2013-08-29 14:49:21

Siria: la Comunità internazionale prende tempo su intervento armato. Assad: vinceremo lo scontro


Crisi siriana: la Comunità internazionale prende tempo sul possibile intervento armato nel Paese. Russia, Cina e Iran contrarie all’aggressione. La Francia non vede chiusa la porta diplomatica mentre gli Stati Uniti, per ora, non hanno una posizione definitiva. E mentre gli ispettori Onu stanno accertando se siano state usate armi chimiche nei pressi di Damasco, il presidente Assad ribadisce: "Il Paese uscirà vittorioso dallo scontro storico". Il servizio di Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

Diplomazie internazionali in fibrillazione per il possibile e imminente intervento militare in Siria. Pechino, Mosca e Teheran si dicono assolutamente contrarie ad azioni di forza, anche se condannano categoricamente l’utilizzo di armi chimiche, quelle che sarebbero state usate il 21 agosto scorso nei pressi di Damasco. Gli ispettori dell’Onu, che sabato lasceranno il Paese, hanno il compito di capire se ad uccidere oltre 1300 persone siano stati proprio i gas letali, poi verrà la questione sulle eventuali responsabilità da parte del regime di Assad. Per la Francia, favorevole all’intervento armato, è ancora possibile la via diplomatica e l’Italia non darà basi militari se non sotto l’egida dell’Onu. Solo ieri Russia e Cina hanno bocciato in Consiglio di Sicurezza la bozza di risoluzione presentata da Londra e Parigi che le avrebbe autorizzate a prendere “misure necessarie” per proteggere i civili siriani, in riferimento al capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite. Intanto, lo Sato di Israele si dice estraneo alla guerra civile, ma pronto a rispondere ad eventuali attacchi. Dalla Siria però il presidente Assad tuona: “Il Paese uscirà vittorioso dallo scontro storico”, mentre sei aerei da caccia britannici, per precauzione, dice il ministero della Difesa di Londra, sono stati dispiegati a Cipro e una nave lanciamissili statunitense ha attraversato il canale di Suez, diretta verso le coste siriane.


Ma quando è possibile un intervento armato sotto egida Onu? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto a Luisa Vierucci ricercatrice presso il Dipartimento di scienze giuridiche all’università di Firenze:RealAudioMP3

R. - Un intervento militare sotto l’egida delle Nazioni Uniti è possibile solo qualora ricorrano i presupposti previsti nel noto Capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite: quindi, in particolare, quando siamo in presenza di un atto di aggressione o di una minaccia alla pace. In questo caso l’organo supremo delle Nazioni Unite - quindi il Consiglio di sicurezza - ha il potere di adottare una Risoluzione con la quale o decide di intervenire direttamente con i propri mezzi militari contro lo Stato, oppure autorizza altri Stati a porre in essere un’azione di natura militare.

D. - Quando parliamo di minaccia alla pace, parliamo solo di una minaccia alla pace internazionale, o si guarda anche la realtà interna di un Paese?

R. - La prassi internazionale, dal momento dell’adozione della Carta delle Nazioni Unite e cioè dal ’45 ad oggi, ha subito una grossa evoluzione: se nel ’45 per minaccia alla pace si intendeva solo la minaccia alla pace internazionale ad oggi non vi è dubbio che anche situazioni di minaccia alla pace interna - e con questo “interno” intendo gravi violazioni dei diritti umani che siano compiuti all’interno di un singolo Paese - si possano qualificare come minaccia alla pace, tali da consentire l’intervento del Consiglio di sicurezza.

D. - In questo senso dunque l’aspetto umanitario viene preso in considerazione?

R. – Certamente qui abbiamo un precedente molto recente: l’intervento in Libia - quello del marzo del 2011 - in cui le Nazioni Unite, sempre il Consiglio di sicurezza, avendo riscontrato violazioni gravissime e ripetute dei diritti umani, ha adottato una Risoluzione con la quale ha autorizzato alcuni Stati - gli "Stati volenterosi" - ad intervenire a tutela della popolazione civile contro i gravi abusi che stava subendo.

D. - Francia e Gran Bretagna hanno presentato una bozza di Risoluzione per un intervento armato che, di fatto, è stato bocciato: il riferimento è sempre al Capitolo 7 della Carta dell’Onu, ovvero quello che ribadisce “L’azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace e agli atti di aggressione”. Perché questo riferimento, secondo lei, e perché questa decisione?

R. - Questa decisione, secondo me, non è giustificabile in punto di diritto. Come dicevo sono numerosi i precedenti simili a quelli dell’attuale situazione siriana, in cui si stavano quindi compiendo gravi violazioni dei diritti umani e in cui una situazione simile a quella siriana è stata definita come minaccia alla pace dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il fatto che ad oggi, invece, la situazione siriana non venga qualificata da alcuni Stati come “minaccia alla pace” è basata su valutazioni di natura politica e non di natura giuridica.

D. - Dal punto di vista sempre del diritto internazionale, come valutare invece un intervento unilaterale o di alcuni Stati in questa crisi?

R. - Un intervento senza egida Onu sarebbe legittimo solamente qualora si basasse sulla legittima difesa, ma la legittima difesa è esperibile solo qualora ci sia una aggressione armata di uno Stato contro un altro Stato: un esempio è l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq nel 1990. Non è sicuramente questo il caso siriano ad oggi. Un intervento unilaterale - cioè senza egida Onu - sarebbe sicuramente illegittimo dal punto di vista del diritto internazionale.

D. - Eppure la storia - anche recente - ci racconta molti episodi di questo tipo e cioè di attacchi unilaterali: il caso iracheno, soltanto per fare un esempio…

R. - Direi che i precedenti più recenti sono il caso del Kosovo, dove c’è stata una legittimazione del Consiglio di Sicurezza ex-post; e il caso, appunto, iracheno. Ma non è che la violazione del diritto porta, a lungo andare, ad una legittimazione di certe azioni. Quindi direi che ad oggi i due precedenti del Kosovo e dell’Iraq, sono rimasti non solo isolati, ma talmente criticati da molti Stati e anche - devo dire - dalla dottrina giuridica, per cui non si può parlare della creazione o dello svilupparsi di una norma che legittima l’intervento unilaterale, senza quindi alcuna autorizzazione da parte del Consiglio di sicurezza, anche in caso di gravi violazioni dei diritti umani.







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