Nel monastero di Deir Mar Musa, giornata di preghiera per la pace in Siria e la liberazione
di padre Dall'Oglio
In Siria, presso il Monastero di San Mosè l’etiope, nella località di Deir Mar Musa,
si è tenuta ieri una speciale giornata di preghiera e digiuno per invocare la pace
nel Paese e chiedere la liberazione del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato
circa un mese fa nell’area di Raqqa. La comunità monastica di rito cattolico siriano,
fondata nel 1982 proprio da padre Dall'Oglio, promuove il dialogo ecumenico e islamo-cristiano.
Fabio Colagrande ha raggiunto telefonicamente in Siria uno dei monaci della
comunità, padre Jihad Youssef:
R. – Questa
giornata, tradizionalmente, è una giornata di gioia per noi e per le due parrocchie
di Nabek, la città più vicina al monastero: una siro-cattolica e una greco-cattolica.
Quest’anno, vista la situazione, per cui non abbiamo notizie del nostro fondatore
padre Paolo, non possiamo avere espressioni di festa o celebrazioni come tutti gli
anni. Dunque, abbiamo deciso di dedicare questa giornata alla preghiera, al digiuno,
per chi può e come può, alla meditazione, anche con l’idea di chiedere l’intercessione
di San Mosé e di tutti i Santi, di Abramo, il protettore della nostra vocazione al
dialogo tra i credenti, per essere solidali con padre Paolo, che in questi giorni
non può celebrare l’Eucarestia e forse non può leggere la Parola di Dio, può solo
pregare in cuor suo.
D. – Chi partecipa a questa giornata?
R. – Monaci
e monache, perché qui la situazione non è più come due o tre anni fa, quando il monastero
accoglieva sempre centinaia di persone. Non arrivano più i pellegrini e qui siamo
in otto tra monaci e monache. Noi abbiamo chiesto, e chiediamo adesso, tramite la
Radio Vaticana, la solidarietà di tutti i credenti cattolici e non, di tutti i cristiani
e non, per la pace in Siria e nel mondo, dove c’è conflitto, dove c’è ingiustizia,
e in modo particolare per i nostri cari, e pensiamo innanzitutto al nostro amato padre
Paolo.
D. – Anche Papa Francesco, recentemente, ha pregato per padre Dall’Oglio.
Quali sono le vostre speranze per le sorti del vostro confratello e fondatore?
R.
– Siamo stati molto toccati dalle parole del Papa, del vescovo di Roma Francesco,
perché nella festa di Sant’Ignazio aveva nominato il suo confratello gesuita scomparso.
Allora non c’erano notizie certe della sua vita o della sua morte. Noi speriamo e
non possiamo permetterci di non sperare fino in fondo. Speriamo non solo per la sua
liberazione, ma anche che sia in buona salute e in buono stato fisico e spirituale.
Non abbiamo nessuna conferma, nessuna informazione sicura. ‘Speriamo contro ogni speranza’,
come dice San Paolo.
D. – Una giornata anche per chiedere a chi in questo momento
sta limitando la libertà di padre Paolo di rispondere a questo appello di pace...
R.
– Supponendo che qualcuno ci senta, noi parliamo con i cuori delle persone e il cuore
può avere delle ragioni che la ragione non può capire. Speriamo, quindi, che il Signore
metta nei cuori di queste persone più umanità, più tenerezza, più ragionevolezza verso
padre Paolo e verso tutti coloro che si trovano nella sua situazione..
D. –
Il vostro monastero Deir Mar Musa è un monastero in cui si è sempre praticato il dialogo.
E’ una comunità spirituale, potremmo dire, che promuove l’incontro tra cristianesimo
e islam. Com’è cambiata la vostra attività di monaci durante questi ultimi due anni
di guerra?
D. – Ciò che è cambiato è che prima avevamo sempre, durante tutto
l’anno, persone che venivano, pellegrini dall’Europa, dai Paesi arabi, di appartenenze
e religioni diverse. Qui si faceva il dialogo della vita e il dialogo meditato, attraverso
seminari interreligiosi, conferenze e incontri spirituali. Niente è cambiato per noi,
tranne queste, le ‘attività pubbliche’. Noi continuiamo a pregare per l’islam, con
l’islam per un’umanità migliore, per un’umanità più solidale, non soggetta alla logica
del mercato e del potere. Abbiamo la speranza di poter arrivare ad un mondo migliore
per tutti, dove si faccia politica per il bene delle persone e non per assoggettare
un popolo sotto un altro popolo per mettere un polo contro l’altro.
D. – Ha
toccato il cuore di molti l’appello di domenica scorsa di Papa Francesco, proprio
per la pace in Siria. In questa vigilia della festa di San Mosè l’Etiope, anche la
vostra comunità, a pochi chilometri da Damasco, si unisce a questo appello...
R.
– Noi siamo sempre uniti con il successore di Pietro. Sempre, sempre, sempre. E uniti
con lui e con tutti quelli che sono successori degli apostoli, cattolici, ortodossi
e non, con tutti quelli che si dichiarano cristiani e a tutti quelli che si dichiarano
credenti in Dio. Siamo uniti tramite questa rete che chiamiamo comunità e comunione
dei Santi. Grazie mille. Orate pro nobis! Dalla Siria, Dio vi benedica! Arrivederci!