Meeting di Rimini, Mario Mauro: l'impegno di pace dell'Italia all'estero prosegue
Al meeting di Rimini è intervenuto anche il ministro della Difesa Mario Mauro
che ha sottolineato in particolare la preoccupante situazione dei cristiani in Egitto.
Sul caso dei marò ha precisato che i quattro fucilieri della Marina, che potrebbero
testimoniare nel caso dei due colleghi arrestati in India, potranno essere ascoltati
in Italia o in videoconferenza. L’ampio intervento di Mauro si è incentrato però su
sicurezza e educazione nelle missioni di pace. Luca Collodi, ha chiesto al
ministro se è importante che queste missioni proseguano e se raggiungono risultati
validi:
R. – Senz’altro,
non c’è nessun dubbio, perché non dobbiamo dimenticare che costantemente le centrali
terroristiche cercano di impadronirsi di alcune nazioni, per potere avere una base
dalla quale partire per le proprie missioni di morte. Era stato il caso dell’Afghanistan
prima del 2001. Quindi, proprio in quella circostanza, portando sul terreno i nostri
uomini, noi abbiamo contribuito in 10 anni di Isaf a restituire all’Afghanistan la
propria libertà e la propria dignità. Questo vuol dire tante cose: vuol dire 7 milioni
e mezzo di studenti, tra cui il 35 per cento donne e il 20 per cento di studentesse
universitarie; vuol dire 120 ospedali costruiti dall’inizio di Isaf; vuol dire migliaia
di chilometri di strade e ferrovie realizzate; vuol dire imprese aperte; vuol dire
ripresa di una società civile, che era stata messa in ginocchio dal furore ideologico
degli studenti islamisti.
D. – L’impegno dell’Italia all’estero, quindi, proseguirà...
R.
– L’impegno dell’Italia all’estero prosegue. Oggi è articolato su 23 nazioni in 33
differenti missioni. Oggi siamo 3200 in Afghanistan e siamo 5600 complessivamente.
Ma vi sono anche missioni, dove siamo una o due persone, perché l’apporto di conoscenze,
di know-how tecnologico e di capacità di comando dei nostri militari è, in tante circostanze,
parimenti utile quanto presenze più articolate.
D. – A livello di supporto
logistico, in questo quadro di proseguimento delle missioni, ad esempio, nuovi aerei
– e qui parliamo di F35 – sono utili?
R. – In realtà lì c’è un aspetto forse
più facilmente comprensibile se teniamo conto del fatto che 254 aerei della forza
dell’Aviazione italiana vanno in pensione. Non saranno semplicemente più in grado,
a breve, di poter volare. Ne sostituiamo 254 con 90: non penso sia un segno particolare
di esibizione muscolare.
D. – La Difesa guarda con preoccupazione alla sicurezza
anche dei migranti che circolano in questo momento nel Mediterraneo...
R. –
Direi che fa molto di più che guardare. Negli ultimi dieci anni, infatti, abbiamo
tratto in salvo 110 mila persone tra Marina Militare e Capitaneria di Porto, e questo
è un enorme credito di gratitudine che, non solo gli italiani, ma gli europei, e direi
i cittadini di tutto il mondo, devono alle nostre Forze Armate. Se pensiamo invece
a quanti in mare si sono persi, capiamo quanto sia essenziale questo ruolo.