Misure "salva-precari". Per i sindacati: "Un piccolo passo, ma non basta"
“Mai più precari di Stato”: lunedì, con il varo del decreto sulla Pubblica Amministrazione
il governo Letta ha posto un limite ai contratti a termine e ha dato uno spiraglio
di stabilizzazione ai molti vincitori o idonei di passati concorsi. “Non è risolutivo,
ma è un piccolo passo, ora attendiamo di discutere i dettagli”, commentano i sindacati,
mentre il governo ribadisce che la soluzione è strutturale, non è una sanatoria. Gabriella
Ceraso ne ha parlato con Elena Zuffada direttrice del Centro di ricerca
per il cambiamento delle amministrazioni pubbliche (CeCap), della Cattolica di Piacenza:
R. – In un momento
storico come questo, caratterizzato da una grande incertezza in tutto il sistema socio-economico
con delle ripercussioni evidenti sui nuclei familiari e sulle singole persone, un
provvedimento che va nella direzione di creare o, comunque, assicurare posti di lavoro,
è sicuramente un provvedimento importante e da apprezzare. Poi, se analizziamo il
provvedimento in un’ottica di razionalizzazione, di modernizzazione della Pubblica
Amministrazione, comincerei a considerare il fatto che, il nostro settore pubblico
non è sovradimensionato, se guardiamo i dati Ocse, invece il nostro punto di debolezza
credo sia soprattutto quello di far sì che la forza lavoro sia in grado di tradurre
le proprie competenze in valore per il territorio, in servizi, in risposte tempestive.
Quindi, al di là dell’attenzione, che anche i media hanno posto sulla questione dei
precari, un aspetto importante mi sembra quello secondo cui il governo ha dichiarato
di voler facilitare anche i procedimenti, le procedure per l’assunzione e per la mobilità.
Questo, infatti, potrebbe essere uno strumento che dà efficienza al sistema pubblico.
D. – Quindi lei dice che è una soluzione che può essere considerata strutturale,
ma che non risponde all’ emergenza, che caratterizza la nostra Pubblica Amministrazione,
della velocità, dell’efficienza, dell’equilibrio nelle diverse sedi?
R. – Sì,
dico che questo è un passo interessante, ma non è sicuramente sufficiente. Il provvedimento
enfatizza molto il criterio del merito per la selezione. E questa credo sia una condizione
importante per una Pubblica Amministrazione moderna, che funzioni. Ancora una volta,
però, non bastano persone qualificate e preparate, ma serve tecnologia, servono leve
di management, capacità manageriali, servono dirigenti capaci di agire una
responsabilità sui risultati. E quindi è un primo passo.
D. – Nella terminologia
di questo decreto è tornata l’importanza del concorso, e l’importanza dell’assunzione,
quando fino a poco tempo fa sembravano termini assolutamente superati anzi da superare,
per guardare avanti...
R. – Questo che lei pone è un bel tema. In un anno sono
così radicalmente cambiati i conti da poter addirittura pensare ad un potenziamento
dell’organico? Forse probabilmente non era vero un anno fa che la nostra Pubblica
Amministrazione era sovradimensionata, e probabilmente appunto anche questo provvedimento
non è la soluzione di tutti i mali oggi. Il punto vero, per me, è come si darà corso
a questa stabilizzazione dei precari: se facendo una valutazione attenta del fabbisogno
rispetto a quello che sono i carichi di lavoro, i servizi resi, le risorse a disposizione
e così via, o se invece sarà un modo per aprire indistintamente le porte a tutti.