Haiti, emergenza umanitaria: appello dell’Onu, 2 milioni di persone minacciate dalla
fame
Oltre 2 milioni di persone sono minacciate dalla fame e 100 mila rischiano di contrarre
il colera ad Haiti, quando è appena iniziata la stagione degli uragani. Da qui un
appello urgente lanciato nei giorni scorsi dall’Onu e dal governo del Paese caraibico
per raccogliere 100 milioni di dollari, utili a fronteggiare le necessità della popolazione,
colpita nel gennaio 2010 da un devastante terremoto e nell’ottobre scorso dall’uragano
Sandy. Roberta Gisotti ha intervistato Luca Guerneri, responsabile di
Terre des Hommes per i progetti in aiuto di Haiti:
D. – Qual è
la situazione: sappiamo che sono arrivati in passato aiuti ad Haiti ma con quali risultati?
R.
– Ad Haiti sono stati promessi dopo il terremoto e dopo l’epidemia di colera, qualcosa
come 9 miliardi e mezzo di dollari ma non tutti sono arrivati; si calcola un 65% di
soldi che sono effettivamente giunti nel Paese. E, i risultati non sempre sono andati
a buon fine, soprattutto in due settori: la prevenzione delle catastrofi, dove è stato
fatto molto ma per quanto riguarda le ricostruzioni non è stato fatto abbastanza;
e la pandemia di colera, perché mancando tutte le strutture di base in molte città
di Haiti - soprattutto nelle periferie di Port-au-Prince – sarà molto difficile debellare
la malattia in breve tempo, perché effettivamente ciò che manca di essenziale sono
i servizi fognari, le latrine per ogni famiglia e soprattutto la capacità di portare
l’acqua nelle case, fondamentale per bloccare l’epidemia.
D. – Di chi è la
colpa di questo fallimento riguardo gli aiuti? Ci è arrivata eco di contestazioni
da parte della popolazione, anche contro organizzazioni non governative presenti ad
Haiti…
R. – Confermo che c’è una certa insoddisfazione, che però non deve essere
legata direttamente al buono o cattivo successo degli aiuti della macchina umanitaria.
Molte di queste contestazioni nascono dal fatto che molte ong dopo la prima fase nella
quale hanno assunto parecchio personale, se ne sono altrettanto velocemente liberati,
un po’ per eccesso di ‘elefantismo’ nella gestione degli aiuti, un po’ perché non
si poteva andare avanti con ong che davano lavoro da 3 a 5 mila persone. Ma penso
che bisogna riflettere sul segnale che la popolazione dà quando manifesta contro le
Nazioni Unite o contro le ong. Effettivamente molti soldi ad Haiti sono stati spesi
‘a pioggia’. Ancora oggi abbiamo circa 300 mila persone che vivono in alloggi temporanei,
ovvero case che hanno sostituito le tende, ma che sono fatte di legno con una durata
di circa due anni. Allora bisogna interrogarsi sul perché non si è affrontato il problema
della ricostruzione ripartendo da norme che potevano poi adattarsi alla situazione
contingente degli uragani e delle varie problematiche che Haiti ha. Il problema è
chiedersi se valeva la pena di spendere, nel corso di tre anni e mezzo, un equivalente
per le famiglie ospitate in alloggi temporanei che poteva benissimo servire nel giro
di sei mesi per costruire case definitive e magari avere anche una pianificazione
urbana che portasse fognature ed acqua potabile alla popolazione.
D. – Sappiamo
che Haiti ha sofferto di lunghi periodi di instabilità politica. Come si sta comportando
il governo attuale rispetto alla situazione umanitaria?
R. – Il governo molto
spesso dà la colpa alle ong o alle organizzazioni internazionali dei propri insuccessi;
allo stesso tempo non si rende conto che forse la cosa più necessaria sarebbe stata
quella di investire in risorse umane: dotare il Paese di un sistema di funzionari
e dirigenti che potevano fare la differenza nell’utilizzo dei fondi. Attualmente abbiamo
un governo che da un lato dice cose molto corrette – come quando il presidente Martelly
dice che bisognerebbe rivedere alla radice il meccanismo di spesa degli aiuti umanitari
– dall’altro non si dice però che le ong e le organizzazioni internazionali si sono
trovate troppo spesso a supplire una mancanza di linee guida da parte del governo.
Ovviamente, questo non può essere solo colpa delle organizzazioni non governative,
o delle Nazioni Unite ma il Parlamento ed il governo di Haiti dovrebbero prendere
in mano il proprio futuro e dotare anche le organizzazioni non governative di un indirizzo
che attualmente non hanno.