AiBi: in crisi adozioni e affido in Italia, rilanciare cultura dell'accoglienza
Un “fondo dell’accoglienza” alimentato da donazioni private e lasciti testamentari:
è una delle iniziative lanciate dall’AiBi, Associazione Amici dei Bambini, per favorire
le adozioni internazionali in un Paese, l’Italia, che vede questa pratica drammaticamente
in crisi. Non solo le adozioni concluse nel 2012 sono calate di oltre il 22% rispetto
al 2011, ma anche l’affido segna il passo. Quali le cause? Adriana Masotti lo
ha chiesto a Marco Griffini, presidente dell’associazione che in questi giorni
è riunita a Gabicce, nelle Marche, per l’annuale Settimana di formazione e studi:
R. - Nel caso
delle adozioni internazionali i motivi sono essenzialmente due. E’ una crisi che abbiamo
definito “culturale”, cioè una fuga dal concetto di adozione perché è diventato -
purtroppo - un cammino di sofferenza. Le coppie non vengono più viste dagli operatori
e dai giudici come una grande risorsa per un bambino abbandonato, ma purtroppo come
coppie che addirittura compiono un atto egoistico, in quanto vogliono un figlio perché
non possono averlo. Questo fatto ha determinato proprio una negatività, una fuga delle
coppie. L’altro fattore è di tipo economico: non tutti possono investire i 15- 20
mila euro necessari per accogliere un bambino abbandonato. Sul fronte dell’affido,
invece, è questa tendenza a fare dell’affido non più uno strumento di accoglienza
temporanea, ma uno strumento senza data, cioè i bambini vengono dati in affido per
un periodo che invece di durare ad esempio due anni, dura addirittura fino al compimento
del diciottesimo anno d’età. Questi tre fattori hanno determinato questa crisi dell’accoglienza.
Per cui, noi italiani, che siamo sempre stati indicati come le famiglie più accoglienti,
ora, purtroppo, stiamo assistendo ad un crollo di fiducia in questi due strumenti.
D.
- Un affido troppo lungo, quindi, perché generalmente le coppie che desiderano prendere
in affido un bambino lo fanno per un certo tempo …
R. - Certamente. La famiglia
affidataria non è la famiglia adottiva. La famiglia affidataria può dire: “Noi investiamo
due, al massimo quattro anni della nostra vita per fare un atto di accoglienza”. Ma
al di là di questo, è proprio lo strumento che è in crisi, perché l’affido è fatto
proprio per sospendere l’abbandono, ma l’abbandono può essere sospeso solo per un
certo periodo di tempo, perché il bambino ha bisogno di una situazione definitiva.
Il papà e la mamma naturali non ci sono! E i genitori affidatari non sono i genitori!
D.
- Però non tutti i bambini sono adottabili, perché magari hanno ancora qualche legame
con i familiari. Per questo c’è l’istituto dell’affido …
R. - Sì, ma dopo un
certo periodo di tempo bisogna decidere: se il bambino non può rientrare nella famiglia
di origine, deve essere adottato. Allora si può sospendere in attesa di un recupero
dei genitori, ma non per tutta la vita, altrimenti si crea un danno insanabile.
D.
- La sua associazione presenta molte proposte concrete per incentivare la pratica
dell’accoglienza. Quali sono le più importanti?
R. - Innanzi tutto una riforma
dell’adozione internazionale che deve andare a risolvere questi due punti che ho menzionato
prima. Quindi cambiare la cultura: l’Italia, ad esempio, è rimasto l’unico Paese europeo
ad avere ancora questo passaggio, che io definisco “medioevale”, secondo il quale
è un giudice che deve stabilire l’idoneità di una coppia. Bisogna passare invece al
concetto che la coppia in quanto risorsa non va selezionata, ma va accompagnata.
La seconda cosa è la gratuità dell’adozione internazionale. Noi abbiamo presentato
in questa riforma un progetto per rendere l’adozione gratuita almeno per le fasce
meno abbienti. Ma qui, l’ Aibi non resterà ad aspettare perché noi dal primo gennaio
2014, cercheremo di anticipare questa riforma di legge. Abbiamo iniziato a costituire
un fondo che abbiamo chiamato “fondo dell’accoglienza” con cui noi saremo in grado
di stabilire delle fasce di costi in relazione al reddito fino ad arrivare, per quelli
meno abbienti, alla totale gratuità.
D. - Come pensate di poter finanziare
questo “fondo per l’accoglienza”?
R. - L’Aibi riceve periodicamente dei fondi,
dei lasciti… Vogliamo destinare tutti questi fondi, questi lasciti, queste eredità
come contributo alle coppie con minore disponibilità economica che desiderano adottare
dei bambini. Poi lanceremo anche questa proposta: chiederemo alle famiglie abbienti
che si rivolgono a noi per fare un’adozione internazionale, se se la sentono di sostenere
economicamente un’altra famiglia che vuole adottare un bambino. Sono convito che molte
famiglie risponderanno a questo nostro appello.
D. - Può dirci qualcosa su
come si articola la richiesta che l’Aibi avanza invece per quanto riguarda l’affido?
R.
- Il primo punto è la gestione dell’affido alle associazioni del privato sociale;
l’altro è la chiusura delle comunità educative entro il 31 dicembre 2017. Mi riferisco
a quelle comunità gestite solamente da operatori, a favore delle famiglie affidatarie
e delle case famiglie. Qual è il concetto base di questa proposta di legge? Che ogni
bambino, anche se allontanato dalla propria famiglia di origine, non debba stare neanche
una notte al di fuori di un’altra famiglia.