Un’azione in Siria è un messaggio all’Iran e a Hezbollah, aggiunge Kerry che precisa: dopo dieci anni di guerra l’America è stanca, ma “abbiano le nostre responsabilità nei confronti del mondo”. Dunque vi sarà “un intervento limitato nel tempo” e senza l’uso di truppe di terra. Dopo l’uscita di scena dei britannici, ora l’asse è franco-statunitese. Il presidente Hollande è pronto all’azione, che potrebbe arrivare, secondo il presidente francese, anche prima di mercoledì. La Turchia affianca Parigi e Washington, le armi chimiche le ha utilizzate il regime di Assad, e an che Ankara ne avrebbe anche le prove. Un intervento che sarà però senza la Nato, come avvertito dal segretario generale dell’Alleanza Rasmussen.

La Camera dei Comuni di Londra ''ha parlato per il popolo britannico''. A sostenerlo è il leader laburista Ed Miliband che ha di fatto guidato l'opposizione alla mozione di governo su un intervento in Siria, bocciata in aula.”La gente è profondamente preoccupata per l'uso di armi chimiche in Siria – ha aggiunto – ma vuole che si impari la lezione dell'Iraq; non vuole entrare precipitosamente in una guerra”. Salvatore Sabatino ha chiesto a Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, quali sono i reali motivi che hanno portato Londra ad un cambio di rotta così repentino:RealAudioMP3

R. – Innanzitutto, direi motivazioni interne: nel senso che il primo ministro Cameron, evidentemente ancora non aveva fatto bene i conti con il proprio Parlamento. In Gran Bretagna qualsiasi azione militare, come in altri Paesi, deve passare per l’approvazione del Parlamento e la votazione contro la proposta di Cameron ha sicuramente costituito un freno per Londra.

D. – La Francia, invece, ha assunto una posizione piuttosto ambigua: prima interventista, poi attendista, ora di nuovo in accelerata con l’annuncio di Hollande di un intervento entro mercoledì. Quali sono gli interessi di Parigi, nell’area?

R. – Per la Francia vale, in realtà, in parte lo stesso discorso della Gran Bretagna: forse, più che interessi di breve termine – interessi materiali – nell’area, c’è una volontà di ristabilire una sorta di status, comunque di influenza sull’area mediorientale, nel momento in cui gli Stati Uniti sembrano avere una strategia più di disimpegno, nel lungo termine.

D. – Washington, invece, a questo punto dovrà fronteggiare il ‘no’ di Russia e Cina pronti a dare battaglia in Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Una situazione, dunque, tesissima anche per le relazioni economiche tra queste tre superpotenze …

R. – Sì … diciamo che sul caso Siria, più che quella della Cina, pesa soprattutto la posizione della Russia e questo va ad aggiungere tensioni, o comunque attriti, al rapporto bilaterale Stati Uniti – Russia, dopo che già nelle settimane scorse il caso Snowden aveva acceso nuove divergenze tra le due potenze. Questo ennesimo scontro tra Washington e Mosca sulla questione della Siria rischia di allontanare ancora di più le posizioni dei due Paesi.

D. – Sempre sul fronte russo, in molti ritengono che Mosca abbia in qualche modo “scaricato” Assad: è davvero così?

R. – No. In realtà, non sembrerebbe. Non vi sono, in realtà, segnali che lascino intendere un abbandono di Assad da parte di Mosca. Alcune fonti di intelligence hanno riportato che durante un incontro con ufficiali dell’Arabia Saudita, questi avrebbero tentato di negoziare con la Russia in cambio di interessi petroliferi, un eventuale abbandono di Assad. Ma per il momento, Putin sembra aver rifiutato questa opzione.

D. – In linea generale, però, si ha l’impressione che nessuno voglia far cadere il regime siriano ma che questa pressione internazionale sia finalizzata ad un suo indebolimento. Insomma, i ribelli fanno più paura di Bashar al-Assad?

R. – Sì: sicuramente, più che i ribelli, tutto ciò che non è noto; quindi, la paura di ciò che potrebbe venire dopo sicuramente è un fattore che frena l’intervento militare in Siria. Se guardiamo anche alla reazione dello stesso Israele, che è sulla carta uno dei nemici storici della Siria, ecco, tutto sommato lo stesso governo israeliano ha di fatto ammesso – anche ufficialmente – che è meglio convivere con un presidente come Assad che, per quanto nemico, comunque è un nemico conosciuto, piuttosto che aprire quel vaso di Pandora che non si sa cosa potrebbe portare.
Ultimo aggiornamento: 31 agosto







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