India. I cristiani commemorano il quinto anniversario dei pogrom: impuniti gran parte
dei responsabili
Tra paura e crescenti misure di sicurezza, la comunità cristiana del distretto del
Kandahamal, nello Stato indiano dell’Orissa, si appresta a commemorare il quinto
anniversario dell’inizio dei pogrom anticristiani scoppiati il 25 agosto 2008. Tra
l’agosto e l’ottobre di quell’anno, dopo l’assassinio di un leader induista locale
e di alcuni suoi seguaci ad opera di un gruppo di ribelli maoisti, gruppi di estremisti
indù scatenarono una vera e propria caccia al cristiano, con uccisioni, stupri, saccheggi
e la distruzione case, chiese e altre strutture. Il bilancio delle violenze fu drammatico:
più di 100 morti (56, secondo i dati ufficiali del Governo); migliaia di feriti; 450
villaggi colpiti dai disordini; oltre di 5mila case distrutte; 296 chiese bruciate
e 36 fra conventi, istituti e aule religiose demolite. Più di 50mila inoltre i profughi
e gli sfollati, di cui una parte non ha più fatto ritorno nel distretto. A cinque
anni di distanza gran parte problemi nella regione restano irrisolti: dalla giustizia
negata alle vittime, alla lentezza della ricostruzione di case e chiese, all’insicurezza
in cui sono ancora costretti a vivere oggi i cristiani della regione. Nonostante la
paura di nuove ritorsioni, la comunità cristiana è decisa a commemorare l’anniversario
con una serie di iniziative pacifiche. Tra queste – riferisce all’agenzia Ucan il
coordinatore padre Ajay Kumar Singh - una marcia pacifica Phulbani alla quale sono
attesi anche esponenti della società civile e delle organizzazioni per i diritti umani.
Per l’occasione sarà anche presentato un memorandum alle autorità locali per chiedere
giustizia e sicurezza per i cristiani. Dati forniti lo scorso mese di maggio all’agenzia
Fides dall’attivista cattolico indiano John Dayal danno un quadro chiaro dell’impunità:
delle oltre 3mila denunce presentate, neanche la metà sono state accolte dalla polizia
e appena 824 si sono concluse con un rinvio a giudizio. Nei processi avviati, 169
casi hanno già visto l'assoluzione di tutti gli imputati che, peraltro, rappresentano
solo una piccola parte di quelle effettivamente coinvolte nei massacri. Assoluzioni
spesso dovute alle intimidazioni e minacce ai testimoni-chiave. Altri 86 processi
hanno visto condanne lievi degli imputati, non per i crimini efferati commessi, ma
solo per reati minori, con pene detentive di due o tre anni. In altri 90 casi, le
indagini sono ancora in corso, ma più passa il tempo, minori sono le possibilità di
raccogliere prove inconfutabili. Una situazione ritenuta inaccettabile anche dalla
Corte suprema dell'India che nell’autunno 2012 aveva inviato una nota al governo,
alla polizia e agli uffici investigativi dell'Orissa, per chiedere conto dell’alto
tasso di assoluzioni nei casi relativi ai pogrom del 2008. (L.Z.)