Congo: nuovi scontri a Goma, la Chiesa al fianco della popolazione
Continuano nella Repubblica Democratica del Congo gli scontri tra il governo e i ribelli
del gruppo M23 per il controllo della città di Goma, capitale dello stato del Nord
Kivu. Nuovi scontri, che hanno fatto più di 80 vittime, sono stati registrati negli
ultimi giorni aggravando una situazione già drammatica di emergenza umanitaria. Nel
panorama di una situazione politica incerta, confusa anche dagli interessi economici
dietro la ricca e fertile regione del Nord Kivu, Davide Pagnanelli ha raccolto
la testimonianza di Davide de Arcangelis, seminarista presso il seminario "Redemptoris
Mater" di Goma, sulle emergenze più urgenti che affliggono la popolazione locale:
R. - Goma -
già normalmente - è una città in cui manca la corrente elettrica, manca l’acqua corrente;
le strade quasi non esistono o sono in uno stato molto dissestato… Quindi in una situazione
di emergenza così, in cui ci sono alcune migliaia, decine di migliaia, di rifugiati
nei campi di accoglienza, c’è ovviamente bisogno di tutto, di tutti i beni di prima
necessità.
D. - Come agisce la Chiesa locale per rispondere alle necessità
anche spirituali della popolazione?
R. - La Chiesa fa un po’ quello che può.
Il vescovo, mons. Kaboy, si "spolmona" per cercare di quietare un po’ i fuochi del
tribalismo, che è quello che poi anima questi sentimenti di frustrazione, di angoscia,
di paura e anche soprattutto di rabbia che ha la popolazione. La Chiesa compie quindi
un’opera enorme sia da un punto di vista materiale - la Caritas di Goma è una delle
prime in termini di servizi, di qualità del servizio - fornendo beni di prima necessità,
soprattutto nei campi dei rifugiati; sia anche da un punto di vista pastorale. C’è
un’azione di tipo pastorale a livello di evangelizzazione, andando anche nei campi
o facendo delle missioni: noi abbiamo anche fatto delle missioni nelle strade. C’è
bisogno di ricostruire un po’ la fede, perché praticamente la guerra a Goma - dal
’94 - non è mai finita, anche se ha visto brevi momenti di pace: ovviamente tutto
questo genera una tale frustrazione da far perdere loro un po' la fede, la speranza
e anche un po’ il senso del vivere.
D. - Puoi raccontarci di qualche risultato
dell’evangelizzazione a Goma?
R. - Ce ne sono, senz’altro! Vedere che la Chiesa
cattolica esce a cercare le persone, a cercare di parlare con loro, ha fatto avvicinare
un gran numero di persone. Noi abbiamo anche un gran numero di coppie miste dal punto
di vista delle tribù: coppie hutu-tutsi che vivono insieme, che vivono una fede seria,
che li fa maturare. Ci sono giovani che si avvicinano, che danno anche disponibilità
a Dio rispondendo ad una chiamata vocazionale; ci sono matrimoni ricostruiti: c’è
un piccolo focolaio - diciamo così - di persone che accoglie il Vangelo, che accoglie
questa predicazione, che accetta di cambiare vita, che accetta di smettere di mormorare,
di vivere in una situazione così disperata. Il problema della gioventù è questo, perché
i giovani non vedono un futuro davanti a loro: guardando al futuro, vedono quello
che c’è e quindi guerra, povertà, difficoltà… E’ un’opera enorme, ma abbiamo visto
però che molte coppie, molte persone hanno scelto di restare a Goma: cosa che non
è certo scontata, perché tutti quelli che possono vanno via!