Siria: vertice in corso a Washington. L'Iran: "No a interventi militari"
In Siria, governo e ribelli si accusano reciprocamente da giorni dell’uso di armi
chimiche. La questione divide anche le diplomazie internazionali. Secondo il ministro
degli Esteri francese, Fabius, tutto indica che c’è stato “un massacro chimico nei
pressi di Damasco e che il regime di Assad ne è all’origine”. Il ministro ha dunque
prospettato “una reazione forte”. Ma la tv di Stato siriana ha ribattuto accusando
i ribelli di un nuovo attacco chimico nella regione di Damasco, nelle scorse ore.
Il governo iraniano ha inoltre parlato di “prove” secondo cui i ribelli possiederebbero
e avrebbero utilizzato armi di questo tipo e ha messo in guardia contro “qualsiasi
intervento armato” in Siria. E la regione mediorientale, scossa anche dagli attentati
di ieri a Tripoli, in Libano, costati la vita a quasi 50 persone, è l’oggetto di un
vertice in corso tra il presidente statunitense Barack Obama e i suoi consiglieri.
“Tutte le opzioni sono in campo”, secondo la Casa Bianca. Sugli scenari che si aprono
nell’area, Davide Maggiore ha raccolto il commento di Antonio Ferrari,
editorialista del Corriere della Sera:
R. – E’ tutto
esplosivo e tutto ancora incerto, nonostante le pressioni della Gran Bretagna ma soprattutto
della Francia: le pressioni della Francia somigliano molto a quelle che ai tempo di
Sarkozy si fecero contro la Libia, ma una guerra in Siria sarebbe veramente devastante.
Anche per gli Stati Uniti, qualora si dovesse decidere per un intervento armato, si
rischierebbe non solo di compromettere tutti i precari equilibri della regione, ma
di favorire chiaramente e apertamente un fronte sunnita con all’interno componenti
estremiste. E quello che sta accadendo in Libano sta dimostrando che lo scontro è
ormai diventato uno scontro assai più preoccupante tra sunniti e sciiti.
D.
– Appunto, la situazione del Libano si può descrivere come una situazione di incertezza
completa: quali scenari si aprono?
R. – Purtroppo, il coinvolgimento del Libano
è – come è sempre stato – come terreno di scontro per conto terzi: nell’area di Tripoli,
dove c’è una forte componente sunnita e dove anche sono barricati i sostenitori delle
forze di opposizione siriane, il rischio di una proliferazione di attentati è altissimo
e per il Libano sarebbe ancora una volta il precipitare in una situazione di guerra.
D.
– Le notizie che arrivano dal Libano, negli ultimi giorni, non hanno riguardato solamente
il Nord libanese, dunque l’area di Tripoli, ma anche il Sud, quindi il confine con
Israele. Quale ruolo può avere Israele in questo scenario che abbiamo descritto?
R.
– Israele era enormemente preoccupato della situazione egiziana: per Israele, il rischio
di un Egitto destabilizzato era altissimo! L’Egitto confina – lo sappiamo – con la
Striscia di Gaza e un regime molto possibilista e molto "tenero" nei confronti di
Hamas avrebbe creato problemi nel suo meridione. Israele è preoccupato per la situazione
siriana: se per l’Egitto oggi Israele è più garantito con la presenza dei militari
di al-Sisi, in Siria – tutto sommato – meglio per Israele un Bashar al-Assad che lasciare
il Paese nelle mani di una maggioranza sunnita dentro la quale sono ben evidenti forze
estremiste, pericolose per lo Stato ebraico. Il segnale che è arrivato da Hezbollah
con il lancio di qualche razzo nel Nord di Israele, con immediata risposta dello Stato
ebraico, lascia intendere che nel caso di allargamento del conflitto torneremo a scenari
che pensavamo definitivamente cassati: cioè gli scenari dell’inizio degli anni Ottanta.
D.
– C’è un arco di instabilità regionale che ormai va dal Nord della Siria fino a tutto
l’Egitto. In questo scenario esiste una qualche forza – statale o non statale – che
possa beneficiare della situazione o uscirne rafforzata?
R. – Come abbiamo
visto, ci sono delle scomposizioni molto strane. Per esempio, il Qatar, assieme all’Arabia
Saudita, ha sostenuto il presidente egiziano Morsi, però dopo quanto è accaduto il
3 luglio il Qatar continua a sostenere Morsi mentre l’Arabia Saudita è passata a sostenere
al-Sisi. Allora, abbiamo un fronte sunnita che guarda molto ad una nuova stabilità,
guidato dall’Arabia Saudita, quindi sicuramente di questa situazione potranno beneficiare
i sauditi. Certo, i sauditi vogliono cacciare Bashar al Assad, quindi direi che già
è difficile capire il presente e fino a quando non si saranno sciolti certi nodi sarà
quasi impossibile predire il futuro …